happy days
La serie si trasformò in appuntamento quotidiano per gran parte degli adolescenti dell’epoca

 Nel 1971 un ventottenne George Lucas  aveva da pochi mesi ultimato il suo primo lungometraggio, “L’uomo che fuggì dal futuro”(che riscosse un immediato seguito ed interesse) fu messo sotto contratto dalla United Artists per la realizzazione di alcune pellicole; Lucas presentò ai produttori due soggetti: Star Wars, inizio di una saga fantascientifica ambientata in un universo fantasy ed “American Graffiti”, omaggio nostalgico del regista alla sua gioventù e a quella dei ragazzi degli anni ’60 raccontato attraverso una serie di situazioni che mostravano le esperienze di alcuni giovani in un carosello di situazioni, ora comiche, ora patetiche, ora grottesche, ora sentimentali. La casa di produzione rifiutò il progetto della saga di fantascienza a causa del suo alto costo di realizzazione e della relativa inesperienza del regista con film ad alto budget, ma approvò l’altro progetto, la cui realizzazione del 1973 determinò un enorme gradimento del pubblico con incassi straordinari, vinse il Golden Globe e conquistò cinque nomination agli Oscar. Il film, Malinconico e autobiografico, lanciò la moda del film nostalgico e restò nella storia soprattutto per la sua indimenticabile colonna sonora.

Tra i protagonisti di questa pellicola si distinse un giovane dai capelli color carota e con il viso cosparso di una marea di efelidi, Ron Howard, che sarebbe in seguito diventato un pluripremiato regista di film di successo.
Sulla scia di questo acclamato successo l’anno seguente il network statunitense ABC ideò un serie basata su quell’epoca intitolandola Happy Days  (Giorni  Felici) centrando la trama sulle vicende di un’intera famiglia, i Cunningham, della quale uno dei protagonisti era proprio Ron Howard, nella sit-com Ritchie figlio di Howard e Marion e  fratello della teen-ager Joanie “sottiletta”.
Ad abitare al piano superiore dell‘abitazione dei Cunningham si trovava un meccanico “bulletto” impomatato di brillantina e con indosso giubbotto di pelle nera e jeans: Arthur “Fonzie” Fonzarelli, dotato di un carisma notevole per il quale stravedevano tutte le ragazze di Milwaukee,  cittadina dove è ambientato il telefilm.
Nella trama Ritchie e Fonzie diventarono subito amici formando poi una comitiva unitamente all’imbranato Ralph Malph ed al timido e buffo Warren “Potsie”.
Nella serie, che riscosse immediatamente uno strepitoso successo, viene rappresentata la vita, l'amicizia, l'amore, le feste, il cinema, la cultura, la musica, l'esilarante divertimento e lo stile di vita di quella generazione di adolescenti statunitensi che hanno vissuto il "Sogno Americano” nella luminosa e prospera epoca degli Anni '50 (e primi '60).
Il gruppo di amici trascorre gran parte dei pomeriggi all’interno di un  locale, l’”Arnold’s”, pub e drive-in gestito inizialmente  da Matsuo “Arnold”  Takahashi, un giapponese trapiantato in America, e successivamente da Alfred “Al” Del Vecchio.
In Italia la serie venne trasmessa dal 1978 al 1987 riscuotendo un grandissimo successo; trasmessa tutti i pomeriggi alle 19, si trasformò in appuntamento quotidiano per gran parte degli adolescenti dell’epoca, un’epoca che segnò la fine della stagione della politica a tutti i costi e l’inizio dell’ “edonismo Raeganiano” secondo una fortunata definizione di Roberto D’Agostino.
Dalla seconda stagione in poi, con l’affermazione di Fonzie,  personaggio dotato di una forte personalità,  le vicende della sit-com vennero imperniate sempre più sul novello James Dean, che diventò un vero e proprio emblema della generazione anni ’80, emulato ed imitato nello stile e nei modi di dire: emblematico il suo “Heyy!” Con pollice all’insù  ed inarcamento del bacino, mentre la brillantina fu sostituita dal gel e ritornò di moda l’utilizzo del giubbotto di pelle nera.
Per la prima volta avvenne un fenomeno di emulazione pressoché universale nel linguaggio, moda e stile giovanili copiato da una serie televisiva: la TV diventava adulta rappresentando le vicende degli adolescenti che mandavano in “TILT” il flipper con una spinta del bacino.
E’ proprio così, quelli erano giorni felici: “Eh già già già…”

O almeno lo sembravano; perchè agli occhi di quegli adolescenti il mondo divenne quello fantastico (e immaginario) della Milwaukee di Happy Days, ottimista, amorevole, e sempre con il lieto fine.

Poi l’adolescenza finì, ed eccoci qui, a ritornare all’età di Happy Days, con la nostalgia che si fa burle di noi, e della realtà.