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Serie televisiva statunitense, creata da Jonathan E. Steinberg e Robert Levine per Starz. In Italia trasmessa da skyatlantic 

Robert Luis Stevenson sarebbe stato felice di “Black Sails”, la serie TV che è l’antefatto del romanzo “L’Isola del Tesoro” un classico assoluto della letteratura.

Libera dalle catene puritane dell’epoca in cui il grande scrittore visse, libera anche da vincoli storici, da compiti pedagogici, la serie vola felicemente nel cielo della fantasia sfrenata, trascinando nel divertimento ardito di complesse lotte per il potere, di violenza rappresentata con crudezza Tarantiniana, di sesso gioioso e compulsivo senza regole, e di narrazione contemporanea realizzata in modo compiuto, tragico, post-novecentesco.

Come per Stevenson, non c’è spazio per la riflessione intima e lo spessore psicologico dei protagonisti. L’azione è furibonda, le sfumature si colgono tra un abbordaggio e un’impiccagione, i personaggi si susseguono, vivono e muoiono abbandonati dal destino a cui spesso si ribellano con trovate talmente drammatiche da divenire comiche. Eppure le figure mantengono sino in fondo lo spessore a più dimensioni: bene e male si fondono in quello che può solo apparire un cortocircuito con fini commerciali: in realtà è lo svelamento, attualissimo, della relativizzazione del tutto. Stevenson alla fine decretava la vittoria del bene, ma aveva scritto il romanzo per un bambino, il figliastro Lloyd Osbourne, non dimentichiamolo. Solo che, palesemente, il suo preferito era Long John Silver. La ribellione, a qualsiasi costo, dai binari di una vita pre-costruita, di una esistenza borghese, costituisce l’essenza della sua poetica e anche della sua esistenza.

Allo stesso modo i creatori della serie TV J. Steinberg e R. Levine non danno volutamente indicazioni: l’avventura supera l’esistenza miserabile, non c’è spazio per la noia, gli uomini diventano tigri senza coda, belve che però rincorrono, e potrà sembrare paradossale, i criteri di una civiltà fondata sulla convivenza e sul rispetto di regole comuni, siano queste quelle della Fratellanza Piratesca o dell’Impero Economico.

Il Capitano Flint, la cui ombra si staglia gigantesca in tutto il romanzo, assume le sembianze decise di Toby Stephens. Luke Arnold è un giovane Silver, già cuoco all’inizio della serie. Con loro s’ intrecciano figure realmente esistite, da Charles Vane (Zach McGowan), Anne Bonny (la formidabile Clara Paget), Jack Rackham (Toby Schmitz), Edward Teach. Barbanera (Ray Stevenson), figure del romanzo come Billy Bones (Tom Hopper) Israel Hands (David Wilmot). Le avventure dei pirati sono ormai alla terza fase interpretativa: dalla prima di stampo Salgariano e dei romanzi di cappa e spada, con sangue e dolore tenuti prudentemente fuori scena, alla seconda Disneyana, un po’ fessacchiotta, ironica, e adatta a tutte le età, a questa ultima, cruda e simbolica, rappresentativa di un mondo disperato che si contorce nelle spire di un consumismo soffocante, ottimamente rappresentata prima dal maestro del romanzo italiano, Valerio Evangelisti, la cui trilogia dedicata agli uomini della Tortuga non ha precedenti e adesso da questa serie TV, nuova frontiera della narrazione contemporanea, la cui esplosività visionaria coinvolge in un misto di sorrisi, orrore, riflessione e tanto sano divertimento.