Tuttavia, ciò che fece entrare Woodstock nell'immaginario collettivo e contribuì a modificare il costume capitò nel pomeriggio di domenica 17 agosto: la pioggia
Joni Mitchell era stata invitata alla Fiera della Musica e delle Arti del 1969 ma fu convinta dal suo agente ad apparire, invece, al Dick Cavett Show che aveva risonanza nazionale piuttosto che esibirsi “in un campo di patate davanti a cinquecento persone”.
Non fu la sola a fallire l’appuntamento con la più incredibile, epica, grandiosa, rivoluzionaria manifestazione di musica rock mai realizzata.
Beatles, Led Zeppelin, Doors, Procol Harum, Jethro Tull, Bob Dylan (forse ci andò, qualche mese dopo), Frank Zappa e Chuck Berry, pure contattati, non ritennero di partecipare.
Tommy James, frontman degli Shondells, tempo dopo raccontò: «Ci dissero che un allevatore di maiali dello stato di New York voleva che suonassimo nel suo podere. Capite? Così ci fu presentata la faccenda!»
Il Festival di Woodstock nacque per caso. I quattro promotori, Artie Kornfeld, Michael Lang, John P. Roberts e Joel Rosenman, cercavano un posto solitario e tranquillo dove registrare.
Arrivati nella cittadina, però, ebbero l’idea di un concerto all’aperto con tanti artisti ad alternarsi sulla scena. Affittarono un’area rurale lì vicino e chiesero il permesso alle autorità locali. Sui moduli dichiararono cinquantamila spettatori previsti, secondo le loro più rosee aspettative.
Gli abitanti, spaventati, si opposero con tutte le loro forze e l’autorizzazione alla fine fu negata, quando ormai la macchina pubblicitaria era partita e l’evento battezzato come “Woodstock”.
In soccorso ai quattro venne Elliot Tiber, proprietario del motel “El Monaco” nella vicina Bethel, il quale presentò loro un tale, Max Yasgur, allevatore di maiali della contea, che mise a disposizione degli organizzatori seicento acri della sua proprietà.
In prevendita sparirono in un amen quasi duecentomila biglietti.
A quel punto fu chiaro che la marea stava diventando incontrollabile e si decise che l’ingresso sarebbe stato libero.
Durante i “tre giorni di pace e musica rock”, tra il 15 e il 18 agosto 1969, sulla spianata di Bethel si radunarono più o meno un milione di appassionati mentre sul palco si esibivano trentadue tra cantanti e gruppi tra i più in voga in quel momento.
Tra gli altri, Richie Havens, Who, Arlo Guthrie, Joan Baez incinta di sei mesi, Janis Joplin, Joe Cocker, Jefferson Airplane, Crosby, Stills, Nash & Young, Creedence Clearwater Revival.
Carlos Santana aspettava il suo turno, ore dopo, con il suo gruppo di esordienti e, come riferito in seguito, sotto l’effetto della mescalina. Chiamati sul palco in anticipo entusiasmarono la platea nonostante il chitarrista messicano abbia dichiarato: «Avevo l’impressione di impugnare un serpente che non stava fermo!»
La chiusura spettò a Jimi Hendrix e fu memorabile.
Il suo parossistico “The Star-Spangled Banner” svisato dalla fedele Stratocaster fu il più efficace manifesto pacifista contro la guerra nel Vietnam.
Tuttavia, ciò che fece entrare Woodstock nell’immaginario collettivo e contribuì a modificare il costume capitò nel pomeriggio di domenica 17 agosto: la pioggia.
Centinaia di migliaia di persone si ritrovarono nel fango e, poi, nudi nel laghetto dietro al palco. Complici l’euforia, la musica e la cannabis, avevano incarnato plasticamente gli ideali della “beat generation” riassunti nel motto “peace and love”.
Nonostante l’enorme assembramento di persone che causò il blocco della circolazione stradale nel raggio di 150 km, non ci furono incidenti seri.
Max Yasgur, l’allevatore di maiali proprietario del terreno, parlando della fratellanza che aveva visto permeare quella massa indistinta di persone, in seguito affermò: «Se ci ispirassimo a loro, potremmo sperare in un futuro più pacifico e luminoso!»
E fu leggenda.