Facebook: prospettiva di un social tra entusiasmo e smarrimento.
Non è mia consuetudine l’autocitazione – per quei due o tre esseri umani che ancora non lo avessero letto, “Prospettiva Facebook” è un mio vecchio racconto – ma risulta qui necessario, per quello che sto per dirvi. Circa cinque o sei anni fa, in preda ad una delle mie ricorrenti visioni contorte della realtà, immaginai Facebook come una strada, prendendo in prestito la famosa canzone di Battiato. Era soltanto un pretesto per descrivere quello che, a mio modo di vedere, era il noto social. Affronto questo tema con un po’ di tristezza, perché nel giro di pochi anni tutto è cambiato o, se non tutto, sicuramente è cambiato lo spirito con cui ci si accosta giornalmente a questo contenitore. Nato per ricongiungere amici e parenti che per vari motivi si erano persi, nel corso del tempo Facebook è divenuto vetrina dei nostri psicodrammi quotidiani, delle nostre piccole o grandi aspirazioni, riferimento e sede di scontri politico-sociali, pulpito da cui diffondere il proprio verbo e, perché no, anche insulti e minacce varie a ipotetici e anonimi lettori. Chiunque giornalmente acceda al social ha modo di constatare quanto affermo. Nulla di male, per intenderci, ma il pensiero di quanto, in termini di divertimento e passatempo, consentiva agli utenti e che ora sembra destinato all’oblio, induce a riflettere. Sì, perché se ricordate bene, vi era in tutti noi che abbiamo iniziato sin da subito a connetterci, una sorta di entusiasmo e di serenità che oggi non si riscontra più. Basta scorrere la “bacheca” per rendersi conto quanto di quell’entusiasmo sia andato perso. Chi di noi non ricorda le lunghe conversazioni e scambi di battute sul nulla, senza alcun riferimento politico o sociologico; l’adrenalina che scaturiva dalla nuovo conoscenza cui bastava accedere con un semplice clik; le batoste prese in chat quando osavi contattare la tipa che ti piaceva e la stessa bellamente visualizzava e non rispondeva; oppure quelli o quelle che appena chiedevi loro il contatto, ti scrivevano privatamente chiedendoti: “ ma ci conosciamo?” e partivano con l’interrogatorio con cui pretendevano di valutare se eri o no all’altezza o degno del “contatto”. Una casistica di varia umanità che ben poteva essere riportata nei migliori trattati di sociologia. Ma era tutto più sereno, tutti noi lo eravamo, e prendevamo quel social per quello che era: un mero passatempo. Oggi i post spesso sono autoreferenziali, come nel caso di qualche aspirante scrittore che utilizza il social per farsi pubblicità (ma su quest’ultimo esempio non mi dilungherei troppo, per via di un leggerissimo conflitto d’interessi…). Vi sono artisti che espongono sculture, quadri, lavori artigianali, pubblicano racconti (ci risiamo) e fin qui tutto bene, anzi interessante soprattutto se trattasi di scrittori (niente, è più forte di me). Il peggio lo vedi in quei post che inneggiano a questo o a quello, al razzismo, al fascismo, al comunismo, al benaltrismo, al femminismo, al revisionismo. Vi è in tutti noi la spiccata esigenza di manifestare il proprio pensiero e farlo diventare manifesto culturale. Tralascio volutamente la disquisizione sui “mi piace” e varie derivazioni con risata, cuori, wow e affini e sugli effetti che in ciascuno di noi hanno i celeberrimi clik. Certo è che oramai ci sentiamo tutti famosi, chi più chi meno, sulla base del numero di like ricevuto a ogni pensiero postato. Magari è fuorviante e potrebbe indurre qualche deficiente a ritenersi un personaggio pubblico e, se non dovessi contenere la folla che mi sta chiedendo autografi, continuerei volentieri questa dissertazione. Il punto è che a parte notizie di politica o cronaca nera, vere o fake, editoriali di scanzi-mentana-gilioli, editoriali di illustri sconosciuti che dissertano su tutto lo scibile umano e che hanno preso il posto dei tuttologi da piazza con cui tutti noi, prima dell’avvento di Facebook, abbiamo avuto a che fare, gli insulti imprecisati e anonimi contro un nemico immaginario, niente di quel che originariamente avevamo inteso di Facebook rimane. O forse solo un personaggio, stalker come pochi esseri umani al mondo, che si piglia la briga di seguirti o seguire chiunque affronti un argomento, sempre lo stesso, sempre uguale, e ovunque deve dire la sua, rimarcare il proprio concetto, affermare senza se e senza ma, che lui/lei ha ragione. Costui/costei è il dominatore incontrastato del social, e niente e nessuno potrà mai distrarlo da ciò che avviene sulla Prospettiva Facebook, quella via di cui poco o nulla rimane, forse nemmeno la voglia di proporre a qualcuno di andare a prendere un caffè e riconoscersi come esseri umani.
Ma io ci provo lo stesso:
- E se prendessimo un caffè? (ore 12.55)
- Visualizzato (ore 12.56)
- Attendere prego….(ore 22.30)