Da alcune settimane, complice la pandemia, per vedere un po’ di piu mio nipote di 11 anni vado a giocare (si fa per dire ovviamente) a pallone con lui. Con due suoi amici lui gioca sotto casa, in un cortile che non si puo nemmeno definire cosi’: in realta’ una strettoia in asfalto o sanpietrini che sono pure saltati e che mettono a serio rischio le gambe, tra auto parcheggiate, in discesa, in mezzo a palazzi, con gente che passa e spassa. Insomma tutto tranne che un luogo ideale. Di piu’ non c’è e ci si accontenta.
A volte faccio l’arbitro, a volte il portiere, a volte l’allenatore. Giocano per due tre ore come dannati. Sudano, si litigano, copiano Ronaldo o Lukaku o Ibra, i loro idoli che vedono in tv. Non si stancano mai difronte a gente che li sgrida, a palloni che si perdono nei cortili vicini o persino sui lampioni. Per porta hanno la serranda di un garage (con i proprietari che gli urlano ad ogni botta) e le estremita’ di due auto parcheggiate con i guidatori che li minacciano di chiedere i danni.
E’ il calcio bellezza!
Ieri in una pausa, io piegato dalla fatica e loro che mi incitavano a continuare, ho parlato con i tre per un attimo di questa vergogna della superlega, del fallimento e delle possibili conseguenze.
Non ne sapevano in verita’ granche’ ma non erano molto interessati. Per loro il calcio e’ infatti quel minuscolo spazio che si sono ritagliati per le partite uno contro uno o per quello che loro chiamano il mundialito, cioe’ un torneo a 8-10 gol ad eliminazione diretta: chi segna di meno esce subito e uno dei tre fa a turno il portiere buttando la palla girato di spalle. Un regolamento che manco alla FIFA sarebbero in grado di fare!
Forse era il caso – prima di evitare la pessima figura che hanno fatto e stanno facendo - che i grandi magnati di Real Madrid o Juve o Inter o Milan avessero fatto una capatina dalle parti del cortiletto di mio nipote per capire cos’e’ ancora il calcio. Nonostante loro.
E’ – ripeto: nonostante loro – il gusto e la passione di rincorrere un supersantos tra le auto parcheggiate, di lottare e sudare per battere l’amico avversario, di sognare un giorno di andare allo stadio e vedere da vicino il loro idolo. Di alzare le dita al cielo dopo un goal, proprio come fa Cristiano Ronaldo. E’ il calcio non dei sogni o di un magnifico tempo che fu ma e’ ancora il calcio che resiste oggi, che appassiona e fa soffrire e che e’ nella testa e nei cuori di tanti bambini e ragazzi. Che hanno i loro idoli e che hanno rischiato di perderli per un pugno di dollari.
Arturo, Davide e Riccardo mi raccomando! Continuate a giocare in quel vostro vicoletto, non pensate alla superlega. Pensate a non perdere molti palloni e sognate, correte, sudate. Il futuro e’ vostro e non di Florentino Perez o di Andrea Agnelli.