CASO MONTESI. 70 anni fa la morte di Wilma diventò il primo mistero della Repubblica

CASO MONTESI. 70 anni fa la morte di Wilma diventò il primo mistero della Repubblica

70 anni fa "Fiori bianchi sul feretro della ragazza morta a Ostia. Una disgrazia secondo la polizia". "La polizia ha scelto la versione della disgrazia. Molti punti oscuri".

Furono questi i titoli del Corriere della Sera e di Paese Sera il 17 aprile 1953. Pochi giorni prima, l’11, era stato ritrovato riverso sulla battigia di Tor Vajanica a sud di Ostia, il corpo di Wilma Montesi, 21 anni. La ragazza, romana, è fidanzata ed è previsto si debba sposare entro l’anno. Suo padre è un falegname. Sulla scomparsa, fino alla pubblicazione del Corsera e di Paese Sera, non era apparsa alcuna notizia.

Nacque così il "caso Montesi", carico di misteri ancora oscuri 70 anni dopo, nonostante sia stato il delitto più clamoroso di quell’epoca quando coinvolse politica e cultura, personalità del governo e dell’opposizione. Una vicenda riaffiorata spesso nella storia della prima Repubblica del dopoguerra e destinata a non chiudersi mai.

 Il cadavere di Wilma Montesi riemerge a Tor Vajanica l'11 aprile, senza indumenti intimi. Prima ipotesi: un malore della ragazza entrata coi piedi in acqua. E’ la tesi del pediluvio sostenuta dal questore di Roma, che però crea perplessità e ironie. Si affaccia anche l’ipotesi del suicidio, però non regge a lungo. Wilma il 9 aprile dopo avere convinto madre e sorella ad andare al cinema va a passeggiare. E sparisce.

Il “Roma” di Napoli, quotidiano di orientamento monarchico, all’inizio di maggio pubblica una pesante insinuazione titolando: “Perché la polizia tace sulla morte di Wilma Montesi?". L’articolo è sottoscritto dal direttore del “Merlo giallo”, giornalista della destra monarchica. Ed è corredato da una vignetta che equivale a un pesante j'accuse: un reggicalze trasportato da “piccioni” viaggiatori. IN quegl'anni il vice presidente del Governo italiano è Attilio Piccioni. Paese Sera, il quotidiano pomeridiano del Pci va oltre:  "Gli indumenti intimi di Wilma Montesi sono stati consegnarti da un “biondino alla polizia/Il giovane sarebbe il figlio di una personalità  politica".

Il caso esce dalla cronaca e diventa scandalo politico. Il "biondino", è Piero, il figlio artista di Attilio Piccioni. È un musicista famoso e affermato. Alla Rai e nel mondo cinematografico che lo utilizza molto per le colonne sonore. Insomma, un esponente del jet set. Come venga fuori il suo nome non si sa. Lo pubblica per primo “Vie Nuove”, settimanale comunista, anche se è evidente l’indicazione che viene dalla stampa di estrema destra. Piccioni querela, il questore di Roma smentisce il suo coinvolgimento, la questione sembra chiusa.

Il caso della ragazza sparisce dai giornali. Ma il 6 ottobre 1953 "Attualità", periodico romano diretto da Silvano Muto, giornalista non noto lo ripropone. La magistratura entra in campo e il procuratore capo di Roma, Angelo Sigurani, denuncia il direttore di Attualità "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico".

Due mesi dopo il magistrato archivia e insieme fissa un processo per diffamazione contro Muto, che sentito in udienza il 28 gennaio 1954 dice di "orge a base di stupefacenti" a Capocotta, vicino il litorale di Tor Vajanica. Lì c’è una riserva di caccia amministrata da Ugo Montagna, marchese di San Bartolomeo.

 Montagna, ricco di conoscenze nel mondo della politica e degli affari, ha una relazione con Anna Maria Moneta Caglio, figlia della buona borghesia delle professioni meneghine. Camilla Cederna, al tempo una delle più prestigiose firme del giornalismo femminile, la soprannomina “Cigno nero”, per il collo lungo e bianco della Caglio che usava molto maglioni neri.

Moneta Caglio, convinta di aver ricostruito la verità, gira un proprio memoriale a un sacerdote che lo gira a sua volta ad Amintore Fanfani, ministro dell'Interno. Da Fanfani il dossier passa a uno 007 dei carabinieri.  L'esponente dc fa sentire la donna da un colonnello dei carabinieri per due volte. Intanto, Muto racconta segreti e intrecci nell'udienza per difendersi dalle accuse di diffamazione di gennaio.

Il Caso Montesi rioccupa le prime pagine dei giornali e il paese si spacca tra innocentisti e colpevolisti. Il marchese Montagna si difende e dice di non aver mai conosciuto la Montesi. Il questore di Roma rilancia la teoria del pediluvio. Moneta Caglio sparisce e si nasconde per paura che l’ammazzino.

Siamo nei giorni in cui Fanfani, senza riuscirci, tenta di formare un governo. Ma nasce un quadripartito presieduto da Mario Scelba che esclude Fanfani. Agli esteri, Attilio Piccioni, padre del musicista che si è tentato di coinvolgere nel caso Montesi, che arriva direttamente in Parlamento per una interrogazione Franz Turchi, parlamentare dell’estrema destra del Msi. Nel dibattito che si apre sulla stampa intervengono Togliatti. Nenni, Ingrao e altri politici di rilievo, oltre al direttore del "Corriere" Mario Missiroli che in un editoriale sostiene che il caso Montesi : "è qualcosa di più di uno scandalo giudiziario, è un avvenimento politico che impegna tutta  la democrazia italiana".

Si arriva così al 19 marzo '54. Moneta Caglio in tribunale, nega di aver mai partecipato ai festini a base di sesso e droga che si svolgevano a Capocotta, e accusa l’ex amante Montagna e il musicista Piero Piccioni quali responsabili della morte della ragazza. Il 21 il tribunale sospende il processo per diffamazione contro Muto e i magistrati avviano un'istruttoria formale sulla morte di Tor Vajanica; il 19 settembre Attilio Piccioni si dimette dalla Farnesina quando il figlio Piero viene arrestato per omicidio colposo. Molti lo difenderanno, compresi i familiari di Wilma. Giuseppe Monetsi accusato

Il caso è ormai diventato il centro dello scontro politico italiano. E non si va per il sottile a tirar fuori elementi di accusa e/o difesa. Finisce nel vortice anche lo zio di Wilma: un articolo lo accusa di un attaccamento “morboso” per la nipote. Ma le accuse durano solo lo spazio di un mattino.

Intanto, si rovista su tutto. Il 16 novembre Giuseppe Sotgiu, presidente comunista della Provincia di Roma, viene immortalato da un fotografo in via Corridoni, accanto a una casa d’appuntamenti, si dice frequentata dalla moglie. viene fotografato davanti al civico 15 di via Corridoni, casa d'appuntamenti frequentata dalla moglie.

Tre giorni dopo Piccioni e Montagna lasciano il carcere in libertà provvisoria. Nel maggio del 1957 la corte d'assise di Venezia assolve Piccioni, Montagna, Polito e altri imputati minori. Resta invece incagliata Moneta Caglio, che paga con 2 anni e mezzo di prigione per aver calunniato Piccioni e Montagna.  

Il processo è durato oltre 4 mesi mentre quotidiani e settimanali intensificano quotidianamente i servizi facendo schizzare le vendite a livelli mai raggiunti in precedenza.

Lentamente i principali protagonisti della vicenda vengono a mancare. Il marchese Montagna muore nel 1990, a 80 anni. Piccioni, è nel frattempo diventato uno dei più famosi autori di colonne sonore ed ha costruito un rapporto professionale e umano straordinariamente saldo con un altro grande artista come Alberto Sordi. Morirà a Roma nel 2004 a 83 anni. Ultima tra i protagonisti della storia, Moneta Caglio si spegnerà il 13 febbraio 2016 nella sua residenza di Caponago nella provincia di Monza. Tre anni prima, il tribunale di Perugia dichiarerà “inammissibile” il suo ricorso contro la condanna di calunnia. Ma la Cassazione, a cui la Moneta Caglio chiese l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, ritenne le sue argomentazioni inidonee per annullare le sentenze di condanna.