Domenico Vivino, il più vecchio, aveva 26 anni appena compiuti e cercava di spiegare ai conoscenti che Nido di Seta non era una pazzia. ‘’Undici anni dopo – dice - eccoci, abbiamo sempre lavorato senza avere il tempo di alzare la testa e non avremmo mai pensato fosse possibile questa rivoluzione che è stata possibile’’. La chiamiamo la rivoluzione di San Floro, paesino a un tiro di schioppo dalla Cittadella regionale di Germaneto, dove si scopre che c’è una via della seta nostrana dove il grande marchio Gucci compra qui, proprio a San Floro, sì, la materia prima, a un prezzo anche a 10 volte e più superiore a quello praticato dai venditori in Asia (Thailandia, Laos, Cambogia, India) ma con una qualità infinitamente più alta che vale, dunque, il prezzo più alto, compreso le innovazioni che Gucci intende fare a San Floro.
Il miracolo lo fece partire il papà di Domenico, il compagno Florino Vivino - una vita nel PCI spesa per gli ultimi – il quale a un certo punto decise che quelle meravigliose piante di San Floro, un gelseto di piu’ di 3 mila esemplari di varietà pregiata, poteva fruttare qualcosa. Dunque: a che cosa servono le foglie del gelso se non ad essere l’unica fonte di alimentazione dei bachi da seta, oltre a produrre le more di gelso saporite per fare marmellate?
Nasceva così 11 anni fa, appunto, quella cooperativa, Nido di Seta, per recuperare non solo una tradizione storica (la seta è vecchia di secoli in questa parte di Calabria), con le antiche tecniche della lavorazione (i vecchi telai) che sono affiancate oggi dalle innovazioni tecnologiche più moderne. Oggi Nido di Seta, dove lavorano un gruppo di ragazze e ragazzi, produce seguendo tutta la filiera dell’allevamento, dal baco fino al bozzolo, poi il filo di seta, sgommato e tinto utilizzando solo i pigmenti naturali offerti dal territorio (come la cipolla di Tropea). Poi il filato viene destinato alla creazione dei prodotti della seta (anche gioielli e legno) e venduto come si è detto ad esempio alla grande casa Gucci. Che ne fa foulard e vestiti.
Insomma la via della seta - che Pechino ha inventato e adesso è pure mezza fallita - passa anche da qui, alla faccia di chi non vuole accorgersi che anche da noi le cose possono, potrebbero, cambiare. Si può cioè invertire una tendenza se nascono altre 100, mille coop come la Nido di Seta, che oltre a recuperare la tradizione (in questo caso quella serica) punti a valorizzare la nostra terra attraverso la tutela del paesaggio, la rivalutazione del territorio stesso, con un equilibrio tra tradizione e innovazione.
Se c’e’ una morale nel Nido di Seta di San Floro è anzi proprio questa: testa bassa e pedalare, lavorare per crescere, altrimenti l’alternativa è quella nota: andare via e allora davvero ricomincia il pianto greco!