
«Dopo la chiusura del reparto di ostetricia a Melito Porto Salvo, che smaltiva oltre 800 parti all'anno – aveva denunciato nei giorni scorsi il segretario della Uil Fpl Nuccio Azzarà – quel carico di lavoro è stato trasferito a Reggio Calabria senza potenziare i "Riuniti". A Reggio si è passati così a gestire oltre 1.800 parti all'anno e non si parla soltanto di ostetricia perché bisogna aggiungere gli interventi di chirurgia ginecologica. Più volte abbiamo detto ai manager e ai politici di correre ai ripari, tenuto conto che il resto della specialistica pesa su Locri, con oltre seicento parti all'anno, e su due strutture private, Villa Aurora, a Reggio, e Villa Elisa a Cinquefrondi. Arriviamo così a un totale di circa 3.500 parti all'anno, con evidente stress per gli operatori sanitari e le pazienti, fino al carico di rottura».
«A questo – dice ancora Azzarà – bisogna aggiungere l'inchiesta della magistratura sulla ginecologia dei "Riuniti" che ha comunque innescato, al netto delle responsabilità in corso di accertamento, un clima di particolare tensione che può essere rimosso solo con interventi rapidi da parte di chi è preposto alla guida della sanità calabrese».
Il tavolo si è reso necessario dopo l'ultimo presunto caso di malasanità: il 15 giugno una donna di 43 anni è morta dopo un parto gemellare, stroncata da un arresto cardiocircolatorio dopo giorni di dolori e dopo aver fatto più volte la spola tra Rosarno e il Riuniti. Mirella L., classe '73, lo scorso 3 giugno aveva dato alla luce due gemelli con parto cesareo. Tutto sembrava procedere normalmente e dopo qualche giorno la donna è tornata a casa. Ma è lì che ha cominciato ad accusare dolori e malessere, al punto di decidere di tornare in ospedale per capire cosa stesse accadendo. Lì, però, ha deciso di tornare a casa senza svolgere esami. La situazione, però, ha continuato a peggiorare: la donna, dunque, è stata costretta a tornare in ospedale, dove, sottoposta ad un intervento a causa di un ematoma imponente, è morta. I carabinieri, poche ore dopo, hanno sottoposto a sequestro la cartella clinica della donna.
Ma, come se non bastasse, l’intero quadro viene complicato dal giallo delle dimissioni di Frank Benedetto che le avrebbe presentate dopo essere stato indagato per abuso d’ufficio. A chi le ha presentate, se le ha presentate? Benedetto, secondo alcuni giornali, si sarebbe dimesso nelle “mani di Oliverio”. Una formula priva di significato formale come invece pretendono gli atti ufficiali. Per dimettersi avrebbe dovuto spedire una lettera protocollata al Dipartimento della salute col quale il Dg dei Riuniti, in base alla legislazione vigente, ha firmato il proprio contratto. Ma al Dipartimento la lettera non l’ha vista nessuno. Mentre Oliverio non ha mai fatto alcuna dichiarazione (lo ha già notato Domenico Guerra sul nostro giornale), né per accettare le dimissioni né per respingerle. Ma le dimissioni ci sono? Le insistenze sulla loro esistenza, per la verità, sono state alimentate più dai media che dall’interessato che non ha mai fatto alcuna dichiarazione, né emesso comunicati ufficiali.
La vicenda, ovviamente, non riguarda il dottor Benedetto che ha ricevuto soltanto un normale avviso di garanzia a tutela dei propri interessi e che non aveva alcun obbligo di dimettersi. Ma siccome lo ha detto e siccome svolge funzioni pubbliche l’alone di equivocità sulla vicenda rischia d’indebolire tutti i tentativi di mettere ordine in un settore, quello sanitario, di straordinaria delicatezza. Ecco perché sarebbe una buona notizia se qualcuno chiarisse all’opinione pubblica come stanno esattamente le cose.