Io, che non riesco a non amare questi luoghi e questa gente maledetti (Mimmo Luppino).

Io, che non riesco a non amare questi luoghi e questa gente maledetti (Mimmo Luppino).

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Ogni tanto, mi capita di essere invitato oltre i confini regionali a raccontare, indegnamente, della mia terra. Di come io l’ho vissuta e la vivo. Cerco di fare del mio meglio, anche se il più delle volte me ne ritorno indietro con il rimorso di chi ha tradito. E’ brutto, molto più di quanto non si possa immaginare, quando si è costretti a non parlar bene della propria madre.

Così come, talora, mi capita di avere la sensazione, altrettanto spiacevole, di non apparire abbastanza credibile. Non mi dolgo oltre di quest’ultimo aspetto e mi consolo pensando che è difficile, per chi vive in altre realtà, ritenere verosimili alcune abnormi vicende che vado raccontando.

Resta il fatto, comunque, che la sola condizione di essere nati e cresciuti dalle mie parti è bastevole perché su di te si addensino dei sospetti. Tanto che a volte, assieme alle innumerevoli manifestazioni di solidarietà e vicinanza, mi pare di notare un “salutare” distacco da parte di alcuni interlocutori. Tanto, come diremmo dalle nostre parti, per “purgarsi in salute”.

Non che la cosa mi disturbi più di tanto, la ritengo quasi normale e la comprendo. Tuttavia, quasi sempre vengo colto da una spiacevole sensazione di chi è costantemente messo sotto esame. Ma non è un male assoluto. Al contempo, infatti, mi ritrovo a solidarizzare mentalmente con la mia gente, quella vera intendo, insomma mi consolo in un bagno ristoratore di piccolo e provinciale campanilismo. Peccati veniali, mi dico.

Qualche tempo fa, mi telefona un mio amico dell’Alta Italia. Uno di quelli, che più di ogni altro mi ha dimostrato concreta vicinanza. Motivo della telefonata, quello di informarmi che una importante Università europea, aveva organizzato una manifestazione (credo una conferenza) per far conoscere, anche nel cuore dell’Europa, la Calabria ed in particolare il sistema ‘ndrangheta. In più, il mio amico, mi dice che è stato invitato, tra gli altri autorevoli relatori, un certo tizio mio conterraneo e, dopo avermi fatto il nome, mi chiede cosa io ne penso di costui. Il nome, però, non mi dice nulla sul momento. Ci penso su un attimo ed alla fine sono costretto ad ammettere la mia ignoranza: “non conosco, dico, questa personalità invitata a parlare della Calabria e della piaga mafiosa che l’affligge“.

Anche se la cosa mi da parecchio fastidio, sono molto attento alle energie positive che mi stanno attorno, e mi pare strano che io non conosca questa persona. A questo punto, il mio amico settentrionale, mi fornisce un piccolo aiutino e mi nomina il paese dove quest’uomo vive e lavora. E’ un lampo, subito capisco di chi si tratta e sbotto quasi irritato: “Ma questo è stato arrestato, per collusioni con la ‘ndrangheta, qualche giorno addietro?” Ed il mio amico: “infatti!”. Ridiamo, al telefono, lui più di me. E se la ride proprio di gusto, per essere un quasi un teutonico. Poi, finita la telefonata, vengo colto da un forte senso di angoscia. Mi sento colpevole di tutto, ma più di ogni altra cosa di continuare ad amare questi luoghi e questa gente maledetti e di non riuscire, per quanto la ritenga la condizione più necessaria di tutte, a staccarmene.

PS. Questo articolo di Domenico Luppino, già sindaco di Sinopoli e assessore al Bilancio della Provincia di Reggio durante la presidenza Antonio Calabrò) è apparso su ZoomSud il 19 dicembre 2014. Abbiamo scelto di riproporlo per ricordare un calabrese lucido e consapevole che aveva scelto questo giornale per i suoi interventi e per continuare a testimoniare il suo impegno coraggioso contro la ‘ndrangheta (che tentò senza riuscirci di ucciderlo). La notizia della sua morte a Firenze, dopo una grave malattia, è una grave perdita per la nostra regione che ha bisogno di persone e testimoni di onestà e libertà, come Lui è stato. Ciao Mimmo che la terra ti sua lieve, amico nostro. Zsud