La pubblicazione del libro L'invenzione del ribelle (Reggio Calabria, Città del Sole, 2020) non ha minimamente contrariato i pochissimi tra i «corifei» (pp. 225-231) che sono stati tra i potenziali lettori; e dire che tra essi c'erano anche docenti universitari che a Bruno Misefari avevano dedicato non molto profondi studi su rivista o in importanti sedi storiografiche.
Nel numero di aprile 2021«Umanità nuova», il foglio più importante del movimento anarchico italiano, ha pubblicato una recensione che non solo non entrava minimamente nel merito e nei contenuti della biografia ma neanche rispondeva ai tanti quesiti indiretti che essa poneva agli «correligionari» (specialmente calabresi e siciliani), che del cosiddetto «anarchico di Calabria» avevano fatto, e ancora vanno facendo, un campione indiscusso dell'Idea.
Il «pezzo» di «Umanità Nuova», uscito contemporaneamente sul numero 414 di «Sicilia libertaria», dopo numerose e gratuite contumelie contro l'autore, così concludeva: «So che i compagni calabresi hanno scelto la strada del silenzio per non dare credito o contribuire allo spaccio del libro, ma io non sono dello stesso parere.»
Da ciò si comprende come i campioni del «libero pensiero», se punti in parte debole, possono automaticamente passare dalla parte di coloro che, se solo potessero, farebbero un salutare rogo dei libri a loro sgraditi.
Emblematica anche la reazione di uno dei dedicatari del libro: Rocco Palamara, famoso anarchico di Africo che cinquant'anni fa impegnò una sfortunata e mortale lotta con la mafia di Africo (un suo cognato venne fucilato dai mafiosi sulla porta di casa), si è lamentato del discredito gettato su l'unico anarchico importante che la Calabria meridionale aveva avuto.
Richiesto da me se avesse letto il libro mi ha risposto: «Non leggo libri da 25 anni a questa parte!»
Uno che di sicuro legge i libri sugli anarchici, e che quindi ha letto anche «L'invenzione del ribelle», è il titolare del Blog «Cretastorie» che ha una rubrica continuamente aggiornata sui più importanti seguaci dell'anarchia.
Di lui, però, non si conosce il nome dato che quello che appare sul frontespizio, Creta Ross, è chiaramente un «nom de plume».
Su Cretastorie ci sono dei profili dedicati a Bruno Misefari e a sua moglie Pia Zanolli; in essi sono stati inseriti diversi brani del mio libro, più di una decina, pro-Misefari e contro di lui (chiedo scusa per la banalizzazione), sottoponendoli all'attenzione dei militanti.
Anche «Creta Ross» lamenta il discredito, ma entra nel merito: riportiamo brevemente i fuochi della sua attenzione.
- Enzo Misefari e Pia Zanolli
Enzo Misefari, scrivendo una biografia del fratello, dice che Pia Zanolli si tenne alla larga dal confino cui Bruno fu costretto dal luglio 1931 all'autunno dell'anno successivo. Risulta invece in modo inequivoco che Pia Zanolli fu ad Ustica con il marito dall'agosto 1931 fino all'8 dicembre. Creta Ross registra il passo e, contestualmente … assolve il diffamatore per … buona fede: «Terzo brano in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del sole edizioni 2020, p. 202 infra nota n. 1. Cfr. anche in questo p. 160 n. 14 dove la presenza di Pia a Ponza trova conferma anche in un telegramma di Bocchini all'Alto Commissario di Napoli
Personalmente ritengo che Enzo Misefari fosse davvero convinto, in buona fede, anche se erroneamente, dell'assenza di Pia a Ponza. Come potrebbe una deliberata "impostura, essere così ingenua e facile da smentire?»
- Bruno Misefari e Alfonso Failla
Alfonso Failla fu un anarchico siciliano che bazzicò da giovanissimo, era nato nel 1906 a Siracusa, galera e confino fascista; il 13 marzo 1949 pubblicò su «Umanità Nuova» un ricordo di Bruno Misefari a Ponza: vi si può leggere che aveva introdotto nell'isola le opere di Bakunin in francese ed altri testi sacri dell'anarchismo, confluiti poi in una biblioteca clandestina.
Risulta con certezza da tutte le biografie di Failla che egli fu confinato a Ventotene; qualcuno della «famiglia», «Anarcopedia» sub «Failla», dice che il de cuius fu anche confinato a Ponza; scrivendo a distanza di un anno dalla pubblicazione del libro ho ammesso come «probabile» la cosa.
Ciò è apparso risibile a Creta Ross: «Nel maggio 2021 Tripodi presentando tre affettuose lettere di Vincenzina Vanzetti a Pia Misefari , scritte nel 1971 in occasione dell’ uscita del film “Sacco e Vanzetti” di Giuliano Montaldo, ha parzialmente corretto quanto aveva scritto in L'invenzione del ribelle e attualmente ritiene la presenza di Failla a Ponza “probabile”(cfr. brano)» «Prescindendo dal risibile " probabile", neanche, in questo contesto, si accenna alla testimonianza di Alfonso Failla sul comportamento tenuto da Misefari a Ponza, nonostante che essa fosse stato integralmente citata, anche nel libro di Pia Zanolli Misefari».
Lo scioglimento del nodo è nell'Archivio di Stato di Latina, dove esistono i fascicoli dei confinati sia a Ponza che a Ventotene; e, ovviamente, anche quello di Failla.
Purtroppo, causa Covid 19 e per mancanza di tempo, io non sono riuscito ad effettuare questo controllo. Può darsi che Creta Ross lo faccia prima di me. Così capisce cosa significa scrivere di storia anche attraverso i documenti.
- Bruno Misefari e il fascismo
Ne «L'invenzione del ribelle», nell'ampia appendice e ovviamente anche nel testo, oltre che sulle cose di cui parla Creta Ross, si discute un problema storiografico che va sciolto rispondendo a questa domanda: « È vero o no che Bruno Misefari dal 1924 in avanti non svolse alcuna attività anarchica e che durante gli stessi anni fu impegnato in progetti industriali per la riuscita dei quali scrisse poco dignitose lettere a Mussolini e visitò gerarchi di prim'ordine perché lo sostenessero? E, così facendo, ha rinunciato per fatti concludenti alle idee cui, nel bene e nel male nonché ad intermittenza, aveva creduto negli anni precedenti?
Nessuno degli anarchici e degli storici impegnati nella ricostruzione della vicenda di Bruno Misefari ha scritto un rigo o ha mosso una sia pur minima contestazione al mio libro.
Finora anche Creta Ross, su questo che è il punto fondamentale della questione, è stato silente.
- L'invenzione dell'incontro tra Clara Zetkin e Bruno Misefari
Sollecitato dalle sguaiate censure degli anarchici e dall'assordante silenzio degli storici ho cominciato io a occuparmi dell'epistolario di Pia Zanolli e Bruno Misefari che si trovano, entrambi, presso la Fondazione Basso di Roma.
Uno studio arduo che deve passare sopra il corpo di centinaia e centinaia di lettere misefariane, ognuna Di esse è composta almeno di cinque fitte pagine a grafia quasi minuta.
Studiando questi epistolari ho scoperto la falsità di un'altra circostanza riportata da Pia Zanolli nel suo «L'anarchico di Calabria» alle pagine 136-143 dell'edizione Lerici (1967): il resoconto dell'incontro tra Bruno Misefari e Clara Zetkin che sarebbe venuto il 7 settembre del 1919 a Stoccarda con connessa intervista sullo spartachismo.
«Cretastorie» sul punto si limita a trascrivere Pia Zanolli.
La falsità si deduce da molteplici indizi e da indiscutibili prove:
- Pia Zanolli ne «L'anarchico di Calabria» usa come fonte le lettere di Bruno che, come tutte le lettere, cominciano con «Cara/a» seguito dal nome del destinatario. La lettera che riporta l'incontro con la Zetkin è senza destinatario; non si sa dunque chi esso fosse. Io l'ho cercata vanamente tra le lettere di Bruno a Pia relative a mese di settembre 1919 che si trovano alla Fondazione Basso, ultimamente corso di un sommario controllo a metà marzo del corrente anno.
- La lettera riporta come luogo di provenienza «Stuttgartt» mentre Bruno durante tutto il periodo tedesco (18 luglio-21 novembre 1919), salvo una settimana o poco meno dopo l'arrivo, ha abitato a Zuffenhausen; anche se parla della visita ad un museo della città fatta il giorno prima, quindi il 7 settembre, e della sua partecipazione prolungata ad una dimostrazione dei comunisti, è molto improbabile che, dopo tutto quello che aveva fatto giorno 7 settembre, il giorno dopo Bruno andasse di nuovo a Stoccarda … per scrivere la lettera: a chi, non si sa.
- La lettera contrasta con quanto risulta da documenti certi conservati nel Fondo Misefari: sappiamo, da una Cartolina postale inviata il 28 agosto ad Enrico, padre di Pia Zanolli che si trovava a casa a Zurigo, che quel giorno Pia Zanolli e la madre andarono a trovare Misefari a Zuffenhausen: «Carissimi papà, zia Angelina, Lea, Zoe, Ver, nonna e Brunetta, mai usignolo silvano avrebbe potuto aver quanto me motivi di trillare, con argentino gorgheggio, le sue superbe note. Un desiderio immenso sodisfatto: quello di riveder gli occhi lampeggianti di Pia mia e di stare accanto a lei e a mamma; un cielo azzurro; un zefiro lieve, qual di primavera; la calma solenne in un giardino … regale; Pia che m'appoggia la testina bionda sull'omero; tutto, tutto mi dice, mi grida, mi canta, col dolce poeta della terza Italia: "La vita è bella e santo è l'avvenire!"
Da un'altra lettera di Bruno, del 30.09.1919 indirizzata alla mamma di Pia, sappiamo che la visita degli Zanolli durò dieci giorni: «In quel giorno e negli altri seguenti son riandato col pensiero in tutte le scene e in tutte le parole di 10 giorni di vostra indimenticabile dimora a Zuffenhausen.»
I dieci giorni di cui sopra terminano esattamente il giorno 7 settembre; quindi in quel giorno Bruno era con Pia e la madre a Zuffenhausen e la sera le accompagnò a Gottmadingen che è un paese alla frontiera con la svizzera(ciò risulta dalla lettera del 30.09.1919).
La lettera in cui si parla dell'incontro con la Zetkin è datata, a differenza di tutte e altre di questo periodo che portano Zuffenhausen come luogo di invio, da Stoccarda, 8 settembre 1919 ed esordisce così: «Ieri! (ergo il 7 agosto, T) Una giornata da segnalarsi a caratteri d'oro nel diario di una giovinezza!» e racconta di essere andato a visitare un museo a Stoccarda e poi, di avere incontrato una manifestazione.
- Misefari, nel centinaio di lettere scritte da settembre a novembre 1919 (lui che riferiva ai suoi interlocutori persino degli starnuti che faceva), mai parla o accenna al comizio e all'incontro, e meno che mai di interviste, con Clara Zetkin.
- Non si dice in che lingua fu fatta l'intervista, per essere pubblicata dove, chi avesse tradotto o le domande in tedesco di Bruno o le risposte in italiano della Zetkin; Bruno infatti non era in grado di interloquire in tedesco sulle questioni politiche di quei giorni dato che stava studiando il tedesco ma con conoscenze molto limitate.
- Ma Pia Zanolli va oltre i contenuti dell'intervista: «Questa combattente dà a Bruno un grande privilegio. Lo porta con se nei comizi, tra le folle, ovunque essa vada,. Lui si fa trascinare volentieri da questa formidabile donna!» (p. 142). E giù altri particolari sui modi con cui Clara avrebbe presentato Misefari ai suoi compagni.
Di tutto questo nulla traspare, repetita juvant, nel centinaio di lettere che Bruno scrisse a Pia e ai di lei suoi familiari in questo periodo.
Insomma, si tratta di un altro capitolo della «leggenda aurea» che avrebbe portato a «L'invenzione del ribelle».