Arcidiavolo
Di Otello scrivemmo, in dialogo con Carlo Ferdinando Russo, un ritratto critico sulla più importante rivista culturale italiana del Novecento (Belfagor, n. 3/2012, pp. 289-308). Prima di lui i calabresi assunti nell’Olimpo dei Russo erano stati soltanto Corrado Alvaro (Ritratti di G. Pampaloni, 1948, pp. 60-64, e di P. Sergi, 1958, pp. 325-340) e Saverio Strati (Ritratto di G. Tripodi, 2010, pp. 303-323).
Semiotica
A Otello, forse perché non ha avuto tempo per leggere i trattati, piacevano gli aforismi. Ne ricordava, dai tempi del Liceo Campanella, uno di Eraclito che parla del Dio in Delfi che non dice (oute lègei) non nasconde (oute krùptei) ma accenna (allà semàinei) e lo applicava al dialogo con il pubblico durante le sue esibizioni: lui non proponeva verità
rivelate, non nascondeva il suo pensiero per pochi eletti ma mandava dei segnali che devono essere colti dagli ascoltatori perché il miracolo della comunicazione artistica si compia.
Contraddisse e si contraddisse
Quattro parole, scelte da Sciascia come propria epigrafe, che rendono bene la personalità del cantastorie. Ma bisogna aggiungere, per completare, un paradigma hegeliano: Profazio negli altri criticava sé stesso e in sé stesso criticava gli altri.
Otello e Musolino
Otello crede, la modestia non è stata una sua virtù, di essere il più famoso calabrese dopo Musolino, il brigante che tale fu reso dalla giustizia del suo tempo: summum jus summa iniuria, tanto per essere in linea con la contraddizione.
Egoismo
Otello è il primo ammiratore di sé stesso. Ciò sembrerebbe mal conciliarsi con le appartenenze politiche (anarchia, socialismo) che egli ha professato per lungo tempo. Lo possiamo assolvere alla luce di una detto di Nietzsche che risale al periodo de La Gaia Scienza: “L’egoismo è stato diffamato proprio da coloro che più lo hanno esercitato; avevano bisogno di inibirlo negli altri perché il proprio non trovasse ostacoli!”.
Anteo
La forza di Profazio risiedeva nella madre terra calabra; se ne è allontanato solo per brevi periodi e solo per ritrovarla nelle Calabrie disseminate nel mondo da centocinquanta anni di emigrazione.
L’ultimo cantastorie
I pezzi musicali di Profazio erano il distillato e l’antologia della sua carriera. Sin dall’adolescenza ha mescolato canto, cultura popolare e vita senza più riuscire a districarli e a districarsene.
Anarchia
Profazio ha dichiarato apertamente la sua anarchia; andate su You tube ed ascoltate Addio, Lugano bella! cantata da lui, Giorgio Gaber, Lino Toffolo, Enzo Iannacci Silverio Pisu. Ironicamente fa rizzare il pelo. E Pia Zanolli, compagna di Bruno Misefari l’anarchico di Calabria, dichiarava che quel canto in bocca a Otello diventa sublime.
Comunismo
Ignazio Buttitta è stato comunista non pentito. Lui vivo, di comunisti pentiti ce n’erano pochi. Non come dopo l’89 che tutti pentiti furono, o quasi tutti. Sapeva che l’uomo del cambiamento, costretto a raccogliere spine e a seminare all’acqua e al vento, aveva bisogno di essere consolato e incoraggiato; per questo si scusava di non saper prevedere quando il sole avrebbe finito di asciugare le piaghe della terra.
Anarco-comunismo
La canzone intitolata LA STORIA é sintesi dialettica, un’idea politica in cui il comunismo messianico di Buttittta viene “corretto” con l’umanesimo profaziano: "Compagno, so che tu aspetti la vendetta con le braccia levate al cielo ma io ti devo ricordare che l’odio è analfabeta e scrive pagine lorde di sangue, anche sgrammaticate".
Scetticismo
Profazio è stato profanatore di luoghi comuni; anche, anzi soprattutto, di quelli di casa sua. L’aveva già fatto con le profaziate. Simplicio si lamentava che la stampa nordista vedeva un delinquente dietro ogni stroffa (ogni cespuglio per gli svizzeri); e Sagredo si dichiarava d’accordo "... e mi dichiaru an solitu cu vui / chi non e bberu! / pirchì arretu ogni stroffa / di delinquenti nci ndi sunnu ddui!".
Il Ponte
Scetticismo n. 2 il falso progresso vuole ancora costruire ‘lu Ponti’. Il Ponte e le illusioni, ovvero siamo calabresi e siciliani e vogliamo fare gli americani. Ormai, anche senza Lu ponti, siamo on-line. Mancava solo il ministro Cinghialone a dissipare un altro pugno di miliardi"; Avanziamo lo stesso? "Sì! Sulla sedia a rotelle".
I Santi
Piccola agiologia profaziana! Più che blasfemo, in molti altri suoi lavori a sfondo religioso, Otello è solo dissacrante, di una dissacrazione che riconduce la religione al mondo degli uomini (ricordate Feuerbach). Seguiva inconsciamente Jean Leclercq, massimo studioso di San Bernardo: “ Santo è un cristiano che resta un peccatore, nel modo singolare in cui ciascuno lo è con i suoi doni e i suoi limiti, la grazia del perdono che ha ricevuto, la forma di umiltà che gli è stata accordata a prezzo di umiliazioni che restano il suo segreto”.
Musicista per una classe sola: Otello e i contadini
Otello ha cantato per settant’anni l’universo contadino in tutte le sue articolazioni, senza mai smettere di guardare il mondo con gli occhi di chi lavora la terra. Da lì è sgorgata tutta la musica profaziana e lì si trovavano i suoi consumatori originari e quelli che gli sono stati più fedeli: erano loro a ridere dei vizi degli uomini ridotti in condizioni animalesche e delle virtù degli animali antropomorfizzati alla maniera di Fedro. Poi, quando il mondo rurale si è disgregato, Otello ha inseguito i traditori dell’aratro e della zappa emigrati nel Norditalia o piccoloimborghesiti nelle stesse città meridionali, li ha costretti a ritornare alle proprie origini e alla secolare lingua dei padri e dei nonni (il dialetto calabro-siculo da cui è nata la letteratura colta del ‘Bel Paese’), a ripassarla quella lingua e a farla riscoprire ai loro figli perché, glielo aveva insegnato Ignazio Buttitta, "Un populu diventa poviru e servu// quannu cci arrobanu
‘a lingua addotàta d’ì patri".
Insomma Profazio, in un mondo in cui i clerici che tradiscono sono diventati chiesa e corporazione mercantile, rimarrà per sempre l’unico ed ultimo testimone del cosmo contadino: morto lui, quel mondo rivivrà solo nelle sue canzoni. Nè sarà ristoro ai memori la scienza di antropologi e folcloristi che a lui avrebbero potuto lustrargli le scarpe e che scrivono di tutto, anche in coccodrilli per Otello, senza però smettere mai di ammirare e rimirare il proprio ombelico.