di AURELIA ARITO - Sorprendente questa ultima fatica letteraria di Giuseppe Fiorenza, Fiele*, uscito per la casa editrice Ferrari Editore, o forse semplicemente inaspettata, sia per il tema trattato, appena appena fuori linea dalle tematiche cui ci aveva abituato con i suoi romanzi nei quali fluiva inarrestabile l’esigenza di raccontare uomini, donne e fatti di Calabria, sia per lo stile che amplia il respiro nelle cadenze da noir classico che si risolve nello svelamento dell’assassino come soluzione anche extradiegetica.
La trama è presto delineata. Dodici personaggi vengono arrestati. Ma quel che sembra non è. L’arresto nasconde un sequestro da parte di un misterioso individuo che restringe il gruppo con l’obiettivo di ucciderne i componenti per colpe legate a fatti che hanno commesso. Anzi no, per fatti che non hanno commesso, in senso positivo, ma per una millantato atteggiamento omissivo che riporta grave e imprescindibile il discorso sulla responsabilità di ciascuno di loro nella constatazione di un irrimediabile lassismo che è la causa del sottosviluppo e dell’inedia di una terra come la Calabria.
Ogni singola persona porta con sé il nucleo di una vicenda che sembra (ma non è) l’antefatto della propria colpa. Sono descritte con cura le smanie non proprio paterne del padre nei confronti della figlia in condizioni di miseria inenarrabile, le smanie assassine di due giovani killer, belli come il sole e pieni di vita mentre danno la morte con una facilità impressionante, le vicende di un giudice narrate ad arte con l’intenzione di mascherare gli assassini di bambini e fanciulli, i casi di malasanità che sconfinano nel patetico o tragicamente ridicolo quando succedono per disattenzione di un tecnico, i morti che non hanno letteralmente pace in quanto vengono vilipesi persino nelle tombe. Madri, poveri e stranieri costituiscono infine le categorie di soggetti sui quali si accanisce il tempo e l’uomo stesso, per cui perdono i contorni la stessa vergogna, il dolore, la dignità umana.
I ruoli costituiscono per l’autore uno dei nodi da sciogliere per comprendere le cause del languore e della disgregazione di una terra come quella calabra.
Lo sviluppo del romanzo, dopo le storie, prende una piega da trhiller, con un’accelerazione del racconto e una soluzione che lascia stupefatti. Chi sarà mai l’individuo che ha imbastito questa tragica sequenza e soprattutto riuscirà a eliminare i nostri, per modo di dire, eroi?
Questo libro pone pesanti interrogativi: il rischio di un tentativo spropositato di andare sopra le righe, non solo letterarie, nel voler proporre una soluzione di giustizia con una condanna velleitaria dell’essere calabrese (o italiano) sic et simpliciter.
Ma questo è un tema che riguarda l’assenza totale di responsabilità non solo sociale ma anche individuale, entrambe direttamente o indirettamente cause di uno sfascio latente che fatica a innescare, chissà per quali cause, una reazione di qualsiasi tipo.
Per il resto, sintassi elaborata ritmo lento nella prima parte dove si racconta dei singoli personaggi e poi serrato, nella seconda parte quando la storia assume i contorni di una thriller vero e proprio.
Dicevamo del senso della storia che va oltre la dieresi. L’autore si propone di reggere il peso di ciò che rappresenta, in ultima analisi, il senso di questo libro, una condanna morale e sociale che non trova altro riscontro che quello della finzione letteraria. E’ vero che la letteratura non deve indicare soluzioni e, sotto questo punto di vista, la trama si svolge in maniera lineare con una mirabile narrazione ad intreccio che lascia sospesa la lettura fino all’ultimo capitolo che scioglie il mistero e l’enigma.
Ma è anche vero che, non solo questo ma ogni romanzo che è un grido disperato, non deve dare nulla di scontato e provocare nel lettore una riflessione seria che va al dà della narrazione stessa, extradiegetica appunto.
*FIELE, Ferrari editore, 263 pagine, 15 euro. Cosenza 2014.