di DANIELA MAZZEO -
La serata “C’era una volta il Blues” ha realizzato il compimento del progetto innovativo del gruppo di “Calabria d’Autore” : realizzare, produrre, divulgare cultura in modo allo stesso tempo approfondito e leggero, attraverso la sinergia di più mezzi comunicativi. Si è visto di tutto : lezioni di storia della musica, brani eseguiti in modo spettacolare dai quattro musicisti, con improvvisazioni esplosive e coinvolgenti, si è visto cabaret, teatro, ironia, critica politica raffinata, e alla fine, sgombrate le sedie, una danza scatenata che ha travolto tutti i partecipanti.
Si è iniziato con la sala stracolma di persone. Marco Mauro e Veronica Spinella, con la regia di Marco Strati, hanno dato il via con una presentazione già fuori dagli schemi, introducendo Antonio Calabrò, il visionario-ideatore, e i quattro veri protagonisti : Domenico Canale, musicista e per l’occasione “cantastorie” dei grandi miti del Blues e del Rock, Rodolfo Megale, chitarrista raffinato e talentuoso, il bassista Fortunato Serranò, improvvisatore di battute fulminanti, e il “motore”-batterista Bruno Milasi: loro sono i Bad Chili, band tra le più importanti della regione. La sinergia tra tutti è stata un crescendo, culminato nel finale esplosivo al suono dei Rolling Stones.
La “lezione”, tra il serio e il faceto, è iniziata con il mito infernale di Robert Johnson e il suo patto con il diavolo, che, come vuole la leggenda, ha dato inizio al Blues moderno; in realtà questo tipo di musica esisteva già da prima, ed era nata tra gli schiavi delle piantagioni americane. Dal mitico chitarrista si è partiti per poi proseguire attraverso altri grandi della musica, da Sonny Boy Williamson a Muddy Waters, ed ogni citazione è stata occasione per la band di riproporre brani; il pubblico si è scaldato con “Sweet Home Chicago”, ed è diventato incandescente con il Rock’roll di Chuck Berry . Tutte le cover arrangiate sapientemente secondo lo stile che ormai contraddistingue i Bad Chili, sempre molto trascinante.
La musica Blues, che è la musica degli ultimi diventa occasione di festa e di gioia. L’entusiasmo è cresciuto in continuazione, mentre Domenico Canale continuava a sciorinare aneddoti, a spiegare parti tecniche, a fare esempi, brillantemente supportato dalla band, pronta a recepire ogni stimolo.
Dopo poco, con in testa una bombetta, ha preso la parola Antonio Calabrò che, sulle note cadenzate di Mannish Boy, variegate dai virtuosismi della chitarra di Megale e dell’armonica di Canale, e rese ipnotiche dal ritmo di Serranò e Milasi, ha recitato una nuova versione del suo fortunato reading “Reggio è un Blues”. Alternando dramma e ironia, umorismo e tragedia, satira e poesia, per quindici minuti serrati ha precipitato gli spettatori in una girandola emotiva, culminata in un grande applauso finale. E,a quel punto, la musica è esplosa, i Bad Chili hanno iniziato a darci dentro e con brani ad alta intensità rock-blues hanno scatenato la platea.
Ballavano tutti, grandi e piccini. La solita atmosfera rilassata di Calabria d’autore si è trasformata in una underground d’altri tempi, con lo stesso grado di estemporaneità e di passione. Via le sedie, largo alla danza, ai sorrisi, alla gioia.
Alla fine, tutti esausti, appagati e contenti, pennette alla ‘Nduja e vino calabrese hanno completato il cerchio. Le persone si sono intrattenute ancora a lungo, e la parola che è risuonata più a lungo è stata “rifacciamolo”. Una soddisfazione enorme per gli organizzatori, un passo avanti nel modo di fare spettacolo, di proporre cultura, divertimento e riflessione.
“C’era una Volta il Blues” è stata una splendida occasione per comprendere il valore della ibridazione di generi e di temi. Una sinestesia emotiva, musica, parole, odori e sapori, e soprattutto il gusto della comunità che si raccoglie attorno ad una idea. Se poi questa idea è quella del Blues, cioè nata per riaffermare i valori assoluti dell’eguaglianza e della libertà, allora assume un valore ancora più alto e definitivo.
Grazie Bad Chili, grazie Calabria d’Autore, serata indimenticabile.