L'INTERVENTO. L’opportunità perduta dalla premier Meloni

L'INTERVENTO. L’opportunità perduta dalla premier Meloni

Nei giorni scorsi tempesta per le dichiarazioni di due importanti rappresentanti della maggioranza di governo che hanno ritenuto opportuno ricordare il 76esimo anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano (MSI), alla quale avevano partecipato i rispettivi genitori.

Pronta reazione di tutti i partiti di opposizione che ne hanno chiesto le dimissioni, anche se con toni sfumati, in particolare da parte del partito dalla opposizione più blanda, che, nella sua levità, è arrivato a offrire comprensione non solo per gli affetti familiari, ma anche per l’orgoglio (?!) del legame al MSI, con forte reazione della Comunità ebraica che ha sottolineato la continuità ideologica e politica del MSI con la RSI.

È facile prevedere che la richiesta di dimissioni lascerà il tempo che trova e dubbi suscita anche la previsione di uno dei leader del partito di semiopposizione per cui l’orizzonte di questo governo sono le europee del 2024. Si licet parva componere magnis, speriamo che non stia ripetendo l’errore di Giolitti.

Comunque, il portavoce del presidente del Senato ha chiarito con una precisione da non sottovalutare che il padre del presidente è stato rispettoso della Costituzione e che è innegabile l’adesione del MSI alla democrazia e al Parlamento. Sulla verità storica di questa si potrebbe discutere a lungo, ricordando alcuni degli aderenti al MSI, per esempio Flavio Campo o il principe Borghese, ma lasciamo stare.

Quanto è innegabile è che sono due affermazioni separate e non sovrapponibili, rispettare è una cosa, aderire un’altra. Ciò che richiama l’attenzione e dovrebbe suscitare qualche domanda è la stranezza dell’iniziativa parallela del presidente La Russa e della sottosegretaria Rauti. Celebrare il 76esimo anniversario è originale.

Gli anniversari non sono tutti uguali. In genere, si celebrano i decennali, come fece il fascismo nel 1932. Si celebrano i cinquantenari, come quello della Repubblica nel 1996, anche se non fu una celebrazione particolarmente vibrante: basti rileggere quanto scrisse Mario Pirani su La Repubblica, in quanto si trattò di un periodo con forti pulsioni separatiste. Si celebrano i centenari, e pochi anni fa si è celebrato il 150esimo anniversario dell’Unità di Italia ma, senza tema di smentite, affermerei che ricordare in maniera particolare il 76esimo, quando passò quasi inosservato il 75mo, non è solo inconsueto, è un unicum che deve avere qualche spiegazione razionale.

A verifica di quanto detto, basterebbe eseguire una ricerca su internet, necessariamente rapida per gli scarni risultati che dà, e invero non si trovano interventi analoghi per qualità e livello.

Un ricordo di Pino Rauti, ma non il 26 dicembre, solamente il 7 gennaio di quest’anno, in cui si legge lo slogan, “Le radici profonde non gelano”, slogan tratto dal “Signore degli anelli” di Tolkien e ripreso quest’anno dall’onorevole Isabella Rauti con l’aggiunta dell’invito a onorare i fondatori e militanti del MSI, quindi anche quelli citati dianzi.

Si trova menzione di iniziative con dirigenti regionali (Titta Valensise in una riunione nella nostra regione a Locri), una nota di Francesco Storace, una riunione a Napoli, un articolo di qualche mese dopo sul presidenzialismo, cui si può aggiungere, riferendosi al 60esimo anniversario, un articolo su un giornale on line piemontese (https://www.alessandria24.com/2021/12/27/anniversari-26-dicembre-1946-fondazione-del-movimento-sociale-italiano/) che rivendica la continuità del MSI con Salò e con le idee e i progetti dell’Italia fascista.

Silvio Pellico scrisse che la fortuna si burlò del carceriere Schiller dandogli un nome famoso. Pare che la fortuna si sia burlata anche del neonato MSI. L’anno dopo la sua fondazione, lo stesso 26 dicembre, fu promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana, che era stataapprovata quattro giorni prima.

Ciò che rende stupefacente l’attenzione data quest’anno al 76esimo anniversario della fondazione è anche il confronto con quella dedicata a un anniversario che dovrebbe essere oggettivamente più importante, quello del 75esimo della Costituzione.

Parce sepultis. Rispettiamo gli affetti familiari, ma come mai quest’anno questi affetti sono stati affermati con inusuale fervore? Un caso?

Le polemiche di questi giorni mostrano che l’attenzione per il 75esimo anniversario della promulgazione della Costituzione, quindi uno di quegli anniversari che si sogliono ricordare in maniera particolare, è stata distolta, deviandola su un anniversario marginale e meno importante dell’anniversario della Costituzione, che in molti paesi è festa nazionale.

La maggioranza non ha mai fatto mistero di voler modificare la nostra Costituzione sia per aspetti caratterizzanti come il presidenzialismo, sia per aspetti attinenti diritti che molti riteniamo fondamentali e questioni di dubbio interesse come porre l’italiano nella Costituzione.

Riguardo il presidenzialismo, tema programmatico enunciato alla LUISS dall’onorevole Meloni in un dibattito elettorale con l’onorevole Letta, la maggioranza può guardare a sponde che potrebbero assicurare il quorum dei 2/3. Per le altre questioni chissà. La resilienza dei partiti di opposizione a tali tentativi è auspicabile, ma per come si è andati alle elezioni, pur consapevoli del risultato cui si sarebbe arrivati per la nostra legge elettorale, è dubbio che comprendano la portata del problema.

In una tale situazione non conviene alla maggioranza insistere nel celebrare la Costituzione con possibili riconoscimenti alla sua validità.

Il Senato è stato illuminato con i colori della bandiera. Forse dal suo presidente, seconda carica dello Stato, ci si sarebbe potuto aspettare qualcosa di più che questo e la rassicurazione che suo padre fu rispettoso della Costituzione italiana.

Sulla facciata di Palazzo Madama si è potuto leggere anche l’articolo 1 della Costituzione. E gli altri 137? Per non parlare di quelli transitori e finali, di cui uno stride con la celebrazione dell’anniversario del MSI.

Nelle analisi delle dichiarazioni del presidente La Russa e della sottosegretaria Rauti è stato sottolineato che esse possono imbarazzare l’onorevole Meloni, ponendo in dubbio la portata delle sue dichiarazioni sul superamento del fascismo che sarebbe solamente un momento della nostra storia passata.

Avremmo voluto credere a tali dichiarazioni. La cartina di tornasole le sarà offerta da un’altra coincidenza. Il 3 gennaio ricorrerà il 98esimo anniversario del discorso con cui Mussolini pretese superare la crisi generata dall’assassinio di Matteotti. Non è un centenario. Però è una data emblematica della storia parlamentare italiana e, se volesse, la presidente Meloni potrebbe chiarire una volta per tutte se la “nuova” destra si sia dissociata solamente dalle leggi razziali o totalmente dal ventennio della dittatura fascista e magari, en passant, dirci che cosa pensa dell’esperienza di Salò, dove si forgiarono molti dei fondatori del MSI, rassicurandoci, speriamo, che l’anno prossimo, 80esimo della proclamazione della fantoccio RSI, non dovremo commentare dichiarazioni che osannino la scelta di chi le aderì “contro il tradimento e l’invasione, per l’onore e la difesa della patria”.

Purtroppo temo siano vane speranze. La conferenza stampa di fine anno della presidente del Consiglio ha offerto una riscrittura della storia della Repubblica che dimentica i moti di Genova del 1960 (fu il governo Tambroni esempio di “presenza nelle dinamiche parlamentari”?), ha idealizzato un ruolo del MSI contro il terrorismo innegabile, ma che dimentica come in esso si sono formati numerosi membri dei gruppi eversivi di destra, e soprattutto è stata permeata dall’ideologia sottesa nell’affermare che il popolo li ha votati.

Le analogie con il ventennio le lascio identificare al lettore.

Prima delle elezioni politiche scrivemmo che la Costituzione valeva bene un’alleanza. La democrazia la vale ancora di più. Nell’immediato speriamo che questo faccia riconsiderare la scelta scellerata di cedere il Lazio alla destra, come scommessa per qualche seggio in più alle Europee del 2024.