L'ANALISI. La politica, l'etica e la Calabria

L'ANALISI. La politica, l'etica e la Calabria
‘’Alla radice dello spirito di corpo è l’ambizione di una persona o di un piccolo gruppo di persone. L’elemento  psicologico e morale più forte dello spirito di corpo è il punto di onore, dell’onore del corpo, si intende, che crea le
passioni più sviate e deteriori. La lotta contro lo spirito di corpo deteriore è la lotta del tutto contro la parte, della
collettività contro le ambizioni dei singoli e contro i privilegi, dello Stato contro le caste e le ‘associazioni a delinquere’”. Scriveva cosi’ un po’ di tempo fa Antonio Gramsci.

Questo tema dello Stato contro le caste ha via via assunto nel corso di un secolo altri caratteri, altre denominazioni ma il punto di fondo resta sempre quello che il grande politico e intellettuale sardo intravide a suo tempo. C’è, cioe’, un tema etico che la politica italiana e calabrese deve affrontare nella gestione della cosa pubblica e l’etica della responsabilità riguarda tutti.

Parliamo della Calabria: negli ultimi trent’anni il centrodestra ha governato per 20 anni e il centrosinistra 10.  Nessuno può esimersi dalle responsabilità, ne’ tantomeno scaricare ad altri responsabilità proprie o, peggio, ergersi a paladino, difensore, tutore o cantore e far quasi da grancassa per l’azione di altri poteri dello Stato. Si potrà dare una narrazione diversa della Calabria solo quando le classi dirigenti saranno, infatti, all’altezza per davvero delle
potenzialità e delle bellezze della nostra regione, al di la’ degli improvvisati proclami di attori famosi per un giorno
scarrozzati in visita a Tropea o ai capodanni di la’ da venire per il 2023 e il 2024. La lotta alla corruzione non si fa a parole, con le dichiarazioni o i comunicati stampa, ma solo nelle scelte quotidiane sulle politiche, sulle persone e sugli incarichi istituzionali.

Il segretario della Cgil, Angelo Sposato, ha usato parole a tal proposito nette: ‘’non abbiamo scelto noi di svuotare la
vertenza Calabria che aveva ben altre priorità rispetto al ponte sullo Stretto e l’autonomia differenziata. Noi abbiamo
proposto di fare un grande piano per il lavoro sull’ambiente e la manutenzione del territorio, e nelle aree Zes investimenti su politiche industriali ed il rilancio di Gioia Tauro e delle altre strutture. Chiedevamo assunzioni e
stabilizzazioni nella sanità ed abbiamo un aumento vertiginoso delle liste di attesa e lo svuotamento di fatto della sanità pubblica verso il privato. Abbiamo posto il problema infrastrutturale della SS 106 e della elettrificazione della ferrovia Jonica ed invece sono spariti anche i fondi per l’alta velocità. Il governo risponde con l’autonomia differenziata e il ponte sullo Stretto, non ci siamo per niente”.  

Le questioni concrete della politica queste sono. Anzi dovrebbero essere queste, perche’ sullo sfondo c’e’ la questione irrisolta di cui sopra: cos’è stata, e cosa molto probabilmente è ancora (e per quanta parte?), la
gestione del potere politico in Calabria? Quanto contano le forme di clientelismo ai fini della raccolta del consenso? C’e’ o no una visione distorta del funzionamento della cosa pubblica? Se la politica vuole riformare la politica, cioe’ se’ stessa, diventa imprescindibile dare risposte a queste domande e trovare soluzioni. Se invece le soluzioni (presunte) si buttano a trovarle altri allora tutto diventa non piu’ facile ma maledettamente piu’ difficile, complicato, intricato, alla fine impossibile.

Il ritardo generalizzato e intollerabile del sistema politico calabrese, di centrosinistra e di centrodestra, nel rinnovarsi dalle fondamenta, nel procedere verso consistenti forme di ricambio, generazionale e non, nel comprendere che le dinamiche accettate nel secondo ‘900 sono superate, e’ pericoloso e improponibile. Qualcuno ha chiesto ai partiti e ai loro massimi rappresentanti, ai parlamentari e ai consiglieri regionali, una sorta di assemblea permanente per
fissare nuovi paletti in modo bipartisan. E il primo enorme paletto da piantare è proprio quello dell’eticita’ dei comportamenti, della loro limpidezza, del loro essere lontani da mondi ovviamente criminali ma anche da mondi opachi, da soggetti che svolgono proprio questa funzione, a destra come a sinistra.

E che evidentemente trovano varie sponde. Perché le scelte dei personaggi ai quali affidare ruoli talora decisivi, o comunque importanti e talora anche ben remunerati, le fanno i partiti e i capipartito, magari più propensi a contare voti e preferenze che non le qualità e i meriti. Occorrerebbe, dunque, mutare rotta rapidamente a 360 gradi. Le nomine e gli incarichi dovrebbero essere attribuiti non perché potenzialmente funzionali a sistemi di potere, ma perché utili per migliorare il governo della cosa pubblica. Sarebbe una prima cosa, non molto ma moltissimo.