SCOPELLITI. Gigante in Calabria, coi piedi d’argilla a Roma

SCOPELLITI. Gigante in Calabria, coi piedi d’argilla a Roma

PdA     di MASSIMO ACQUARO - La sfida di Renzi emerge oggi in tutta la sua inestricabile complicazione. Lui l'ha definita una partita a scacchi. Sarebbe facile se fossi così. A scacchi l'obiettivo è semplice: neutralizzare tutte le mosse dell'avversario e puntare al re. Più complicato se un po' di pedoni, un cavallo ed una torre fanno il tifo per la squadra avversa e ti fanno lo sgambetto.

Renzi minaccia un accordo sulla legge elettorale con Berlusconi e Grillo,

è un bluff ovviamente. Vuol fare innervosire Alfano e Letta, ma sa bene che con quei due intese non ce ne possono essere. Un maggioritario a doppio turno sarebbe la fine dei Forza Italia e del M5S, quindi è una finta. Come seconda opzione ha quella di imporre un pacchetto di riforme istituzionali da un miliardo di euro, tagliare il Senato, fare a pezzi un po' di consiglieri regionali e comunali, accelerare con la rottamazione della rappresentanza politica in enti, fondazioni, comitati e roba varia. Naturalmente l'obiettivo sarebbe quello di incassare un po' di voti dei grillini e degli ex-berlusconiani in astensione e andare a votare con una legge elettorale scelta con Letta ed Alfano. Soluzione più praticabile in teoria, ma che presenta un piccolo inconveniente: tutti i parlamentari sono stati eletti (meglio, nominati) con il porcellum e un 90% di loro andrebbe a casa senza più alcuna speranza di tornare a galla. Ve lo immaginate che il parlamento si autoaffonda per dare spazio a Renzi ed ai suoi? Saranno gli stessi parlamentari del PD a tagliargli la gola (in senso metaforico) alla prima occasione. Il neo segretario lo sa bene, potrà avere in pugno il partito, ma non può contare sui parlamentari, anche sui suoi (tranne i fedelissimi di sempre). Renzi è solo. Una vittoria resa zoppa dalla impossibilità di convincere i parlamentari ad andare a casa.

Quindi?

Primo scenario, in cui si intravede lo zampino del Quirinale, far credere al Matteo che le riforme si faranno, partire in gran cassa e poi rallentare tutto sino allo sfinimento tra Commissione e aula. Renzi ci perde la faccia, la gente lo prende a pomodori alla prima occasione e la rottamazione si chiude in tutta fretta con il quarto segretario del PD in cinque anni cucinato e mangiato in un batter d'occhio.

Secondo scenario, Renzi non si fa fregare, mette i suoi candidati alle elezioni europee del 2014, misura la propria forza e probabilmente vince. Parte con un pacchetto di riforme a breve termine (la legge elettorale in primis), mette alle corde il parlamento che non vuole votarla (mai visto i tacchini tifare per il Natale) e nel giro di pochi mesi urla contro il palazzo, stacca la spina al governo e ci porta al voto con il porcellum. Salti di gioia dei renziani tutti sistemati, con Berlusconi e Grillo felici come a Pasqua, visto che si tratterebbe di una vera resurrezione per loro.

Terzo scenario, Renzi punta Alfano, lo smonta, lo manda a casa alle europee sbriciolandogli il partito sotto la spinta convergente di Berlusconi e Grillo. Le elezioni europee si annunciano come un plebiscito contro l'Europa e l'euro, la gente è furibonda e voterà con durezza contro la casta e Bruxelles. Se Letta è furbo smette di parlare e lascia ad Alfano, alla ricerca disperata di volti, il compito di dire - come ha fatto ieri - che lui non è con la protesta in piazza, ma dalla parte dei cittadini. Un suicidio politico. Per le strade tutti, ossia tutti, persino la polizia, fanno il tifo per i forconi ed i manifestanti. Il serioso e borghese Alfano sarà stritolato se non cambia registro. Ma come fare? lo spazio a destra lo ha subito occupato un Berlusconi barricadero e sempre rapido nelle sue mosse, quindi Alfano non sa dove andare. Rischia di essere un un Monti o un Casini in sedicesimi, sotto il 4% della soglia di sbarramento per il parlamento europeo. Brutta storia.

Resta la Calabria, dove renziani e cuperliani si stanno facendo (e si faranno) una guerra senza quartiere a tutto vantaggio di Scopelliti, il quale però ha un problema serio: se scende in campo alle europee per tirare voti a favore di Alfano rischia di essere travolto da una linea politica nazionale troppo distante (mi pare) dagli umori del paese. Se resta in panchina non si vede chi in Calabria potrebbe portare voti alla causa. Scopelliti è nei pasticci e lo sa bene. Non lo preoccupano i processi o la sorte di Arena, non urla contro la Bindi perché pensa alla sua Reggio. Comincia ad intuire che si è messo in un pasticcio, il suo capo (c'è poco da fare) il quid non ce l'ha e non bisogna scomodare Manzoni per sapere che se uno il quid non ce l'ha non se lo può dare. Diciamocelo, dopo dieci minuti stanca e non accende entusiasmi. Alla presentazione del nuovo partito, presente Scopelliti, il più grande applauso si è levato quando ha citato Berlusconi. I suoi sembrano il dr. Stranamore, gli scatta l'applauso al solo sentire il nome del cavaliere, così in modo irriflesso come un tic, come una malattia da cui non si guarisce mai. Complicato, davvero complicato. Scopelliti è un gigante (in Calabria) con i piedi d'argilla (a Roma).