di ALDO VARANO -
UNO. Notizie e testimonianze sul caso della signora Ferro mostrano un quadro sempre più inquietante che nella migliore ipotesi racconta pasticci e incapacità diffusi ma purtroppo non esclude ipotesi da codice penale come la falsificazione di una legge voluta da un Consiglio che, sia pure malamente, rappresentava la volontà dei calabresi.
Sandro Principe, una vita dentro le istituzioni a fare leggi, sa di cosa parla, ed esclude di avere mai discusso la norma che blocca l’ingresso del capo dell’opposizione in Consiglio, il cosiddetto miglior perdente. Di più e di peggio: s’è meravigliato quando, ad elezioni avvenute, ne ha appreso l’esistenza.
La testimonianza, raccolta da Raffaele Nisticò per il Garantista, modifica la sostanza del quadro fin qui conosciuto. Principe dice: il Pd si oppose e non partecipò al voto in Aula e aggiunge soprattutto di non aver mai discusso quella norma.
DUE. Sapevamo che la discussione della legge che comprende la norma era stata sottratta alla Commissione consiliare competente da una richiesta dell’Ufficio di presidenza (o di una parte?) e spostata alla Conferenza dei capigruppo, procedura legittima ma inconsueta. Però Principe, componente dei più autorevoli della Conferenza dei capigruppo smentisce di aver mai discusso la norma scaccia-opposizione. Dice la verità e ricostruisce con precisione: ha troppa esperienza per sbagliarsi. Del resto, c’è un qualche straccio di verbale da qualche parte della vicenda? Domanda che significa: chi ha portato quella norma in Consiglio, se quella norma è veramente essere passata dal Consiglio? Un nome, una firma, una tracciabilità: possibile non ci sia nulla?
TRE. Il consigliere Morrone, che di quella norma è il fortuito beneficiario, e che era capogruppo di Fi all’epoca, ha teorizzato la correttezza dello scaccia-opposizione dopo il divieto del voto disgiunto. Pasizione e ragionamenti legittimi. Ma queste sofisticate valutazioni pare non si siano mai svolte da nessuna parte. In Consiglio, no. Nella Commissione, neanche. Nella Conferenza dei capigruppo, Principe lo esclude. Come si è materializzata la decisione se è mai stata votata in Consiglio e non aggiunta dopo fuori dall’aula? Principe, correttamente, avverte sulla possibilità di un equivoco in sede di coordinamento formale, cioè l’attività tecnica che dopo il Consiglio rivede il testo rendendolo protocollare oggettivo e inequivoco. Per Principe, anche senza malizia, il coordinamento formale può stravolgere una legge. Ma il coordinamento viene fatto dagli uffici del Consiglio e di curioso c’è che dal Consiglio emergono segnali di turbamento e meraviglia della norma “ammazza capo-opposizione”. Perfino componenti dell’Ufficio di presidenza si sono sorpresi nell’apprenderne l’esistenza legittimando (almeno come ipotesi di scuola) la possibilità che quel punto della legge sia stato sostanzialmente modificato rispetto alla volontà del legislatore.
QUATTRO. Il Ministero dell’Interno, ricevuta la legge, ha dubbi sull’articolato che non si capisce e chiede lumi. Il Consiglio, dove la legge è stata (sarebbe stata) votata e coordinata, si chiama fuori e delega al chiarimento la Giunta. Perché? Sul punto, non sono mai arrivati chiarimenti. I rapporti con l’Interno li ha, quindi, la Giunta dove (Scopelliti non c’è più) c’è quel che resta, dalla Stasi a Tallini ad altri. Chi decide chi mandare a Roma? Con quali indicazioni? Il verbale romano dell’incontro spiega che i tecnici della Giunta escludono la possibile elezione del capo dell’opposizione. I tecnici della Giunta (quali?) con chi si sono confrontati prima di andare a Roma? E di ritorno chi hanno avvertito? E quando affiorata la dicerìa sulla novità perché lo spezzone di Giunta in carica si chiude nell’omertà e non chiarisce?
CINQUE. Il pasticcio o (procediamo per ipotesi) la falsificazione della norma ammazza-opposizione (ragiono sulle notizie ufficiali esistenti) s’è, quindi, per intero consumata nella casa del Centro Destra che ha nel frattempo (senza avvertirla) candidato la Ferro. Il Consiglio di presidenza del Consiglio è nelle sue mani. La giunta, pure. La legge il Cdx se l’è votata da solo in un’Aula senza il Csx. Le opinioni di Tallini, e perfino della signora Ferro, che chiamano in causa Oliverio, sono molto discutibili e sembrano chiedere al Governatore un intervento riparatore su manovre pasticciate o addirittura illegali cucinate in casa Cdx. Insomma, gli avversari di Oliverio avrebbero fatto una pocheria e ora il Governatore dovrebbe ripulire la vergogna. Ma i fatti non possono piegarsi a opinioni o desideri: funziona al contrario. C’è poco da girare intorno, quando Oliverio dice che la legge è stata voluta e votata dalla maggioranza, di cui era parte autorevole Tallini, ha ragione. Lui non c’era. Né nell’aula in cui Tallini ha (avrebbe) votato la norma, né nel Consiglio dove non si capisce bene cosa sia accaduto, né soprattutto nella Giunta che ha gestito l’invio a Roma dei tecnici che ne hanno sancito l’interpretazione (prassi sconosciuta al diritto).
Altra cosa è la richiesta, ragionevole, che il presidente del Consiglio e quello della Giunta accertino, per quanto nelle loro competenze e possibilità, cos’è veramente accaduto e stabiliscano se hanno prevalso l’inettitudine o i falsari. Una proposta difficilmente, a noi pare, non accettabile.