JOLE SANTELLI: Fi è Berlusconi: va amato. Tutti gli altri siete nessuno

JOLE SANTELLI: Fi è Berlusconi: va amato. Tutti gli altri siete nessuno

Santelli e B     di RICCARDO TRIPEPI -

Alla vigilia di Pasqua Jole Santelli fornisce la sua “rappresentazione” di Forza Italia. Per farlo sceglie, come sempre più spesso le capita, facebook. La coordinatrice regionale ha creato una nuova pagina social per spiegare il momento che gli azzurri stanno vivendo.

La sua chiave di lettura è chiara: Forza Italia è ancora un partito leaderistico e in esso non ha senso parlare di correnti. “Leggo che ci sarebbe una corrente di Fitto, una corrente di Verdini ed una corrente di Maria Rosaria Rossi – afferma Jole Santelli - Leggo ancora che i calabresi sarebbero distinti e troverebbero casa nelle varie correnti. Anche io mi ritrovo iscritta in una corrente. Per chiarire meglio ed evitare di mandare un messaggio in totale contrasto con quello che mi sforzo giornalmente di dire ed attuare per quanto mi riguarda Fi non ha correnti. Per quanto io credo e penso l'idea stessa di creare una corrente significa mettere in discussione l'impianto di un partito leaderistico e quindi mettersi contro Silvio Berlusconi. Fi è un partito anomalo perché orizzontale, riconosce un solo capo, Berlusconi, cui nessuno, vis à vis ha il coraggio di mettersi contro in modo palese se non premettendo di farlo in nome del berlusconismo”.

Un concetto duro da digerire per chi, a tutte le latitudini, si sforza di inserire meccanismi di democrazia (ad esempio le primarie) in un partito che sta subendo una vera e propria emorragia di consensi da quando Berlusconi ha dovuto lasciare l’incarico di premier.

La Santelli, però, un punto lo centra. Per quanto gli esponenti delle varie correnti critichino le gestioni attuali non hanno poi il coraggio di esporsi o di arrivare allo scontro finale. Non lo fa Raffaele Fitto, non lo fanno in Calabria gli esponenti principali del dissenso interno (Galati, Foti, Mancini e compagnia cantante). Il prezzo di uno scontro frontale con il leader, così come lo chiama Jole, sarebbe troppo elevato. Ne sa qualcosa Gianfranco Fini e, probabilmente, ne saprà presto qualcosa anche Angelino Alfano.

“È l'incompatibilità genetica di essere antiberlusconiani in Fi che determina una serie di ambiguità – spiega ancora la coordinatrice regionale - Perché la differenza effettiva fra un partito tradizionale ed un partito leaderistico è che il primo gioca sul campo dell'autorità, si misurano le componenti in campo in relazione alla dimostrazione di forza di ciascuna di esse. Il secondo poggia sul carisma e sull'autorevolezza del Capo, il Capo non è mai temuto ma amato, il Capo affascina ed unisce, soprattutto il Capo lega a sé l'elettorato in modo diretto e senza elementi intermedi, al contrario del partito tradizionale costruito su gerarchia e conquista di gradi. Sono due modi diversi d'intendere il rapporto con le persone, farsi temere, stimare o legarle a sé da interessi oppure farsi amare. Essere Capo o Amico. Il partito leaderistico è una tavola rotonda dove trionfa il confronto, ma le idee di ciascuno hanno il medesimo valore di aiuto al Capo che fa sintesi e decide”.

E, traducendo la rappresentazione in termini volgari, fino a quando ci sarà Berlusconi in sella è assai difficile che qualcosa cambi anche nella gestione del partito calabrese.