LA NOTA. democrat calabresi si spaccano. Stumpo, Bossio, D’attorre e Bindi contro Renzi

LA NOTA. democrat calabresi si spaccano. Stumpo, Bossio, D’attorre e Bindi contro Renzi

La Camera   di RICCARDO TRIPEPI -

Alla fine passa la linea più oltranzista. E i parlamentari calabresi appartenenti alla minoranza del Pd decidono di non votare la fiducia al governo Renzi sulla legge elettorale, eccezion fatta per il vibonese Bruno Censore. La decisione è stata assunta al termine di una lunga e tormentata riunione notturna durante la quale è stata scartata l’ipotesi di poter votare la fiducia al governo e poi bocciare nel merito il provvedimento al momento dell’ultima votazione a scrutinio segreto.

A fare impuntare Bersani e Speranza è stata la lettera di Renzi, apparsa sui media nazionali, con la quale il premier ha spiegato che non si trattava di una fiducia all’esecutivo nel senso classico del termine, ma piuttosto di un modo per capire chi davvero voleva le riforme o meno all’interno del partito. Ed allora i duri e puri della minoranza hanno chiesto fermezza di posizioni. E i calabresi, che pure avevano provato a mediare, si sono adeguati. Ad Alfredo D’Attorre e Rosy Bindi (oriundi eletti nella nostra Regione), che fin da subito avevano annunciato il proprio dissenso alla linea scelta dal premier, si sono aggiunti Nico Stumpo e Enza Bruno Bossio.

Censore ha deciso di determinarsi in altro modo ponendo sicuramente una questione all’interno della corrente. «La mia posizione è chiara – ha spiegato il parlamentare di Vibo - Sono un uomo di partito. C’è stata una direzione nazionale, c’è stata l’assemblea del gruppo che si sono espresse. Pur essendo di minoranza penso di aver agito con coerenza. Del resto in Area riformista altri 50 hanno votato la fiducia. E ieri notte Roberto Speranza ha dato libertà di voto».

Enza Bruno Bossio spiega la decisione assunta. «Avevamo fatto tutto, compreso il voto sulle pregiudiziali, per fare in modo che Renzi non ponesse la fiducia sull’Italicum. Il premier ha deciso in maniera diversa non dandoci neanche la possibilità di modificare una legge elettorale che non condividiamo. La lettera di Renzi, firmata anche da Magorno che ha agito da appartenente ad una corrente e non da segretario regionale, ha poi provocato la presa di posizione di Bersani e Speranza alla quale abbiamo deciso di uniformarci. Ovviamente non votare la fiducia è un segnale molto più forte che votare no alla legge nel suo complesso all’ultimo scrutinio quando il voto è segreto».

Insomma la spaccatura c’è ed è bella evidente. Anche se la Bossio precisa: «nessuno ha intenzione di uscire dal partito. Si tratta di discussioni che possono considerarsi normali in una forza politica che punta ad arrivare al 40% e non può essere un monolite».

La Bossio, poi, esclude altre conseguenze sugli equilibri calabresi. «In Calabria c’è ancora di più la necessità di stare uniti per risolvere i gravi problemi della nostra Regione».

Chiaro, però, che avere il governatore appartenente alla corrente di minoranza che si è opposta al premier qualche questione potrebbe anche porla. Considerato poi che i rapporti tra Oliverio e i renziani non è che ultimamente siano stati idilliaci, come ampiamente dimostrato dalle vicende relative alla scelta del Commissario per il piano di rientro dal debito sanitario e dalla querelle infinita Lanzetta-De Gaetano-Delrio.

Altro elemento da valutare, inoltre, è che il drappello dei deputati eletti in Calabria ha dimostrato di incarnare la spaccatura tra le due aree del partito, come suggerisce il fatto che i renziani Demetrio Battaglia, Nicodemo Oliverio, Stefania Covello e Ernesto Magorno, abbiano votato la fiducia al premier. Anzi, e la Bossio lo ha sottolineato, assume particolare rilevanza non tanto il voto di Magorno, ma la decisione di sottoscrivere il documento renziano smarcandosi dal ruolo super partes che la carica di segretario regionale avrebbe forse potuto suggerire.

Il puzzle democrat, insomma, si presenta assai complicato e i mesi prossimi, c’è da giurarlo, non saranno semplici né per Oliverio, né per Magorno, almeno fino a quando il quadro nazionale non si sarà meglio delineato. Con la speranza che la discussione interna non si traduca in ulteriori, e probabilmente letali, ritardi nell’azione di governo di Mario Oliverio.