di MARCELLO FURRIOLO
- Capita anche questo: la colpa è dei calabresi, mai contenti, prima per la nomina della mezza giunta politica di Oliverio Presidente, poi caduta sotto i colpi micidiali di Rimborsopoli e sono ancora meno contenti ora che Oliverio Presidente ha partorito una giunta tecnica, che spazza via, almeno apparentemente, tutti i legami con l’apparato politico di fede PD.
Sembra questa la nuova frontiera del pensiero più accreditato sui media vicini all’entourage di Mario Oliverio.
Colpa sempre dei calabresi perché votano e osano essere perplessi all’avanzata dei tecnici in politica...
I calabresi, come si sa, hanno o hanno avuto attribuite storicamente tante, innumerevoli colpe a cominciare da quella vulgata medievale di aver trafitto il costato di Gesù, all’essersi resi responsabili dei più efferati crimini briganteschi contro l’autorità dello stato. Una lunga serie di misfatti, veri e presunti, che hanno consegnato al mondo l’immagine obliqua di un popolo aduso ai soprusi perché condannato alla sottomissione del potere e della forza, uomini o natura, poco importa. Perché la vita e il tempo dei calabresi sono stati sempre segnati dalla continua lotta tra il bene e il male, la violenza delle acque, il tremore devastante della terra, il peso dell’autorità esterna e le gabelle dei padroni, le fiammate libertarie, l’utopia e la cruda realtà, l’abate Gioacchino e il brigante Musolino.
In un contesto in cui non è facile tracciare i confini dei caratteri identitari del popolo calabrese risulta a volte più facile uscire dall’angolo in cui ci ha condotto una situazione politica regionale assolutamente senza precedenti, facendone ricadere le scaturigini proprio al topos del calabrese che provoca e subisce, che è causa ed effetto del suo stesso male.
Non c’è dubbio che per troppo tempo i cittadini di questa regione hanno accettato o delegato alla più mediocre classe politica e dirigenziale i destini e le pur scarse opportunità di sviluppo e di cambiamento. Basta pensare al degrado e all’abbandono delle nostre città, basta dare uno sguardo alle strade, entrare in una corsia d’ospedale, un pronto soccorso, nelle scuole, varcare i cancelli di un cimitero, la sala d’aspetto di una stazione ferroviaria, il servizio di una trattoria a mare, le camere di un hotel a tre stelle, l’arroganza degli addetti ai fondamentali servizi pubblici comunali, il sussiego dell’apparato burocratico statale...
Al punto da rendere sempre attuale, malgrado tutto, l’indagine condotta da Robert Putnam sulla mancanza di tradizione civica dei meridionali e dei calabresi in particolare, che sarebbe alla base della nostra arretratezza economica e sociale e non viceversa.
Ma la politica, in tutto questo non ha nulla da rimproverarsi?
Se dopo otto mesi la Calabria non ha ancora una Giunta regionale, anzi ne ha addirittura una e mezza, di cui mezza politica in prorogatio, e una tecnica in attesa di entrare in funzione, è veramente colpa dell’atavica indifferenza dei suoi cittadini? O piuttosto non è responsabilità di chi utilizza il mandato popolare strumentalmente e solo al fine di assestare a propria immagine l’edificio del potere?
La vicenda greca ha dimostrato drammaticamente quanto la volontà popolare possa essere destabilizzata, infrangendo il presupposto basilare della democrazia diretta. Figurarsi quale può essere il peso della volontà popolare in un sistema come quello elettorale italiano, in una regione da sempre governata da controfigure del potere centrale, in un contesto di crisi sistemica dell’organizzazione del consenso e di squallida autoreferenzialità dei partiti!
Forse, allora, la prima vera rivoluzione che potrebbe partire dalla Calabria sarebbe quella di una politica che sa assumersi le proprie responsabilità, che, quando si verifica un fatto sconveniente come quello dell’indagine “erga omnes”, che è vero che significa “contro tutti”, ma non credo avesse l’intendimento di rivolgersi a tutto il mondo politico, passato, presente e futuro, sappia mantenere la lucidità e la freddezza necessaria per dare alla Calabria un governo normale per una regione la cui massima aspirazione, oggi, è quella di conquistare la normalità della propria convivenza civile. Il governo dei tecnici non è la norma è solo la sua scorciatoia. Che i calabresi subiscono.
*la foto ritrae un quadro di natino chirico (2013).