
DUE. Piepoli ha ragione? Difficile dirlo. Ma nei giorni successivi alla sua intervista (12 e 13 maggio) molti giornali (eccezion fatta per Travaglio e Gruber) hanno intensificato (senza mai citarlo) elementi di cautela sul grillismo e l’uso spregiudicato di Rousseau fatto dalla Casaleggio. Del resto, dietro i giudizi di Piepoli non è difficile immaginare, più che saggezza politica, un uso “tecnico” dei numeri della storia elettorale del paese dal 2013 in avanti, numeri seppelliti, cancellati o stravolti dall’astratto dibattito sulla collocazione a destra o a sinistra del M5s.
TRE. Ma andiamo con ordine. Nella tarda serata del 25 febbraio del 2013, quando diventarono noti i risultati delle elezioni politiche, gli italiani scoprirono che il centrodestra guidato da Berlusconi, che nel 2008 aveva avuto 17 milioni di voti era sceso sotto i 10 milioni perdendone 7mln e 141.656. In più, l’Udc da 2Mln e 50mila era precipitato a 608.210. Una perdita secca totale, per l’antica area del centrodestra, di 8Mln e 583.675 voti. Inoltre, gli italiani appresero che un nuovo partito, il M5s di Grillo e Casaleggio, aveva conquistato 8Mln 689mila e 458 voti. Altra notizia: Bersani perdeva circa 3 milioni e mezzo dei voti raccolti in precedenza da Veltroni: la più grande sconfitta della storia della sinistra italiana. (È quindi falso il teorema di D’Alema, Bersani e Speranza per cui Renzi ha fatto fuggire milioni di elettori dalla Ditta, perché in realtà i voti mancati al Pd alle amministrative del 2016 si erano già volatilizzati alle politiche del 2013, segretario Bersani). Ovviamente, sarebbe un azzardo sostenere che gli 8 milioni e rotti voti del centrodestra siano in blocco diventati gli 8 milioni e rotti del M5s del febbraio 2013. Non funziona così nei flussi elettorali. Ma che la parte ampiamente maggioritaria del M5s venga (fisicamente) dal centrodestra non può essere messo in dubbio.
QUATTRO. Ma c’è un altro punto che apre interrogativi di fondo sul Ms5 e il suo futuro. Un’analisi fredda, lontana da enfasi entusiasmo e tifo, deve tener presente che il M5s, sondaggi e valutazioni a parte, non ha mai verificato fino ad ora la solidità del proprio exploit del 2013. Meglio: ogni volta che lo ha fatto o ha preso dei colpi importanti (elezioni europee) o ha avuto affermazioni di difficile e non univoca interpretazione. Con l’eccezione di Roma, che nessun serio studioso metterebbe tra i propri dati perché il disastro costruito da centrodestra e centrosinistra ne fa un’anomalia non utilizzabile in alcuno schema interpretativo. Il M5s alle ultime elezioni amministrative trionfa in tutti i ballottaggi dove, però, al primo turno è sempre arrivato molto dietro al centrosinistra (tranne a Roma dov’è primo; a conferma dell’anomalia di cui sopra). Colleziona sindaci perché nei ballottaggi comunali il terzo arrivato (il centrodestra, spesso diviso) per fottere il primo (il centrosinistra) vota il secondo (il M5s). Insomma, anche alle amministrative in cui il M5s vince, hanno registrato un primo turno con un Grillo in affanno un bel po’ dietro Renzi.
CINQUE. Questo quadro sembra spiegare la convergenza tra Berlusconi e Grillo sul sistema elettorale. Infatti, l’altra anomalia italiana che (forse) indebolisce la previsione di Piepoli sul futuro disastro del M5s e la vittoria possibile del centrodestra è quella di un centro (del centrodestra), diversamente da altri paesi o dalla Francia, pesantemente condizionato da una destra impresentabile ( Salvini e Meloni) che in Europa sembra non funzionare. Insomma, col maggioritario e la destra unita non è detto vinca Berlusconi. Da qui la voglia del 40% del maggioritario di Renzi e la spinta di Berlusconi (e del M5s) per il proporzionale.