Gli scatti di Erasto Trujillo, un viaggio dentro le profondità del cuore.
E parliamo di fotografia! E di uno dei fotografi – Erasto Trujillo - che a me piacciono di più ed evidentemente non solo a me, se mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sul suo modo di “scrivere” attraverso la fotografia. Metto subito le mani avanti: sono necessariamente e spudoratamente di parte, perché onestà vuole che dichiari che la persona in questione è coautore con il sottoscritto del libro Alchimie; ed inoltre se l’eventuale lettore di queste poche righe si aspetta chissà quali competenze dal sottoscritto, corre il rischio di avere una cocente delusione. Purtroppo, e lo scrivo con rammarico, di una foto posso dire se mi piace o meno. Niente di più.
Fatta questa necessaria premessa ci provo a raccontare il cammino dentro un’esperienza iniziata circa tre anni fa con un obiettivo: scovare ed esaltare la Bellezza mettendo insieme parole ed immagini; condividere ciò che stupisce, che ha un significato profondo.
Ma c’è un piccolo problema intorno al concetto di Bellezza nell’approccio di Erasto Trujillo. La Bellezza, comprende anche ciò che è sofferente, che fa fatica, e quindi qualcosa che può provocare turbamento, spiazzare, che costringe a pensare per trovare e ritrovare in qualche modo e da qualche parte l’umano che è nell’altro da sè; anche quando sta nascosto sotto un cumulo di pietre che sbarrano l’accesso alla profondità di se stessi. Perché quello fatto con Erasto Trujillo è stato un viaggio dentro le profondità del cuore, dentro i suoi abissi, dentro l’intreccio di luce ed ombre. “L’immagine è per me qualcosa che ti viene incontro, se la desideri, se la cerchi”. E non è per nulla spasmodico il cercare di Erasto Trujillo: “Io ho un vizio nello scattare le mie fotografie: ascolto molto la realtà in cui mi trovo. Se non riesco ad ascoltare non ce la faccio a scattare una foto. La mia fotografia è come un taccuino che a volte contempla anche lo stare in un posto per più giorni e non scattarne neanche una”.
E questa impostazione costringe l’altro a camminare con lentezza, ad apprezzare le pause, i silenzi, l’incertezza che caratterizza il viaggio. A stupirsi delle intuizioni improvvise ed inaspettate. E questo che è successo a me nell’esperienza con Erasto. Cercare con pazienza e non senza fatica di sintonizzare aspettative differenti, di armonizzare vissuti diversi. Insomma un esercizio costante e ripetuto che piano piano diventa assimilazione, nutrimento reciproco, e che apre alla scoperta progressiva di segreti insospettati.