Enzo tortora

“Portobello”, una delle trasmissioni ascritte a tutti gli effetti fra quelle epocali della televisione italiana. Nella foto, Enzo Tortora. Immagine tratta dal web.

 Dunque, dove eravamo rimasti?” è una delle frasi più celebri della Storia della televisione italiana, proferita il 20 Febbraio 1987 da Enzo Tortora, il popolare presentatore, ideatore e conduttore di “Portobello”, una delle trasmissioni ascritte a tutti gli effetti fra quelle epocali della televisione italiana; la frase fu pronunciata in occasione del suo rientro alla conduzione dopo una pausa “forzata” di quattro anni a seguito delle vicende giudiziarie cui fu vittima e protagonista, accusato da un “pentito”, rivelatosi in seguito un mitomane, di collusione con la camorra e di traffico di stupefacenti, arrestato il 7 Giugno 1983 (il suo arresto, operato in orario diurno, fu ripreso dalle telecamere RAI), rinchiuso in carcere preventivo per sette mesi, processato ed in primo grado condannato a 10 anni di reclusione, assolto con formula piena dalla Corte di Appello di Napoli  che riconobbe il presentatore come del tutto estraneo ai fatti a lui contestati, sentenza resa poi definitiva dalla Corte di cassazione il 13 giugno del 1987.

La trasmissione, ideata dal conduttore, dalla sorella Anna e dal pubblicitario Angelo Citterio, partì nel 1977: Tortora rientrava in TV dopo un allontanamento durato otto anni dalla televisione italiana scaturito da una intervista rilasciata al settimanale Oggi in cui criticava pesantemente l'ente di Stato e il monopolio televisivo; decise di proporre un format che prendeva spunto dal “Portobello road”, la celebre strada londinese situata nel quartiere di Notting Hill, dove esiste un mercato che vi si tiene quotidianamente e che attira numerosissimi turisti, particolarmente il sabato quando vi prendono parte molti espositori di antiquariato, e creò un format, innovativo per l'epoca, basato sull'idea di un mercatino dove i partecipanti potevano vendere le loro invenzioni o cercare oggetti facendosi contattare dal pubblico da casa attraverso telefonate in diretta che venivano ricevute e filtrate dal Centralone, un gruppo di telefoniste guidate da Renée Longarini; alcune di queste telefoniste divennero note personalità del mondo dello spettacolo e del giornalismo come ad esempio Paola Ferrari, Eleonora Brigliadori, Gabriella Carlucci, Carmen Russo e Susanna Messaggio,.
Un momento molto atteso era quello in cui una persona, pescata a caso tra il pubblico in studio, tentava di accaparrarsi una somma in denaro, cercando di far pronunciare al pappagallo Portobello, simbolo del programma, il suo nome in trenta secondi; la prima persona a riuscire nell'impresa fu, nel 1982 (dopo ben cinque anni di tentativi andati a vuoto), l'attrice Paola Borboni: la popolare attrice teatrale, già piuttosto anziana, che con la sua voce leggermente stridula ipnotizzò  l’imperturbabile pennuto. Con il montepremi fu pagato un intervento chirurgico di ricostruzione facciale a un bimbo rimasto ustionato al volto.
La trasmissione diventò un fenomeno mediatico dell’epoca, seguita da uno sterminato pubblico, con punte di 28 milioni di telespettatori, seduti, incollati, alla TV canticchiando la sigla iniziale, composta da Lino Patruno: “Portobello! E’ un mercato pazzerello dove trovi questo e quello e c’è pure un pappagallo con il becco giallo, un tantino picchiatello non sa dire Portobello ma a cantare vuole il ritornello…”, ammirati ed incuriositi dalle invenzioni e dagli oggetti strani ed a volte accattivanti posti in vendita.
La novità trascinante  che determinò il successo della trasmissione fu l’interazione con il pubblico televisivo: per la prima volta lo spettatore non assisteva più passivamente, ma mediante una semplice telefonata poteva partecipare, incidere, interagire direttamente e diventare protagonista: l’idea fu determinante per la TV dei decenni successivi: da allora si intuì che per interessare il pubblico televisivo non fosse più sufficiente la mera rappresentazione di programmi di intrattenimento leggero come varietà o sceneggiati, ma era necessario coinvolgere attivamente lo spettatore.
L’elegantissimo, ironico, pulito Enzo Tortora morì sei mesi dopo la sua definitiva assoluzione, a pochi giorni dalla conclusione di  quell’edizione del programma: le vicende giudiziarie nate dalle invenzioni di un mitomane che aveva sfruttato la popolarità del personaggio minarono irreversibilmente la sua salute:  la cinica, inflessibile ed indifferente TV lo aveva creato, divorato ed ucciso.