Il gelato al cioccolato: fenomenologia del posizionamento in coni, coppette, e vaschette.
Il mistero in questione riguarda l'ordine con cui viene posizionato il gelato al cioccolato in coni, coppette e vaschette, nelle gelaterie, quando il cioccolato è accoppiato con altri gusti. Il fenomeno sembrerebbe riguardare in generale il gusto che l'avventore preferirebbe trovare in fondo al cono, in quanto si tratta del suo preferito e desidera farlo permanere, a consumo ultimato, nella memoria delle sue papille. Ma è facile accertare che la faccenda riguardi con maggiore frequenza il gelato al cioccolato. Tu chiedi: - Mi dia un cono cioccolato e caffè. E il tizio o la tizia, il 100% delle volte introduce prima il caffè e poi il cioccolato. Se l'inversione avviene tra pistacchio e nocciola, può essere che la vaschetta del pistacchio sia più vicina, e questo spinga alla forzatura rispetto all'ordine richiesto. Ma se c'è in ballo il cioccolato, può avercelo sotto il naso e l'altro gusto trovarsi in fondo al bancone: non si scappa: il cioccolato te lo mette per ultimo.
Avevo pensato di spiegare la cosa con l'eventualità che, anche usando palette diverse, il cioccolato messo per primo macchierebbe la paletta del gusto più chiaro, violandone la purezza del colore nella vaschetta. Ma, a parte il fatto che se il secondo gusto è un altro gusto scuro l'inversione avviene ugualmente, c'è da dire che anche il contatto della paletta del cioccolato con il gusto precedente rischierebbe di macchiare quella del cioccolato, con analoghe impurità di risulta.
La soluzione – spesso praticata da me e altri disperati amanti del cioccolato – potrebbe essere chiedere: - Mi dia un cono cioccolato e caffè; prima il cioccolato e poi il caffè, per favore. In questo caso al bancone, specie se c'è fila, fingono di non aver sentito e fanno come gli pare. Tanto tu non sei Meryl Streep ne “Il diavolo veste Prada” e non ti metti a fare polemica per costringerli a rifarlo. Accetti l'avversa sorte e taci. Loro contano su questo. Oppure eseguono, ma con una faccia e delle occhiatacce che provocano sensi di colpa intrecciati come i bassorilievi della facciata di una chiesa barocca. Occhiate che raramente ricevi a una richiesta di limone e fragola. I banconisti della nostra città – ma ne ho esperienza in tutto il territorio nazionale – sembrano appartenere a una setta religiosa che ritiene il cioccolato impuro. Non possono fare a meno di prepararlo e servirlo, ma sono certo che loro apprezzano solo gelato di gusti kosher.
Anche quando ti preparano la vaschetta da 1 kg adottano la stessa strategia, anche se in quel caso i gusti sono accostati, non sovrapposti. E se ci fate caso, per punirti dell'audacia, non solo mettono meno cioccolato rispetto al secondo gusto, ma se richiedi espressamente “meno caffè”, per vendetta ti fanno la vaschetta di 1,2 kg, così paghi e impari, brutto reprobo seguace del demonio. Per non parlare del trattamento riservato al riempimento della povera brioche.
L'unica vera soluzione al problema - no, che avete capito?! Non sparate sul barista! - è purtroppo quella di rinunciare al secondo gusto, sacrificio tutto sommato sopportabile, e chiedere solo cioccolato. Il che va bene per il tuo individuale cono o la tua personale brioche: ma lo sai, vero, cosa ti aspetta di sopportare dai tuoi familiari geneticamente deviati se torni a casa con un chilo e due di gelato al cioccolato?
Pazienza: ti basta la soddisfazione di vedere il tuo avversario, il banconista fondamentalista, gettare la spugna, impotente.