Il sole batteva forte e riscaldava con i suoi raggi la calda estate di Calabria
Profumo di boschi e odore di salsedine, questo era quello che sentivo da piccola quando felice con mia madre attraversavo il canneto prima di arrivare all’agognata distesa di mare. Il sole batteva forte e riscaldava con i suoi raggi la calda estate di Calabria. La mamma portava gioia quando arrivava, io soffrivo le curve della strada che conduceva al paese ed ero ospite della zia Lina che viva di fronte al mare. Le estati erano segnate dall’alternarsi del mare e della montagna. E questo alternarsi avrebbe segnato per sempre la mia vita, la vita di questa bambina vissuta tra lo Stretto e l’Aspromonte. Eh già, lo Stretto sarebbe stato la cornice della mia vita, l’azzurro il colore predominante, il giallo il colore del sole, del caldo sole della mia terra. Non appena finiva la scuola i miei genitori decidevano di recarsi in Aspromonte, a Sant’Alessio, il loro paese d’origine … un paesino di poche anime, dove la vita scorre semplicemente e a cui fa da sfondo una grande macchia di ulivi e dove si gode il fresco profumo dei tigli in fiore. Passavo dunque dal fucsia degli oleandri e delle buganvillee della mia città affacciata sullo Stretto, ai colori affascinanti e alla ricchezza del paesaggio aspro montano.
Dentro di me l’azzurro e il verde, in un’allegra fusione, dentro di me il mare, la collina, la campagna con la sua semplicità, l’essenza delle piccole grandi cose come raccogliere le pigne, così come al mare faccio con le pietre, i pezzetti di vetro levigati dall’acqua e le conchiglie. Era ed è un susseguirsi di emozioni e ricordi. Ed ecco i sapori, gli odori, le amicizie del tempo, i giochi all’aria aperta, il nascondino giù i cortile, strega comanda colore, i giri in bici e le ginocchia sbucciate. Quella bimba ero io!
Al paese, ad agosto, c’era la festa, Caterina era l’amichetta con cui trascorrevo il mio tempo. Era un continuo andare in giro in libertà. Quello era infatti il luogo ideale per i bambini, si usciva al mattino per rientrare a casa solo all’ora di pranzo. Tanti erano i giochi: le larghe foglie di tiglio, diventavano fette di carne impanata nella sabbia lasciata da qualche operaio, le pietre uova e si cucinava, si giocava alla mamma.
La mamma quella vera invece, riempiva di acqua grandi bacinelle ovali blu dentro cui immergere candide lenzuola bianche. Ma il momento che mi entusiasmava di più, era quando le strizzava, faceva dei torciglioni e premeva. L’acqua per me è sempre stata una festa e trovavo molto divertente il suo scorrere nel tubo di gomma che andava a riempire le vasche blu.
E poi “si bandiava”, si vendeva cioè il pesce stocco, perché noi, Caterina ed io, giocavamo anche a quello, approfittando e apprendendo dalla voce melodiosa della pescivendola “bagnarota” che arrivava in paese diffondendo il suo canto … “U piscistoccu che belluu!”.
Per noi anche questo era fonte di gran divertimento!
La sera, mamma e papà, mi portavano al tabacchino, a casa di cugini, la cugina Nannetta e i due Alessini, Alessio il grande e Alessio il piccolo (che poi tanto piccolo non era), rispettivamente il fratello e il figlio della cugina. Si chiacchierava della caccia e dei tempi andati ed era un piacere ascoltare le storie di Alessino, che amava arricchirle con una buona di humor, che non era quello inglese, ma sano humor aspromontano. Poi, quando era il tempo delle ciliegie, era una festa per gli occhi … il rosso dei frutti contornato dal verde smeraldo delle foglie. Si respirava il profumo dell’estate, il profumo delle cose belle, della mia infanzia, della spensieratezza, della gioia, della presenza. Sì, la presenza delle persone a me care, dei punti fermi, che allora ero convinta che non mi avrebbero mai lasciato. Era la vita vissuta come dono, scrigno di tesori, i tesori dell’animo che prende forma nella sua poesia, di cui si nutre ancora anche guardando il mare della Stretto, della Vallata del Gallico, che conduce alla magnificenza del mio Aspromonte.