Non ci si sposa più. Né in Chiesa, né davanti al sindaco. In compenso diminuiscono anche i divorzi. L’unica certezza è quella delle separazioni: stabili da un anno all’altro. Ma oltre a non sposarsi più gli italiani che lo fanno si prendono più tempo prima di decidersi: l’età media di chi si sposa supera di due anni quella di dieci anni fa. E infine: un figlio ogni tre nasce fuori dal matrimonio. E’ l’istantanea scattata dall’Istat sulla famiglia italiana ai tempi del Covid.
Nel 2019, l’anno che abbiamo alle spalle ci sono stati 184.088 matrimoni, 11.690 in meno rispetto all'anno precedente. Il calo riguarda soprattutto il primo matrimonio ma s’abbassano anche le seconde nozze. In compenso ogni 5 matrimoni uno degli sposi si presenta in Chiesa o al Municipio per la seconda volta.
Secondo l'Istat, la contrazione dipende dal calo delle prime nozze. Assumendo come riferimento il 2008, anno precedente a importanti modifiche legislative, ma anche l’anno che inizia una crisi economica pesantissima, i matrimoni tra celibi e nubili sono passati da 212.000 a poco più di 146.000. Nel 2019, si registra un nuovo minimo delle prime nozze rispetto a quello del 2017. I primi matrimoni sono in gran parte tra sposi italiani (84,5%) anche se in forte flessione rispetto al 2008: da 185.749 a 123.509 nel 2019 (-33,5%). Il calo dei primi matrimoni dipende soprattutto dalla diffusione delle libere unioni che si sono quadruplicate dal 1998 ad oggi passando da circa 340.000 a 1.370.000. I bambini nati fuori matrimonio sono in continuo aumento: nel 2019 un bambino su ogni tre ha genitori non sposati.
Il rinvio del primo matrimonio dipende per l’Istat soprattutto dalla “protratta permanenza dei giovani nella famiglia di origine” dovuta a una molteplicità di cause che vanno dall’aumento della scolarizzazione e l’allungamento dei tempi formativi a difficoltà nell'ingresso nel mondo del lavoro e alla crescita della sua precarietà. Pesano anche le difficoltà che limitano l’accesso al mercato delle abitazioni.
Nel 2019, sono state celebrate 34.185 nozze con almeno uno degli sposi straniero. I matrimoni misti (rispetto alla nazionalità) sono due su 10. Nei matrimonni misti quelli in cui lo sposo è italiano e la sposa straniera Questa tipologia di matrimoni riguarda quasi due matrimoni su 10 (il 18,6% del totale dei matrimoni). I matrimoni misti, in cui uno sposo è italiano e l'altro straniero, ammontano a oltre 24.000 nel 2019 e rappresentano la parte più consistente (70,7%) dei matrimoni con almeno uno sposo straniero.
Nelle coppie miste la tipologia più frequente è quella in cui lo sposo è italiano e la sposa è straniera (17.924, pari al 9,7% nel 2019). Le donne italiane che sposano uno straniero sono poche il 3,4% del totale delle spose.
La tipologia più frequente tra i matrimoni successivi al primo è quella in cui lui è divorziato e lei è nubile (12.928 nozze, il 7,0% dei matrimoni celebrati nel 2019); seguono i matrimoni con lei divorziata e lui celibe (5,9 %) e quelle in cui entrambi sono divorziati (5,6%). Le percentuali più elevate di matrimoni con almeno uno sposo alle seconde nozze sul totale delle celebrazioni si osservano in Liguria (33,1%), Valle d'Aosta (32,3%), Friuli-Venezia Giulia (31,0%), Emilia-Romagna (29,4%) e Piemonte (29,0%). Al Sud l’incidenza più contenuta: Basilicata (7,9%), Calabria (9,4%) e Campania (10,0), con percentuali più che dimezzate rispetto al valore medio nazionale.
Quanto alle unioni civili, il report dell'Istat riferisce che nel 2019 sono state costituite 2.297 unioni civili tra coppie dello stesso sesso presso gli uffici di stato civile dei Comuni italiani. Queste si vanno a sommare a quelle già costituite nel corso del secondo semestre 2016 (2.336) e degli anni 2017 (4.376) e 2018 (2.808). "Come atteso, dopo il picco registrato subito dopo l'entrata in vigore della nuova legge, il fenomeno si sta progressivamente stabilizzando", osserva l'Istituto nazionale di Statistica. Il 37,9% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro con il 26,7%. Tra le regioni, in testa si posiziona la Lombardia (24,5%), seguita da Lazio (15,3%), Piemonte (9,6%), Emilia-Romagna (9,3%) e Toscana (8,8%). Considerando i tassi per centomila residenti, il Lazio si colloca al primo posto (6,1 per 100.000), seguito da Lombardia (5,6) e da Toscana e Liguria (5,4). Emerge con evidenza il ruolo attrattivo delle due metropoli: nei comuni di Roma e di Milano, le unioni sono state complessivamente il 20,3% del totale, rispettivamente il 10,8% e il 9,5%.