I miei auguri alle donne non hanno nulla di rituale. Si sostanziano in alcuni auspici che, in effetti, non riguardano solo loro, ma tutti noi.
Auguro alle donne, e a tutti noi, che arrivi, in un tempo non troppo lontano, il giorno in cui non sarà necessario celebrare l’otto marzo, perché non solo le donne ma tutti gli esseri umani avranno pari diritti e doveri, senza distinzione di sesso o genere, lingua, etnia, religione, inclinazioni personali ed estrazione sociale.
Auguro alle donne, e a tutti noi, che arrivi, in un tempo non troppo lontano, il giorno in cui ci si rivolgerà alle persone chiamandole direttrice o direttore, professore o professoressa, sindaco o sindaca, semplicemente applicando le regole della lingua italiana. E, di conseguenza, sarà considerata una bizzarria chiedere “lei preferisce essere chiamata direttrice o direttore” come chiedere “lei vorrebbe essere chiamato direttrice o direttore”.
Auguro alle donne, e a tutti noi, che arrivi, in un tempo non troppo lontano, il giorno in cui le persone non dovranno spiegare come conciliano famiglia e lavoro, perché sarà considerato un fatto privato, per gli uomini e per le donne, la gestione del loro tempo.
Auguro alle donne, e a tutti noi, che arrivi, in un tempo non troppo lontano, il giorno in cui sarà considerata un’offesa, e non un titolo di merito, essere una donna con le palle. Gli uomini hanno le palle, per un fatto anatomico che non ha alcuna rilevanza se non per fini riproduttivi. Le donne possono essere capaci o incapaci, intelligenti o stupide, autorevoli o non autorevoli, ma mai avranno le palle perché non ne hanno bisogno, e non hanno neanche bisogno di simili espressioni abusate e prive di senso.
Auguro alle donne, e a tutti noi, che arrivi, in un tempo non troppo lontano, il giorno in cui non ci sarà più bisogno di quote rosa, perché ognuno sarà considerato, gratificato, valutato in virtù di ciò che fa e di ciò che sa, prescindendo da altri elementi. Fino a quel giorno, tuttavia, mi auguro che le quote rosa siano mantenute in ogni campo, giacché i cambiamenti, talvolta, hanno bisogno di essere supportati per imporsi. Non per creare “specie protette”, ma per bilanciare poteri e possibilità quando ciò non accade in maniera naturale.
Auguro alle donne, e a tutti noi, che arrivi, in un tempo non troppo lontano, il giorno in cui le donne potranno vestirsi come meglio credono, senza che ciò comporti nulla che vada oltre un normale e rispettoso giudizio estetico. E che sia così per le donne e per chiunque altro.
E infine, vorrei consegnare virtualmente alle donne un mazzo di mimose, che rappresenti un segno di riconoscenza per quello che ogni giorno fanno nella lotta per l’eguaglianza, la libertà, la dignità di tutti e di ognuno. La perseveranza delle donne sia da stimolo e da esempio per tutti coloro che, in ogni angolo del mondo, combattono, senza o, quando è necessario, con le armi, per una causa giusta.