REGGIO. La lite come vizio e passione

REGGIO. La lite come vizio e passione

lite     di ANTONIO CALABRÒ - A Reggio si litiga sempre, in continuazione, senza soste neanche per mangiare o per dormire. Quando vi pare che la città sia in silenzio, in piena notte o in quei pomeriggi disintegrati dal sole d’Agosto, tendete bene l’orecchio e ascoltate: vi giungeranno da lontano le urla rabbiose di qualche lite in corso.

Quando siete dentro una sala dove si svolge qualche cerimonia importante, o in chiesa per un matrimonio o per la cresima di un cugino, guardatevi attorno: ci sarà sempre qualcuno con la faccia scura impegnato a litigare. Non ci sono soste per le contese, a Reggio. C’è una specie di clamore di fondo, un brulicare inferocito di gente che si accapiglia, che si strattona sia metaforicamente che letteralmente.

L’esempio viene dall’alto. Abbiamo una classe politica composta da professionisti della litigata. Tutti contro tutti, a fucili spianati e penne intinte nel vetriolo. Sinistra contro destra. Centro contro sinistra e destra. Sinistra contro sinistra, un classico. Destra contro destra, un capitolo inedito. Se le suonano di santa ragione. Gente fino a ieri unita nel nome di cause santificate, che si scanna pubblicamente, sul web, in piazza, al ristorante e al cinema. Tutti contro tutti. Recriminazioni, ingiurie anche pesanti, sarcasmo tagliente, inventiva per l’invettiva ai massimi livelli: uno spettacolo!

E tutti seguono questo corso fluente, questo magma di furore, questa esplosione d’orgoglio medievale, di rabbia altezzosa. Meno male che i duelli sono banditi, altrimenti gli appuntamenti all’alba dietro il cimitero sarebbero così tanti da richiedere l’intervento dei vigili.

Litigano i commercianti, i giornalisti, i notai, gli imprenditori, gli artisti, i professori. Litigano i pescatori, i cacciatori, gli sportivi, le danzatrici, i raccoglitori di funghi, le massaie urlano dai balconi, gli spazzini si scambiano colpi di ramazza, i librai usano i volumi di Proust come corpi contundenti, i cuochi si affrontano con lo spiedino in mano come un fioretto. Bisticciano i bambini, i ragazzi, gli universitari, gli anziani assistono alle opere edilizie e indovinate che fanno? Litigano.

Una malattia diffusa e incontrollabile. Si scontrano famiglie, genitori contro figli, nipoti contro zii, nonne e nonni divorziano strepitando, compari guastano il comparato, e poi ancora vescovi contro magistrati, magistrati contro preti e industriali, e industriali contro sindacalisti, e sindacalisti contro tutti. Un trionfo!

Reggio è una delle poche città del mondo dove se nella via principale urti inavvertitamente contro qualcuno, al posto di fare a gara con le scuse come nei luoghi raggiunti dalla civiltà, rischi di impelagarti in una querelle da bassifondi, o in una causa per ingiurie, o in una sparatoria stile Dodge City.

Sarà colpa di un virus ? Saranno stati i gas sprigionati dal sottosuolo nel terremoto del 1908 ? sarà una questione genetica, questi stramaledetti geni figli di mille e mille popoli, impazziti e deviati verso una forma di contrasto permanente ? O forse è soltanto colpa di questo stramaledetto orgoglio tutto calabrese e sanguigno che ci acceca e ci rende furiosi? Non lo so.

So soltanto che a volte, magari impegnato anch’io in qualche furibonda litigata con l’uno e l’altro – nessun reggino è esente da questa turba caratteriale- avverto un profondissimo senso del ridicolo.

Dovremmo soffocare il nostro impeto nella risata, pensando che, mentre siamo impegnati a scannarci per ogni sciocchezza, il mondo procede per i fatti suoi e noi, distratti dall’odio, perdiamo ogni giorno più terreno. Impegnati a litigare, e a non fare nient’altro.

E se qualcuno non è d’accordo, lo aspetto dietro al cimitero domani all’alba, Armi bianche, please.