Salvatore Belcastro, già medico chirurgo e primario all'ospedale di Ferrara oltre che docente universitario della disciplina, ha svolto attività professionali e formative anche negli Stati Uniti d'America. Ormai in pensione, dopo un importante saggio e un romanzo sulla strage fascista di San Giovanni in Fiore del 2 agosto 1925 e dopo un romanzo sull'emigrazione italiana nel XX secolo, ha scritto della sua vita di medico in Sotto la luce fredda (Pellegrini editore, Cosenza); quindici racconti di ordinaria malasanità scaturiti da appunti vergati per «sfogo momentaneo», come dice l'autore nell'aletta di copertina, «di tanto in tanto, … quand'ero testimone o attore di episodi fuori dall'ordinario».
Alcune delle storie raccontate riguardano aspetti strettamente professionali: errori in sala operatoria e successivi interventi di rattoppo, un caso purtroppo non isolato nella pratica chirurgica di «gossipidiboma» (leggere fino alla fine il racconto Fuori dal gruppo, pp. 35-52, per capire di cosa si tratta), ambiguità nella gestione «antropologica» dei colleghi e del personale ausiliario, distrazioni nella posologia e nei modi di propinare i farmaci; altre invece riguardano ordinarie vicende di corruzione, di concussione ed altri reati connessi alle attività delle aziende sanitarie in occasione dell'istituzione di nuovi reparti, concorsi per assunzione e avanzamenti di carriera del personale sanitario, acquisti di materiali per arredamento di sale e studi medici etc. etc.
La lettura sorprende il recensore che conosce la realtà sanitaria nel Mezzogiorno d'Italia e che si trova spiazzato nel sentire che ciò che viene stigmatizzato fortemente a Reggio Calabria o a Palermo fa parte anche del panorama nella sanità pubblica di regioni (come l'Emilia-Romagna e la Toscana) che fino a qualche tempo fa erano ritenute immuni da queste perniciose pratiche e dal malgoverno ad esse collegato. Significativo in tal senso è il racconto I divani di Le Corbusier (pp. 61-81) ove si racconta di una fornitura di costosi quanto difettosi macchinari ad una Azienda sanitaria in blocco con l'arredamento multimilionario (siamo in epoca pre-euro) dello studio di primario nemmeno richiesto dall'interessato; al quale, considerato irreversibile il clima corruttivo e concussorio e costatate le successive persecuzioni per non aver voluto far parte della cordata, non rimane che una reazione di rigetto totale: «Un giorno presi la decisione, dopo lunga meditazione, senza lasciarmi deprimere: diedi le dimissioni e mi sono ritirato nella mia casa in Toscana. Ora lavoro non più col bisturi, ma col trattore. Un lavoro rilassante, sapete!» (p. 80).
Un altro elemento che traspare dalle pagine di Belcastro è la sopravvivenza nelle attività ospedaliere di cui si parla di rapporti personali e politici inquinati che risalgono addirittura al fascismo; esemplare in proposito I pitagorici in corsia alle pagine 109-125.
Spesso queste forniture illecite sono veicolati anche da strutture associative e affaristiche di tipo massonico.
E si direbbe che non siano stati sufficienti tutti i decenni dalla caduta del regime fascista, nonché gli altri dalla istituzione delle regioni a statuto ordinario nel 1970, ad eliminare queste sordide liasons.
Un altro capitolo del libro, La ballata di Renzo alle pagine 207-235, è dedicato al rapporto tra pazienti e personale infermieristico che, spesso sottoposto a turni impegnativi e stressanti, finisce per fare la fine del classico vaso di coccio tra la scostumatezza dei malati e le pretese delle direzioni sanitarie; impegnate, queste ultime, a non contrastare le proteste dei pazienti per non perdere «la clientela», che raccomandavano alle infermiere di essere accondiscendenti «altrimenti quello si rivolgerà ad un'altra struttura, provocando un danno all'azienda»(p. 211).
E anche i sindacalisti non ci fanno bella figura, a proposito della tutela del personale femminile dalle avances pseudo-erotiche della «clientela».
In chiusura il recensore, tra crisi dei sindacati e quella ormai irreversibile dei partiti politici che diedero vita al patto costituzionale, trova nel libro una risposta, forse erronea, a cose che prima non avevano per lui spiegazione alcuna: il rifiorire di cordate politiche di destra o di centrodestra che sono riuscite a conquistare alcune amministrazioni cittadine a cavallo dell'Appennino tosco-emiliano; amministrazioni che per cinquant'anni e più erano state appannaggio del Pci e dei partiti che si richiamavano al socialismo.
*Salvatore Belcastro, Sotto la luce fredda, Cosenza, Luigi Pellegrini editore, sd. ma 2020.