La favola del Re Coccodrillo e della Storia che non perdona

La favola del Re Coccodrillo e della Storia che non perdona

Coccodrillo

C'era una volta un re. Era basso di statura e povero di capelli. Aveva molte, molte terre. Che a guardarle, lo sguardo si perdeva sull'orizzonte.
Era un Re astuto, con gli occhi piccoli strizzati sul mondo, la camminata svelta di chi non ha tempo.
E mentre camminava, il braccio sinistro dondolava sempre avanti e indietro in maniera evidente, come se avesse ricevuto un colpo su quel braccio e fosse malandato, ma più che ricevuto probabilmente il colpo lo aveva dato.

Da giovane dicevano avesse praticato arti marziali e fosse stato una spia dell'imperatore. Qualcuno diceva fosse stato un mercenario, qualcuno, e io questo credo, che fosse stato entrambi.

Non doveva essere nato molto lontano da lì, ma un giorno era arrivato e aveva ammaliato il popolo con le sue menzogne, incoronandosi Re.
Il Re Coccodrillo lo chiamavano, perché aveva la pelle dura e squamosa, e feroce, a dire il vero, lo era.

Nel buio del suo reame, addestrò soldati e fece costruire armi, allevò tigri e leoni e li fece crescere affamati e spietati, affinché obbedissero e facessero male. Alimentò le tenebre dentro di sé, che si radicarono oscure ed eterne.

Così, quando fu il momento, cioè quando lui decise che fosse arrivato il momento, sbucò dalle nebbie della steppa in cui era asserragliato e morse il suo avversario mentre dormiva. E il morso fu così violento che la terra si scosse tutta e si risvegliò all'istante in un fiume di sangue.

C'era una volta un re.
Il re coccodrillo lo chiamavano. E sbranò uomini, donne e bambini senza saziarsi, ne bevve il sangue senza dissetarsi, e il mondo intero lo guardò masticare un intero popolo.
Capi di stato, imperatori, papi, altri re e regine ipnotizzati dal moto perpetuo del suo braccio sinistro, girarono su sé stessi e attorno ai loro tavoli in capriole convulse e inutili.

C'era una volta un re.
E c'era il suo popolo. Un popolo orgoglioso, coraggioso e rivoluzionario un tempo, al quale egli raccontò favole e cantilene assordanti e propagandistiche. Qualcuno gli credette. Altri no.
E furono gettati nel pozzo profondo e buio degli uomini dimenticati.

C'era una volta il re coccodrillo.
E c'era il popolo che lui sta masticando ancora. Un popolo libero, sovrano e indipendente che scivola dai suoi denti aguzzi per costruire bastoni affilati da conficcargli negli occhi.
Occhi senza luce quelli del coccodrillo, neri come il buco della sua anima, difficili da penetrare.
Eppure un giorno un bastone di quelli ti accecherà, stupido malvagio coccodrillo. Ti caverà l'occhio destro e quello sinistro e una spada ti mozzerá quel braccio penzolante.

La storia, per fortuna, non perdona.