di MARIA FRANCO
«Mille perplessità mi assalgono.
Questo ragazzo come la pensa?
E' “figlio di suo padre” o ha rinnegato quel mondo?
Sarà negargli una cresima che ci acqueterà? Non lo so, forse è giusto così, o forse no. Non credo che Padre Puglisi gli avrebbe negato la Cresima, nemmeno a lui, se avesse mostrato totale lontananza dalla criminalità mafiosa.
Quanti me ne son passati “sottomano”? Quale senso d'impotenza di fronte a certe loro domande, a tante loro certezze.
Che urlano la domanda più grande: che alternativa mi dai? Tu prof? Tu politico che cerchi di fare e in fondo ti ritrovi in un sistema che sempre quello è?
Il sistema siciliano è un sistema largamente mafioso in cui il silenzio degli onesti e l’indifferenza verso il bisogno, verso l’ignoranza, verso le radici vere del sistema criminale sono complici, non estranei. Nessuno si senta assolto.
Ogni nostro gesto, ogni nostra assenza di gesto ha valore.
Ogni voto, come ogni non voto ( che vale doppio, non vale zero, vale doppio).
Come una puntina millesima di colore rosso che cada nel mare. Negare una cresima a un ragazzo di 17 anni senza avere una interlocuzione diretta con lui e preoccupandosi solo “dello scandalo sociale” non basta. Ripeto, ho il dubbio persino che sia giusto farlo».
Così, su fb, il commento di Mila Spicola alla notizia che il giovane figlio del boss Graziano non potrà ricevere la cresima nella cattedrale di Palermo, dove si trovano le spoglie di padre Puglisi, ucciso su mandato dello stesso boss.
Quindi, un “no” al luogo della cerimonia e non alla cresima del ragazzo come sembrerebbe nelle parole della stessa Spicola. Che rimandano, però, con chiarezza, alle inquiete domande che si pongono tanti insegnanti ed educatori di fronte a tanti ragazzi “figli”, per sangue o per ambiente di vita, di “padri” socialmente negativi e/o pericolosi.
In uno dei libri che ho avuto modo di curare a Nisida, è contenuto un racconto, Ognuno è il luogo in cui nasce, di un ragazzo di una famiglia camorrista. Racconto che considero di un certo interesse per chi, quelle non facili domande, voglia porsi.
«Avevo sei, sette anni, e, a scuola, le maestre e le mamme già mi guardavano male e dicevano: chillu è cammorrista. Io ero solo un bambino buono e bravo. E pure timido. Non sapevo ancora quello che pure voi sapete. Si nasce in certi quartieri, si appartiene a una certa famiglia e la vita tua è segnata.
L’italiano lo parlo bene e lo scrivo meglio. Cerco sempre le parole giuste, ve ne saprei dire pure il colore: amore è rossa come il cuore, odio è grigia, libertà è come il cielo, mamma: beh, mamma è l’arcobaleno. E potrei pure spiegare che differenza c’è tra dire che ho sentimenti, valori e principi oppure che sono un ragazzo di sentimenti, valori e principi. Non c’è niente di più bello, ve l’ho pure scritto in un tema, “di riuscire ad esternare tramite parole i nostri stati d’animo e il nostro modo di essere”.
Ci sono due aggettivi che proprio non sopporto. Uno è scostumato – mi hanno insegnato il rispetto e l’educazione e, a mio parere, sono perfettamente riusciti nell’intento – l’altro, il peggiore, è camorrista.
Ci sono persone che si divertono a giudicare, non sapendo niente delle vite nostre e delle sofferenze che ognuno di noi è costretto a provare, anche quando non ha nessuna colpa, prima ancora di sapere distinguere il bene e il male. Che male avevo fatto io, bambino? A meno che non volete dire che la mia colpa è stata nascere. Il cognome è come un marchio ed è difficile far capire che anche noi siamo persone normali e non sempre c’entriamo con gli sbagli dei nostri familiari. A me però tutto questo discorso non interessa più di tanto, io non rinnegherò mai i miei genitori. Le persone possono pensare quello che vogliono, per me la mia famiglia ha fatto più del bene che del male e sono lieto e onorato di appartenere al luogo in cui sono nato.
Ma peggio del giudizio delle persone e di quello, iniquo, della legge, sono giornali, libri, televisione e cinema che non dicono mai niente di sensato. I giornalisti, che sanno le cose per sentito dire, e quelli che scrivono libri di camorra e camorristi: pagliacci, che si fanno fama e soldi parlando di cose che non conoscono. Io non trovo per niente giusto raccontare i problemi delle vite altrui e voglio pure aggiungere che “chi si fa gli affari suoi campa cent’anni”. Gli unici che potrebbero davvero raccontare la camorra, sono quelli che ci stanno dentro e sanno su di loro stessi pure le sofferenze e le conseguenze – ma sono cose troppo intime da dire, meglio non confidarsi con nessuno, anzi solo ed esclusivamente con la propria famiglia. Beh, che dire: ho bruciato la mia vita per credere negli ideali della mia famiglia, nonostante io abbia pensieri diversi in confronto a loro, ma solo con loro mi sento veramente a casa.
La mia infanzia non è stata delle migliori. Avevo tutto, ma mi mancava la persona più importante. Mi dicevano che mia madre era in ospedale ed io ero troppo piccolo, ci credevo, eppure avevo una sensazione di stranezza, un freddo in corpo che non mi abbandonava. Quando varcai per la prima volta la soglia di quel posto – non lo ricordo neppure quel giorno, quello che so è che la mia vita da quel giorno è diventata un inferno. Ogni festa, ogni natale, ogni capodanno sembrava un funerale, non facevo che piangere. Sono cresciuto nell’odio.
Non ho mai detto di essere un santo. Ma credo anche che a volte il giudizio delle persone e soprattutto della legge è iniquo. Mi ritengo un ragazzo educato e buono, anche se ho fatto cose sbagliate. Quando tornavo a casa stavo male, non mi sono mai sentito gratificato da ciò che facevo. I soldi, la potenza e tutto ciò che rende le persone cattive e avide non mi hanno mai interessato. So che detto da me è strano, ma la vita mi ha insegnato che i soldi non sono niente e soprattutto non ti danno la felicità. Piuttosto avrei preferito avere i miei genitori al mio fianco.
Sono stato arrestato tante volte e non me n’è mai fregato più di tanto, fuori o dentro la mia vita non che avesse tanto senso. Ma stavolta è diverso. Non mi sono mai sentito così male come quando mi hanno preso l’ultima volta. Da qualche mese stavo con una ragazza e vivendo con lei e la sua piccola bambina, era bello quel calore familiare che solo una famiglia ti può dare. Quello che io non ho potuto avere mai. Con le donne ci sto attento, una cosa che non potrei mai fare è vendere il mio onore e la mia dignità per una ragazza. Ci sono persone che non vengono rispettate dalle proprie mogli e dalle proprie fidanzate e ciò nonostante se le tengono al proprio fianco, io non potrei mai trovarmi in questa situazione. Prima di andare a vivere con lei mi ero dato un periodo di tempo per vedere quanto mi mancava e se la pensavo la mattina appena sveglio e la sera prima di dormire. Non so cosa è successo, ma mi sono accorto che ogni suo sguardo mi fa sentire come rinato, lei è il mio battito, il mio respiro. A volte sono troppo possessivo, ma ogni giorno ho paura di perderla: lei è quello che ho sempre sognato e desiderato. Ma non sempre si può fare ciò che si vuole e, nonostante tutto quello che ho fatto per averla, so che dovrò lasciarla perché lei non ha l’approvazione della mia famiglia e io non posso tradire la mia appartenenza.
Ho sempre desiderato che un giorno per me smettesse di piovere e uscisse un po’ di sole. Ma sogni e speranze sono solo illusioni che ti lasciano peggio di prima. Questo è diventato un mondo di menefreghisti, nessuna persona merita più fiducia, sia la famiglia sia le persone sono brave solo a deluderti per me – non c’è cosa più brutta. Se devo scegliere una parola sola per me, scelgo ancora fiducia: la cosa più importante, che non dovrebbe mai essere calpestata. Ma penso che, ormai, bisogna solo andare avanti pensando alla propria vita senza contare su nessun altro, almeno siamo sicuri di non prendere delusioni.
La camorra non è bene, non è quella sistemata d’una volta, con le regole sue d’onore e rispetto. Quanto allo Stato, vorrei far capire ad alcuni suoi esponenti che non bisogna giudicare o parlar male di persone senza aver subito le cattiverie, i pregiudizi e le sofferenze che quelle hanno provato. Lo Stato dovrebbe entrare nel fondo di ogni persona, non deve basarsi solo ed esclusivamente sul cognome che porta o dell’ambito familiare in cui si trova, questa per me è una sconfitta e mi ha fatto perdere ogni fiducia in qualsiasi istituzione. Se dovessi scegliere se affidarmi allo Stato o alla camorra, mi dispiace dirlo, ma non sceglierei nessuna di queste due cose, mi affiderei solo a me stesso.
Pure questo ve l’ho scritto nel tema: «Pentirsi interiormente degli sbagli commessi è un passo avanti per crearsi un futuro migliore, ma pentirsi davanti ad un pubblico ministero, vuol dire perdere ogni rispetto, sentimenti e valori nei riguardi della famiglia e delle persone a noi care. Se un giorno avessi intenzione di cambiare, preferirei assumermi le mie responsabilità, non potrei mai accusare una persona, amico o nemico che sia perché so che sofferenze si provano a stare chiusi tra quattro mura e sarei un indegno e un infame a fare una cosa del genere».
Tra una settimana ho il riesame. Forse esco. E se avessi la possibilità di un lavoro lontano ci andrei di corsa, senza pensarci un istante. E, in fondo, pure se Napoli è la vita mia, me ne potrei andare in capo al mondo e ricominciare daccapo. Ma è meglio che i miei quaderni li conservate, tanto ci rivediamo. Presto, proprio no, ma ci rivediamo. Voglio o non voglio, ho delle responsabilità verso la mia famiglia. E sono bravo a cacciarmi nei guai per aiutare gli altri.
Forse, però mi lasciano dentro. Non c’ è scuorno a finire in carcere. Che scuorno posso tenere se finisco in carcere, quando in galera ci sono già mia mamma, mio padre e i fratelli miei? Questa è la vita nostra, non è scuorno. Lo scuorno è quando dicono male di te davanti a te e tu non reagisci, quello è scuorno: perché se reagisci, lo scuorno cade addosso a chi t’ha offeso e non sporca la tua faccia. E qui sto abbastanza bene, le giornate subito passano, ci sono momenti che sto giù di morale, ma ogni giorno mi sento un po’ cambiato. Come se potesse diventare più facile dare una svolta in meglio alla mia vita.
Per un buon futuro, non vi nascondo che dovrei cambiare molte cose del mio carattere e molte mie compagnie. Per me non è mai stato un problema, ho sempre frequentato tutti, ma ho capito che stando a contatto con persone poco affidabili, prima o poi ci troviamo in guai più grossi di noi. E non è quello che desidero. Non chiedo tanto. Quello che vorrei più di qualunque altra cosa è avere una vita serena, non dico senza problemi perché sarebbe impossibile, ma con una famiglia. E’ solo questo che vorrei.
Mi dispiace dirlo ma credo che non ci sarà mai un’affinità tra persone come me e il mondo opposto al nostro: e non per causa nostra, visto che io mi ritengo un ragazzo come tanti. Anche il nostro cosiddetto “mondo” è fatto di speranze, di amore e di tanti altri valori e principi e nonostante i nostri sbagli, noi crediamo in Dio e andiamo avanti con la speranza di poter dare una vita migliore ai nostri figli».