di DANIELA MAZZEO -
Nessun attimo è sfuggito al pubblico presente che ieri ha partecipato all’appuntamento di Calabria d’Autore condotto da Antonio Calabrò.
L’attimo fuggente è il titolo della serata ed a parlare di scuola ci sono loro: il professore Maurizio Marino e le professoresse Emilia Mazza e Francesca Rappoccio presentate in apertura da Veronica Spinella e Marco Mauro.
Parlare di scuola con dei docenti come loro equivale a fare quasi un salto indietro per ritornare tra i banchi dove il loro modo di insegnare è la bussola che indica la direzione giusta.
Insegnanti che fanno della loro passione la professione. Docenti fuori dagli schemi tradizionali, da quelle logiche che vedono la scuola solo come un campo nozionistico racchiuso in pagine di programmi da finire entro l’anno scolastico.
La base sulla quale poggia il loro insegnamento non sono soltanto le conoscenze nozionistiche, ma l’allievo con la sua anima da esplorare e capire.
Non ci può essere un metodo senza prima ricercare e scovare l’attitudine e la predisposizione dello studente.
L’allievo è l’equilibrio sul quale si basa l’insegnamento.
E allora cos’è la scuola oggi? chiede Antonio Calabrò. Risposte per nulla scontate quelle date dagli ospiti ma anche se diverse collegate tutte dallo stesso filo conduttore : insegnare è una missione.
Emilia risponde raccontando di una scuola in cui l’insegnamento deve lasciare il segno. E’ una palestra di vita attraverso la cultura. E’ un campo di battaglia nel quale la strategia va cambiata strada facendo.
Nell’immaginario concreto di Maurizio la scuola è l’asticella con cui si misura il futuro e l’asticella corrisponde al nome di utopia. Utopia perché discostandosi dal modello di scuola rigida e culla di pressioni psicologiche negative, si passa al concreto, ad una scuola vicina ai ragazzi che cura i loro animi e quindi i loro cervelli.
Da un lato c’è la scuola dall’altro c’è la vita. E come in una sorta di profonda analisi Maurizio invita a riflettere sul fatto che il talento la creatività e la genialità non devono essere considerati come dei batteri che inquinano la normalità. E’ importante non cadere nell’errore che il bene è necessariamente la norma. La norma deve essere abbattuta perché prenda spazio il talento.
E’ proprio di questo ci parla Francesca. La sua esperienza lavorativa si basa giornalmente sulla ricerca del talento. Valorizzare le attitudini degli allievi per ottenere risultati positivi. Interagire con i loro linguaggi per non farli sentire entità a se stante ma parte collettiva della realtà.
Non ingabbiare l’insegnamento in determinate competenze, ma far sì che ci sia una visione del sapere che non si debba solo leggere attraverso i libri ma nella vita.
Da tutte queste risposte scaturisce la risposta ad un’altra domanda: come dovrebbe essere la scuola?
I docenti rispondono senza esitare che l’insegnamento (quello vero) debba partire dagli animi e dai cervelli degli alunni. Dagli stimoli che gli vengono forniti per affrontare criticamente la realtà. Citando un importante libro di Massimo Recalcati Maurizio focalizza l’attenzione sulla scuola di ieri e quella di oggi. Una scuola al passato definita “di Edipo” con soltanto l’insegnante come padre docente in una costruzione verticale. La scuola oggi è invece una scuola- Narciso dove alunni e insegnanti vivono nella stessa superficie e per cui l’autorità del docente si trova alla pari con quella dell’alunno. E allora non ha più rilevanza l’insegnante come figura al di sopra dell’allievo ma come sostegno e strumento di interazione. Creare la scuola del futuro, fuori da questi schemi, è la conclusione.
Travolti dalla lunga chiacchierata il tempo è sfuggito e la serata si è conclusa con un lungo applauso e tanta soddisfazione da parte del pubblico che ha dimostrato interesse fino alla fine.