di ANTONIO CALABRO'-
Il 25 Novembre è la giornata contro la violenza sulle donne. Una violenza in aumento costante, concomitante e parallela ad un percorso di liberazione che prosegue incessante, nonostante l’ostilità di un mondo storicamente fondato sul valore della forza e del predominio maschile.
È il prezzo da pagare per l’inversione di tendenza, per la fine della sudditanza secolare, per la consapevolezza degli abusi e dei ricatti; il prezzo, in sangue, della rivoluzione muta che dura da più di un secolo e che ha modificato profondamente l’assetto delle società e i rapporti interpersonali. La taglia per il loro riscatto, richiesta da beceri pitecantropi fin troppo sostenuti da regole e morali quasi ataviche. Il sangue delle donne è sangue innocente, sempre. Non esistono giustificazioni valide, se non quelle di sub-cervelli mossi all’ira dalla mancata accettazione di una schiavitù redenta. Eppure la strada ancora è lunga e difficile, seminata di trappole culturali e ideologiche di varia natura.
Volano in alto, le donne contemporanee; finalmente, sulla carta, libere di definirsi, di cercare il loro percorso verso la felicità. Non più soltanto mogli fedeli e madri devote, come ancora qualcuno le vorrebbe, ma autentiche protagoniste della realtà, soggetti attivi della vita sociale, libere di disporre a loro piacimento di sentimenti, gioie e impegni. Ma a quanti ancora questa realtà non sta bene ? Non illudiamoci. A tantissimi. Inutile ripetere che è vergognoso. Chi è ancora convinto che la donna debba essere solo e soltanto quella merce pregiata che è stata per secoli, non prova vergogna. È convinto, e basta. Ci vorranno ancora generazioni per sconfiggere definitivamente l’idea buzzurra del maschio dominatore.
Intanto la lotta deve continuare. Non bastano leggi e politica, non serve soltanto rigore e coerenza, non è sufficiente “l’apertura” o il contentino. È necessario un cambiamento generale del paradigma, lo stravolgimento di una forma mentis radicata in profondità, di quella stessa percezione che produce negli uomini l’effetto angosciante di un naufragio e si manifesta in violenza, spesso mortale.
Le donne, per secoli appiglio all’idea di felicità, impennaggio verso il cielo, tramite con gli dei, cause merceologiche di guerre furiose, muse ispiratrici, culti umanizzati, stanno diventando reali. Più si differenziano dall’idea consueta, più infastidiscono i sempliciotti. Più rivendicano libertà, maggiore aggressività provocano. Meno si fanno piegare o sottomettere, maggiore violenza subiscono. Ed è anche vero che tante ancora accettano il verbo secolare della sottomissione felice, dell’idiozia beota della mascherina da pubblicità televisiva, dell’accettazione passiva del ruolo storico. Forse gli fa comodo, visto che dietro la finzione del focolare controllano anche meglio destini e vicende che gli interessano. Ma la libertà è un’altra cosa. La libertà è consapevolezza condivisa. È aprire le ali e godere la vita senza pastoie. Le pastoie sono per le bestie. Ed è giunto il momento di spezzarle definitivamente.
Il 25 Novembre celebriamo dunque questa giornata con il senso di un impegno che non finisce ma che ha bisogno di estendersi ed affermarsi. Proprio in questi giorni una donna italiana, Samantha Cristoforetti – che orgoglio – sta volando nello spazio; a circa 400 chilometri d’altitudine, completa 15 giri orbitali al giorno, sorvolando ogni luogo della terra. Luoghi dove milioni di altre donne vivono il loro orrore quotidiano, la loro pena infinita, la lunga odissea di una vita di dolori scellerati. Spero che da lassù il suo sguardo si estenda come una benedizione laica, sia una raggio di speranza e di volontà, sia lo stimolo e la spinta per tante a ribellarsi.
Una donna nello spazio e milioni, quaggiù, nel fango del maschilismo becero e cruento. La storia va avanti e tutto questo, un giorno finirà. Crederci è necessario. Siate forti, donne.