di PASQUALINO PLACANICA - Il recente acutizzarsi della querelle relativa ai vari interventi di (cosiddetto) recupero di alcune delle realtà storiche cittadine conferma, qualora ce ne fosse bisogno, la scarsa attitudine che questa città ha nel mantenimento della memoria e del patrimonio storico che ha ereditato dal passato. È una mentalità che non ha tempo e colore politico a quanto pare, atavica e devastante.
Pochi conoscono la storia relativa alla demolizione del Castello, con i suoi risvolti torbidi, addirittura inquietanti. Dall’unità d’Italia fino ai primi anni del 900 non parve vero ad un nutrito gruppo di faccendieri locali, tra i quali erano compresi anche alcuni importanti esponenti politici, di avviare la distruzione dell’antico manufatto, lasciando in piedi solo le due torri aragonesi che rappresentavano la parte più moderna dell’edificio. La corsa ad accaparrarsi il materiale di risulta della demolizione non risparmiò neanche la Curia reggina che ottenne la fornitura di un’imponente quantità di pietre del Castello per la costruzione del nuovo Duomo.
Dalle carte esistenti risulta che a difendere il Castello fu il Governo di Roma, che lo proclamò addirittura monumento nazionale, ma nulla poté contro la volontà distruttiva dei reggini. In realtà, è certo che almeno in parte la demolizione fu avventata e dettata da interessi personali economici; per nascondere la realtà la si volle attribuire alla rabbia dei reggini verso l’antico maniero, derivante dalle atrocità che vi furono commesse durante la dominazione spagnola. Come se si potesse cancellare a colpi di mazza un millennio di storia. Ignoranza, presunzione, cupidigia.
Veniamo ai giorni nostri. Reggio Calabria è l’unica città d’Italia in cui il centro storico viene completamente stravolto. Dappertutto le antiche testimonianze vengono mantenute, restaurate. Da noi no. Da noi si stravolgono.
Il Corso Garibaldi, con il suo antico e pregiato calpestio dovrebbe, secondo la logica distruttiva reggina, essere completamente demolito e rifatto con materiale di gran lunga meno pregiato. La motivazione? Rilevanti danni al basolato antico, reso irrecuperabile. Ma chi lo dice, che è irrecuperabile? La pietra, da che mondo è mondo, è sempre stata lavorata più volte, recuperata e riciclata. Certo costerà di più, probabilmente, ma recuperare l’antico calpestio non ha prezzo. E poi, vogliamo anche individuare e rendere noti i responsabili dei danneggiamenti, se non per chiedere i danni almeno per poterli escludere da futuri lavori simili?
Piazza Duomo. Dopo le esperienze negative di Piazza Castello, trasformata in una specie di pista per go-kart, con geometrie assurde ed illogiche e con il mistero ancora irrisolto della scomparsa dell’antica fontana del Tritone, e di Piazza Carmine con la (quella c’è) nuova fontana perennemente ferma ennesimo monumento all’incuria cittadina, senza alcun pudore si parla di riqualificare Piazza Duomo con un progetto che, almeno da quanto ho visto nelle fotografie che girano, rispecchia perfettamente l’ottusità fino ad oggi dimostrata dai nostri amministratori.
Faccio un solo esempio e mi fermo qui perché la materia non è certo di mia competenza professionale, lasciando ad altri ben più qualificati l’approfondimento. Vedo, posizionati nella futura piazza, dei lampioni che dovrebbero illuminarla. Peccato che a fianco siano previsti i soliti (e quelli sì, opportuni) alberi di alto fusto, che, col tempo, li avvolgeranno rendendoli inutili. Si, vedo anche delle lampade incassate a terra che dovrebbero sopperire, se dureranno resistendo alle piogge torrenziali che ormai sono frequente caratteristica del clima reggino. Eppure l’esperienza c’è.
Il viale Galileo Galilei di notte è praticamente al buio, per esempio. Il viale Europa altrettanto, nei punti dove gli alberi hanno attecchito e si sono sviluppati. Mi domando se quando vanno in giro, questi signori si guardano intorno. L’illuminazione del viale Europa è completamente sbagliata, perché per potere prevedere l’alberatura laterale del viale i lampioni avrebbero dovuto essere posizionati al centro della carreggiata; e lo spazio c’è, eccome. Ma forse neanche questo sarebbe stata una soluzione, visto con chi abbiamo a che fare: il viale Aldo Moro ha i lampioni al centro della carreggiata, dovrebbe essere tutto a posto, e invece? Di sotto ci sono i soliti alberi! Tra l’altro di un tipo che produce bacche polpose, che cadendo copiose a terra creano costante pericolo per i veicoli in transito.
Insomma, e mi rivolgo agli attuali amministratori non in quanto responsabili del passato ma certamente artefici del presente e dell’immediato futuro, volete, per favore, dare un’occhiata alla città con lo spirito del cittadino che la vive? E volete soprattutto rispettare la volontà e le esigenze di chi rappresentate?