di LUCIANO TRIBISONDA -
Eccoli qui, sono tornati, i rivoluzionari del XXI secolo, i figli di papà con la Mastercard.
Incappucciati, orgogliosi della propria violenza radono al suolo vie, sfasciano vetrine, inveiscono contro il potere costituito.
Fieri del proprio agire si siederanno in un bar del centro questa sera, sorseggiando il loro aperitivo si crogioleranno guardando le foto, nel loro smartphone ultimo modello regalato dalla nonnina, di quelle banche che hanno bruciato e di quelle attività commerciali che non potranno riaprire domani.
A voi non va il mio rispetto, a voi va la mia commiserazione perché, mentre domani leggeremo i pomposi quotidiani che in prima pagina parleranno del vostro agire, un povero Cristo dovrà rimboccarsi le maniche alle 5 di mattina, mentre voi dormirete coccolati dalle vostre coperte di lino, per mettere a nuovo quella frutteria, simbolo del capitalismo che voi avete sfasciato.
Poveri idioti, inetti come pochi rovinate il senso del manifestare, cambiate totalmente con le vostre molotov saggiamente confezionate il pensiero comune su ciò che è giusto o sbagliato.
Non giudico il significato dell’Expo, qui non parlerò di Giuliani o dell’agire delle forze dell’ordine che voi volete marchiati con un numero di serie, mentre siete primi a lanciare pietre e calci.
Questo articolo è per te Teresa, giovane studentessa lavoratrice che hai comprato quella macchina di seconda mano finita arrosto insieme ai tuoi sogni.
Questo articolo è per te Gianni, operaio cassintegrato la quale unica colpa è il voler dare pane e futuro ai propri figli.
Questo articolo è per te Francesca, giovane volontaria, che credi con tutte le tue forze al significato della parola “donare”.
Questo articolo è per coloro che domani mattina dovranno svegliarsi e pensare al lavoro, il lavoro per il quale oggi, primo Maggio, si festeggia, in questa festa vuota come è vuota la speranza.
Questo articolo è per te Andrea, giovane poliziotto chiamato ad affrontare questo esercito di viziati e che forse tornerai a casa, quella casa comprata con un mutuo ventennale grazie a quel misero stipendio dato a voi sentinelle dello stato.
Questo articolo è per te Valentina, insegnante precaria presa a calci dal sistema che attendi con le lacrime agli occhi la prossima breve quanto impossibile supplenza.
Questo articolo è dedicato a voi, veri figli di Italia, questo articolo è dedicato a voi che credete ancora alla parola sacrificio, a voi figli di Italia dimenticati dalla politica che non è mai stata, ahimè al servizio del bene comune.
Quei politici, piccole e silenti anime vendute al migliore offerente, che domani si ergeranno come garanti della legalità parlando dai salotti televisivi.
Già mi sembra di sentirvi accusarvi tra di voi, incapaci tra gli incapaci, mentre intorno al vostro palazzo c’è il deserto, mentre ai poveri figli di Italia trasformata da voi in bordello è stata rubata la dignità, non gli è stato dato quello che gli spetta, pane e speranza, la sicurezza di arrivare a domani.
Quando leggerete queste parole, se mai le leggerete, ricordate i vostri fallimenti, ricordatevi di tutti quei figli dovuti andare via, marchio indelebile della vostra inutilità.
Quando leggerete queste parole, dettate dal più profondo disprezzo, ricordate quello che avreste potuto fare e non è stato fatto.
Il mio desiderio, invece, da piccolo quanto inutile cantastorie è che ci sia di nuovo speranza e che Teresa, Giovanni, Francesca, Andrea e Valentina possano ritornare a sorridere, possano avere ancora il coraggio di dire la parola “domani”.
Il mio desiderio, da piccolo quanto inutile cantastorie è che ci sia ancora la forza di desiderare… è inutile infatti pensare alla fine se si ha il coraggio di ricominciare.
A voi veri figli di Italia, in questo inutile primo di Maggio, sono dedicate le mie parole.