Reggio, Dublino e il diritto all’amore integrale

Reggio, Dublino e il diritto all’amore integrale

 LIrlanda vota gay di IDA NUCERA -

Reggio Calabria non è l’ombelico del mondo, terra di frontiera tesa tra arretratezza e coraggiosa lotta per i diritti, ma nel suo piccolo, ha visto di recente una posizione di apertura con l’approvazione del Registro delle Unioni Civili.

Ma i mutamenti della realtà più vasta sono veloci come il vento e nella cattolicissima Irlanda il risultato del referendum ha cambiato la Costituzione sancendo il diritto al matrimonio tra gay. Persino il vescovo di Dublino, Martin, ha pubblicamente riconosciuto che “la Chiesa deve fare i conti con la realtà”. Cioè con tutti i cattolici che hanno votato “si”, a meno che non si siano ridotti ad un esiguo 37% (la percentuale di chi in Irlanda ha votato contro).

Questo vento di novità ci tocca, pur essendo noi uno sputo rispetto al contesto europeo? Tocca l’Italia intera e riguarda noi abitanti di una terra di frontiera, segnata cioè da problematiche e da tensioni drammatiche, ma anche dalla possibilità di cambiamenti, sicuramente più difficili, ma spesso più profondi.

Abbiamo sotto gli occhi persone, storie, ragazzi che sono cresciuti nel profondo Sud, e con il sostegno coraggioso e intelligente di famiglie unite, sono divenuti persone che non sono fuggite, hanno scelto la cosa più difficile, anche da credenti, restare in questo crocevia periferico e lottare per i diritti dei gay, per quelli meno fortunati, che vivono in contesti sociali e familiari più retrivi, meno aperti all’accoglienza di un figlio, di un ragazzo che resta segnato dallo stigma del “diverso”.

Sono credente, mi sento di appartenere alla Chiesa di papa Francesco, ma non mi sono sentita di condividere un’amica suora, che stimo come persona intelligente e aperta, e questa mattina mi ha coinvolto sull’argomento. Al mio dissentire ha fatto riferimento alla teoria Gender, al pericolo per i bambini che potrebbero essere adottati nei matrimoni gay e al fondamento della famiglia naturale. Confortata e incoraggiata da un editoriale di Vito Mancuso, che ha molti più titoli a parlare della bontà “evangelica del movimento che sostiene che tutti hanno il diritto di realizzarsi nell’amore integrale, senza distinzione…. e l’aspirazione a questo amore deve essere riconosciuto come diritto inalienabile che ogni essere umano acquisisce alla nascita e di cui non può essere privato”. E come “tutto ciò dovrebbe comprenderlo la Chiesa gerarchica, e ancor di più che i conti con la realtà li faccia la politica italiana.

Dunque questa mattina, ho semplicemente risposto che del movimento Gender non avevo molto approfondito e non mi interessava difenderne posizioni che non conoscevo bene, ma non intendevo schierarmi, in realtà, nemmeno da un’altra ipotetica parte. Perché non è questo il problema. Non amo la divisione dentro e fuori di noi. Lo sguardo di Colui che diciamo di seguire si è sempre posato sul singolo penetrando la sua più profonda umanità. Come il giovane che chiedeva a Gesù di seguirlo. Lui “guardandolo, lo amò”, ben sapendo che si sarebbe rabbuiato in volto e non l’avrebbe seguirlo, perché aveva troppi beni. Era già amato a prescindere. Noi tutti siamo troppo legati ai beni delle certezze che possediamo come dogmi e abbiamo perso lo sguardo che discerne. Che guarda e ricorda il bambino cresciuto, andato a scuola con i nostri figli che ci ha messo la faccia, il cuore, ogni fibra del suo essere e al quale desideri dire: che bravo che sei stato nel dirti, quanto coraggio ti è costato, ti stimo per questo!

Ho cercato di rispondere all’amica suora che ciò che oggi vediamo è una realtà giovanile disastrata, di ragazzi sentimentalmente e emotivamente analfabeti, dipendenti dal virtuale, preda di spaventose derive che consiglierebbero per un paio d’anni di finirla con le gite scolastiche dagli esiti nefasti. Questi ragazzi fragili e disperati sono stati procreati da genitori santamente sposati, di certo anche in Chiesa, maschio e femmina, creati… Eppure incapaci di educare e di strappare i propri figli dalle negative influenze di questi anni scellerati di cultura, diciamo così, liberista e consumista.

Non siamo stati una generazione di buoni maestri, anche se il bene di certo c’è, una parte sana di famiglia cerca di dare un futuro accettabile ai propri figli, lottando una strenua battaglia e facendo meno rumore. Chiediamoci quanta paura si nasconde dietro il no al riconoscimento dei diritti dei gay, e “ad una legge, come dice il teologo Mancuso, che consenta a ogni cittadino di vivere, nella pienezza del matrimonio, il diritto nativo all’amore integrale”?

Propaganda politica a parte, facilmente individuabile, spesso sono i fantasmi che covano dentro di noi che vedono l’altro di turno, sia esso straniero, povero, omossessuale, il pericolo per la propria integrità. Andrebbero smascherati, compresi, accolti e integrati ad ogni latitudine geografica, ad ogni longitudine dell’anima ci collochiamo, a Dublino come a Reggio di Calabria.