Per Concommercio, "La ripresa economica che si sta consolidando è ancora avvolta da molte incertezze. L'impulso a fidarsi poco dei risultati congiunturali nasce dalla scarsa intensità dell'attuale ripresa: essa appare meno vigorosa sia rispetto alle precedenti analoghe fasi cicliche italiane quanto, soprattutto, nel confronto internazionale". "Non si può trascurare di rilevare come manchi un progetto di riduzione dei gap infrastrutturali tra le diverse regioni italiane. E' irrinunciabile che su questo punto, anche cogliendo l'occasione della prossima lunga campagna elettorale, la politica e le istituzioni si pronuncino con chiarezza. Tanto più che la crisi - che oggi si può collocare nei due bienni 2008-2009 e 2012-2013 - oltre ad aver riportato l'economia italiana sui valori di metà anni '90 ha avuto tra le conseguenze più pesanti l'interruzione del pur modesto processo di convergenza tra le diverse aree, lasciando in eredità un Paese sempre più diviso in termini di ricchezza prodotta, consumi e occupazione".
Tra il 1995 ed i 2007 l'economia meridionale è cresciuta a ritmi analoghi a quelli riscontrati nel resto del paese (+1,3% medio annuo), mentre nel periodo recessivo si è rilevata una contrazione del prodotto superiore di circa 3 decimi di punto all'anno rispetto al dato complessivo dell'Italia, con il conseguente ampliamento dei differenziali esistenti tra i singoli territori.
Nel 2007 il Pil pro capite della Calabria, la regione con il più basso prodotto per abitante, era pari a poco più del 48% di quello del Trentino Alto Adige, la regione con il maggior prodotto: questo rapporto nel 2013 è sceso al 43,8%. La ripresa avviatasi nel 2014 ha coinvolto tutti i territori mostrando spunti di vivacità anche nel Mezzogiorno. Tuttavia, essa non sembra in grado di tracciare un sentiero di sviluppo atto a determinare un significativo avvicinamento tra le diverse aree del Paese. Nel Sud il Pil pro capite del 2017 dovrebbe risultare, infatti, pari circa il 53% di quello del Nord-ovest valore ancora inferiore a quanto registrato nel '95 (54,5%).
Dinamiche non dissimili da quanto rilevato per il Pil si sono registrate sul versante dei consumi. Anche in termini di spesa per consumi, la crisi ha colpito in misura più accentuata le regioni del Mezzogiorno nelle quali la riduzione, in termini di variazione media annua, è stata, tra il 2008 ed il 2013, del 2,4%, peggiore di circa un punto all'anno rispetto alle dinamiche osservate nelle regioni settentrionali.
Le ripercussioni della crisi sull'occupazione (oltre un milione 700mila unità di lavoro in meno tra il 2007 ed il 2013), pur significative e diffuse su tutto il territorio, hanno assunto una connotazione particolarmente negativa per il Sud che partiva già da una condizione di svantaggio. La perdita di poco meno di 700mila unità registrata nel periodo recessivo ha più che neutralizzato i miglioramenti realizzati tra il 1995 ed il 2007. La tendenza al miglioramento del mercato del lavoro, al momento abbastanza diffusa tre le regioni, non è sufficiente a fare recuperare nel 2017 i livelli occupazionali raggiunti prima del 2008. Nel Mezzogiorno si ritornerebbe soltanto ai valori della metà degli anni '90 e in Sicilia e Calabria neppure a quelli
In termini prospettici, il triennio 2017-19 non evidenzia significative attenuazioni dei divari territoriali in termini di prodotto lordo, mentre la crescita dei consumi pro capite potrebbe essere nel Mezzogiorno di un punto percentuale all'anno superiore alla media del Paese. Questo fenomeno sarebbe correlato a un parziale recupero dei livelli occupazionali, pure in presenza di una riduzione della popolazione residente proprio nelle regioni meridionali.
Le difficoltà registrate nell'ultimo decennio dall'economia italiana si sono tradotte in un acuirsi dei livelli di povertà. Dal punto di vista territoriale seppure e' nel Mezzogiorno l'area dove si rileva sia il maggior numero di famiglie e persone assolutamente povere, e dove l'incidenza della povertà assoluta è più elevata (l'8,5% delle famiglie ed il 9,8% degli individui si trova in questa condizione), l'aumento più sensibile si e' realizzato negli anni più recenti nel Nord dell'Italia. Tra il 2007 ed il 2016 le famiglie assolutamente povere dell'area sono aumentate, infatti di oltre l'80% e gli individui del 166%.
Tra il 2009 e il 2017 si e' registrato un ridimensionamento del numero di imprese in quasi tutti i settori economici. Tale dinamica si e' sviluppata in modo articolato nelle diverse ripartizioni territoriali. Il dato di riferimento e' quello relativo alle imprese attive cioe' le imprese iscritte nel Registro Imprese che esercitano l’attività e non risultano avere procedure concorsuali in corso, cioè procedure per il fallimento e per la liquidazione. E' un universo più ristretto rispetto alle imprese registrate che rappresentano, invece, tutte le imprese non cessate iscritte nel Registro indipendentemente dallo stato di attività assunto. Tra il 2009 e giugno 2017 tutte le ripartizioni geografiche hanno segnalato un ridimensionamento dello stock complessivo delle imprese attive (-132.970 unità), ma gli effetti negativi della crisi vissuta sono stati piu' pesanti nel Nord-ovest (in cui opera oltre il 26% della base produttiva del Paese) dove lo stock si e' ridotto di oltre 79mila unità, circa il 60% delle imprese perse nel periodo in Italia.
L'altra ripartizione dove si e' segnalata una sofferenza significativa e' il Sud (quasi 40mila imprese in meno nel periodo) nonostante dal 2015 l'area abbia evidenziato una crescita dell’attività economica. Dal punto di vista dei settori economici, nel periodo in esame i servizi legati all’attività alberghiera, alla ristorazione ed i servizi alle imprese ed alle famiglie hanno rappresentato le aree dove l'iniziativa imprenditoriale e' stata più intensa e diffusa sul territorio, con effetti positivi in termini di varietà di servizi a disposizione dei consumatori e di opportunità occupazionali. Oltre 50mila unità e' l'incremento dello stock delle imprese attive per quanto riguarda alberghi e pubblici esercizi di cui il 40% al Sud, e di oltre 64mila unità l'incremento delle imprese che operano nei servizi di mercato di cui il 30% ha interessato il Sud.