Per alcuni cittadini italiani, me compreso, la data del 27 novembre non è propriamente degna di essere ricordata ricorrendo un non invidiabile anniversario. Esattamente quattro anni fa, infatti, è stato inaugurato a Torino il Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso”, una struttura nata per onorare l’assurdità dei presupposti della dottrina del criminologo, poggiata sulla tesi dell'uomo delinquente nato o atavico, riconoscibile dalla semplice misurazione antropometrica del cranio.
La storia, inoltre, ci dice che i teoremi lombrosiani sono stati alla base di dottrine razziste sulla presunta inferiorità razziale dei meridionali, per colpa delle quali il Sud è stato vittima di una pesante discriminazione che trova, tutt'oggi, echi in alcune formazioni politiche.
In questi quattro anni, diversi sono stati i momenti di protesta contro questo imbarazzante museo, proteste alle quali hanno partecipato - oltre ad autorità civili, religiose e della cultura - numerose amministrazioni comunali dell'intera Penisola, tra le quali ricordo proprio quella di Torino, che nel gennaio 2013 ha approvato una mozione che impegna il sindaco, Piero Fassino, a promuovere ogni iniziativa affinché si giungesse alla sepoltura dei resti trattenuti - senza alcuno scopo scientifico - nel Museo in questione, anche attraverso la restituzione delle spoglie ai discendenti.
Una mozione che, soprattutto per noi calabresi, aveva un senso di giustizia - seppur tardiva - in quanto uno dei casi iniziali affrontati dal Lombroso fu proprio quello di Giuseppe Villella, contadino di Motta Santa Lucia, arrestato nel catanzarese in quanto sospettato di brigantaggio ed il cui cranio è tuttora oscenamente esposto nel Museo citato.
L'Amministrazione Comunale di Motta Santa Lucia, sulla base del Codice Etico ICOM, ha dovuto adire le vie legali verso l'Università di Torino alla quale il Museo "Lombroso" fa capo, vista l'insensibilità dell'ente alle legittime richieste. Nonostante l'esito favorevole dell'azione giudiziaria presso il tribunale di Lamezia Terme, l'Università medesima ha impugnato dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro l'ordinanza, ottenendo al contempo la sospensione della sua esecutività, con successivo rinvio al dicembre 2014 della sua decisione.
È assai triste trasformare in una controversia legale una vicenda che è politicamente - nel senso più ampio - simbolica : siamo davanti a una questione che il buon senso e la semplice considerazione dell'unitarietà della nazione avrebbe dovuto risolvere da tempo. Se quelle che si vogliono tutelare sono semplicemente le testimonianze della scienza - ormai superata - del tempo, sarebbe più che sufficiente una copia o un calco che ricordi quello che è l'originale reperto umano.
Continuare ad esporre i poveri resti di un contadino che, per essersi opposto a quelli che - in quel contesto - vedeva come invasori della propria terra, è assurto a simbolo di orgoglio e libertà, significa conservare la memoria innaturale della sopraffazione dei vincitori nei confronti dei vinti e non consentire ad una ferita di rimarginarsi. Pensiamo che restituire il corpo di questo calabrese alla sua terra consentirebbe ai suoi conterranei di sentirsi italiani a tutti gli effetti.
Da parte mia, come cittadino eletto al Senato, mi riservo di utilizzare i poteri ispettivi che mi competono - e non sarebbe la prima volta che ciò è successo per questa vicenda - anche se penso che non farebbero altro che aggiungersi ad altre domande in attesa di risposte da una classe di governo sempre più avulsa dai desideri del popolo.
Il mio unico fine è trovare una soluzione ragionevole con tutti i protagonisti di buona volontà di questa storia, una soluzione che magari potrebbe essere d'auspicio per scrivere nuove pagine di storia per questo paese, riconducibile finalmente ad unità.
Francesco Molinari - M5S
Cittadino eletto al Senato
Museo Cesare Lombroso, Molinari (M5S): Villella, ferita ancora aperta. Restituire corpo di questo calabrese alla sua terra
Riceviamo e pubblichiamo: