La prevalenza dei no porta in primo piano una immediata riflessione sulla necessità e l’urgenza, all’interno del Pd e dei governi e delle istituzioni del Paese, di modificare gli assetti precostituiti, abbandonando personalismi e rispondendo alla domanda di cambiamento che con forza ci viene consegnata dagli elettori. Il voto del Sud fotografa uno stato di malessere che non può passare in secondo piano. Rimaniamo fermamente convinti che la strada del rinnovamento non vada abbandonata, al contrario perseguita con forza e determinazione. Si apre una fase di difficile decodificazione sul piano strettamente politico ma il Pd tutto, a partire da quello calabrese, mantiene salda la barra del riformismo e della volontà di incidere positivamente nella vita del nostro Paese e della nostra regione, portando avanti e fino in fondo quei processi di rinnovamento che in maniera chiara ci vengono chiesti dai cittadini.
Della sconfitta al referendum, di un voto caratterizzato da un profilo molto politico, rimane in campo un dato certo: ovvero quegli oltre 13 milioni di consensi espressi con il sì alla riforma costituzionale. Si tratta di numeri importanti, più del 40 per cento degli italiani hanno creduto in Renzi e da questo prezioso viatico dobbiamo ripartire, attorno alla leadership matura e responsabile del nostro segretario nazionale. Siamo un grande partito e, ognuno rinunciando a una porzione di se stessi, superando correnti e divisioni e valorizzando la centralità dei territori e delle istanze sociali, recupereremo la forza e il vigore necessari per ritornare alla guida del Paese.