L'ANALISI. Nuovi totem meridionali: il PNRR

L'ANALISI. Nuovi totem meridionali: il PNRR
pianoeSud A leggere le dichiarazioni di amministratori locali, ordini professionali, politici, sindacati e associazioni produttive sembra che tutto, nei prossimi anni, accadrà o sarà realizzato grazie ai fondi del PNRR.

Come nelle migliori tradizioni meridionali, è una gara a chi lancia l’idea più strabiliante da realizzarsi, ancora una volta, grazie all’occasione storica e irripetibile del PNRR.

Strade, autostrade, ponti, acquedotti, risanamenti geologici, centri storici, industrie del futuro tutto sarà a carico del PNRR.  Stenta, drammaticamente, a farsi largo, nella percezione della politica di prossimità, l’idea che il PNRR sia un piano con obiettivi precisi, tempi altrettanto stringenti e soprattutto con governance molto romane e ministeriali.

Il PNRR da totem del futuro per il SUD rischia di trasformarsi nell’ennesima, sospirata, occasione mancata.

Molti Sindaci hanno cominciato a cogliere questa amara realtà e stanno avviando operazioni di messa in rete dei territori per puntare su opere capaci di incidere concretamente su strategie d’area condivise e, soprattutto, ancorate a filiere e catene di valore credibili e presenti sui territori di riferimento.

Questo perché se è vero, come dichiarato dal Ministro Carfagna, che “ad oggi risulta un'allocazione di risorse al Sud pari al 40,6%” (e dunque in linea con l'obiettivo posto dal vincolo fissato al 40% delle risorse territorializzabili) non risulta ancora chiaro come e con quali mezzi tutti gli interventi riusciranno a divenire effettivi.

Gli esperti selezionati dal Formez per assistere i Comuni nella fase di progettazione sono sicuramente, almeno secondo alcuni rumors provenienti dagli stessi Enti locali, in possesso di alte qualificazioni ma, in molti casi, privi di specifiche esperienze nei campi della progettazione di interventi.

Il paradosso potrebbe essere quello di assegnare ai Comuni competenze molto sofisticate ma prive di esperienza pratica. Che è poi quella che serve per mettere a terra progetti, cronogrammi, rendicontazioni e misurazioni d’impatto ed efficacia degli interventi.

Covid, venti di guerra ed elezioni politiche sullo sfondo, non aiutano infine a garantire al contesto di governance del PNRR la necessaria lucidità strategica se è vero, come è vero, che, ad esempio, sulla questione della transizione ecologica si ritorna a parlare di centrali a carbone e di termovalorizzatori.

Solo dettagli? Congiuntura politica internazionale sfavorevole? E’ probabile. Ma il rischio che il PNRR diventi l’ennesimo pozzo dei desideri mancati per il SUD cresce al crescere dell’instabilità del quadro politico globale. Il tempo non è dalla nostra parte. L’UE potrebbe, e dovrebbe forse, avviare una riflessione sull’opportunità di una moratoria legata ai tempi di attuazione dell’intero Piano di Ripresa e Resilienza. L’Ucraina e la crisi delle risorse energetiche non erano variabili presenti all’atto del disegno del Piano. Prenderne atto sarebbe un segnale di intelligenza e maturità politica dell’Unione Europea.