L’INTERVENTO. Trump, o del governo del Padrino

L’INTERVENTO. Trump, o del governo del Padrino

 Dovremo aggiornare nei prossimi anni la tipologia delle forme di governo. Già all’inizio del prossimo anno accademico dovremo raccontare e spiegare ai nostri studenti di diritto pubblico e costituzionale che dopo l’ascesa al trono di Donald Trump la forma di governo emergente delle “democrazie contemporanee” - anche delle democrazie contemporanee e non solo delle cosiddette autocrazie- è quella del regime del padrino.

Del Padrino nel senso del Don Vito Corleone nell’interpretazione datane da Marlon Brando: “Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare” (I’m going to make him an offer he can’t refuse): la testa del suo cavallo preferito nel letto, le foto di una relazione proibita, un colpo di pistola. Questo è il significato dei decreti esecutivi del neo-eletto Presidente e delle iniziative internazionali della sua amministrazione, della cosiddetta Nuova Yalta.

Proietteremo in aula, dopo la bistrattata ma ancora quantomai educativa, lezione frontale il film di Francis Ford Coppola, parte prima, diretto da Francis Ford Coppola e distribuito nel 1972. Ma siccome siamo accademicamente scorretti dedicheremo il terzo giorno di lezione alla lettura collettiva dei passaggi cruciali di un libro di John C. Hulsman (Autore) A. Wess Mitchell dal limpido titolo La dottrina del Padrino e da un sottotitolo Un’allegoria di politica estera che dovrebbe inquietare le anime belle del progressismo democrat internazionale. L’anno di edizione non è, infatti, né il 2025 e nemmeno il 2024, ma il 2011 quando ancora Donald Trump era solo uno spregiudicato imprenditore e un vulcanico show men, niente di meno ma anche niente di più.

Il Padrino non è solo una solo una straordinaria storia di mafia ma è il paradigma di una diffusa cultura politica americana, di una certa idea della politica che taglia trasversalmente l’establishment e le diverse scuole delle relazioni internazionali. La vicenda di don Vito Corleone e dell’impero mafioso da lui fondato è la metafora dell’ascesa della potenza americana e dell’inizio del suo declino dopo la fine della guerra fredda.

Per questa ragione la leggendaria espressione “gli farò un’offerta che non potrà rifiutare”; è considerata dall’American Film Institute tra le migliori al mondo ed è al secondo posto tra le citazioni celebri, dietro solo al “francamente, me ne infischio” rivolto a Rossella O’Hara dall’amato Rhett Butler. Donald Trump non ha, in questo senso inventato, niente. Il trumpismo è semplicemente l’epilogo di un ordine ‘mostruoso’ della potenza. Siamo caduti dalla padella (in cui eravamo già: l’ipocrisia dell’ordine delle regole) nella brace (il trumpiano “francamente, me ne infischio”).

Chiamatelo pure, se più vi aggrada e consola, ordine del caos, bullismo, gangsterismo politico. Ma non dimentichiamo nemmeno per un momento che si tratta di una tendenza già operante nell’epoca dell’ordine euro-atlantico. Non serve rifugiarsi in una onirica età dell’innocenza. È tempo da parte dell’Unione europea e degli Stati che la compongono di una sana autocritica.

Preludio, come sempre, ad una azione politica autonoma. Ogni riferimento alla Cina e al nascente universo dei Brics è voluto. Tutto il resto è noia, peggio è complicità.

*prof uniurbino.