L’ANALISI. Renzi e la Calabria, oltre i luoghi comuni

L’ANALISI. Renzi e la Calabria, oltre i luoghi comuni

sca      di ALDO VARANO - In Calabria il Governatore è a rischio, s’aspetta una sentenza col fiato sospeso. Reggio, la più abitata, è commissariata per mafia. Catanzaro, la Capitale, ha azzerato la giunta comunale per riacciuffare qualche briciola di credibilità. Cosenza, città universitaria, s’interroga sui retroscena inquietanti e le radici di gruppi politici ed economici.

C’erano rischi grandi nel viaggio di Matteo Renzi in Calabria; a Scalea, dove l’amministrazione è stata sciolta per mafia.

Invece il Presidente del Consiglio arriva e usa le parole come fossero lenti per guardare al futuro possibile e necessario: lavoro, modernità e innovazione, scuola.

Il suo Governo, fin dalla formazione, sembrava aver visto qui una terra il cui dna fosse interamente occupato dalla ‘ndrangheta. Una regione affetta e afflitta da un problema prioritario di ordine pubblico per l’insistenza e l’esistenza di una questione criminale che assorbe e vanifica tutto il resto. Terra dalla quale, l’unico contributo al resto del paese, poteva al massimo venire da risorse forgiatesi nella lotta contro la ‘ndrangheta (che ci sono).

Renzi, bisogna riconoscerlo, s’è sottratto a questa deriva. Le parole chiave del viaggio, le metafore, i segnali, i ricordi personali li ha sapientemente costruiti per trasmettere al paese (e alla Calabria) un altro segnale. Come se il premier fosse convinto che il degrado senza fine di questa terra, ancor prima di essere provocato dalla ‘ndrangheta sia all’origine del suo manifestarsi. La ‘ndrangheta tanto ramificata, invadente e pericolosa che i calabresi dolorosamente conoscono perché il condizionamento lo vivono e lo pagano in prima persona. Sembra ce ne libereremo con il lavoro “ai papà e alle mamme”, con una scuola che faccia studiare e riflettere i nostri ragazzi, con la modernità e l’innovazione. Del resto – quasi una controprova - senza lavoro, scuola, innovazione della ‘ndrangheta nessuno è riuscito a liberarci.

La ‘ndrangheta c’è, eccome. Ma, per Renzi: "Quando si parla di Calabria vengono per prima cosa in mente i problemi: ci sono tanti papà e mamme che non hanno lavoro e c'è una situazione difficile di criminalità che dobbiamo iniziare a contrastare a partire da voi". Ecco, il lavoro prima di tutto. Donne e uomini che producono le risorse per la propria vita e la propria dignità.

Sia chiaro: dietro questa apparente semplificazione ci sono problemi immensi: sbaraccare ceti politici e classi dirigenti ostili alla modernità e direttamente interessate al procrastinarsi della situazione. La necessità di un progetto che nessuno sembra in grado o s’è preoccupato di costruire. Ci sono i nemici interni, grandi e potenti, del cambiamento.

Renzi insiste: "C'è un grande problema di modernizzazione perché nelle nostre aziende si possa garantire un lavoro". "Noi come governo – è la conclusione sul punto - dobbiamo raccontare meglio la Calabria, ma ci deve essere uno sforzo di tutti perché le leggi siano rispettate da tutti".

Da qui un avvertimento e un appello.

L’avvertimento. "Smetterla di pensare che la salvezza venga da fuori. Non c'e' un nemico che attacca la Calabria dall'esterno. Noi ci mettiamo il cuore, ma abbiamo bisogno di voi. E vi chiedo una cosa che può sembrare assurda, tornate a sperare. Se ci crediamo tutti, il futuro non e' di illegalità". Quindi, la ‘ndrangheta può essere vinta e cancellata. Un’affermazione che da troppo tempo nessuno fa più in Calabria.

L’Appello. "Palazzo Chigi e il presidente del consiglio faranno di tutto per non lasciare indietro nessuno, ma vi chiedo di alzarvi e combattere perché questa sfida la vinciamo insieme"

Parole dietro le quali c’è un’ambizione grande. I calabresi devono cominciare a fare e insieme devono controllare che altri facciano. Ognuno, la sua parte.