di FILIPPO VELTRI -
C’era grande attesa per l’avvio dell’operazione messa in atto da due giorni dalla BCE di Mario Draghi per cercare di ridare fiato e risollevare l’economia, partendo da famiglie e imprese, e con esse la produzione e la crescita.
Uno studio della Cgia di Mestre stima che l'Italia dovrebbe ricevere dalla Bce fino a 150 miliardi di euro. Sempre secondo la Cgia negli ultimi tre anni le famiglie e le imprese italiane hanno subito una contrazione nell’ottenimento dei prestiti del 7,4%, pari a 110 miliardi di euro in meno. Quindi è evidente che, se oggi si rimette mano ad una nuova straordinaria e pesantissima immissione di fiume di denaro, quanto fatto fino ad oggi non ha funzionato a dovere e la situazione non è certamente migliorata.
Se questo è il dato nazionale figuriamoci quello calabrese, in un sistema creditizio che quasi sempre ‘ti dà l’ombrello quando c’è il sole e non certo quando piove’, a meno che il credito serva per qualcuno appartenente ad una cerchia/casta ristretta e privilegiata o, peggio ancora, per qualche azienda di proprietà di un consigliere di amministrazione della banca erogatrice. Senza contare che la nostra regione è ormai di fatto priva di vere e proprie banche del territorio, anche perché quelle poche che c’erano sono state depredate dai grandi gruppi bancari nazionali quasi sempre con la consapevole e non certo disinteressata complicità degli amministratori delle banche “preda”.
La verità è quella che il problema pare non risiedere nella disponibilità di liquidità. Le banche, tutte, ne hanno in abbondanza, però, paradossalmente, non possono erogarla, in quanto hanno le mani legate da un assurdo sistema di vigilanza e controllo interbancario che impedisce loro di dare fiducia a chi ha un progetto valido e spendibile se quest’ultimo non possiede il “rating“ che piace al sistema, per intenderci Basilea 1, 2 e via di questo passo.
E il rating, cioè la fiducia, il merito creditizio, oggi non è più dato dall’idea, nonostante vi è un abuso della parola start-up, che più che le aziende dovrebbe riguardare i progetti. Il merito, l’affidabilità oggi la da un sistema contorto che ragiona solo ed esclusivamente su numeri.
Oggi un direttore di banca chiede ad un imprenditore non più cosa fa, cosa ha fatto, come l’ha fatto, da dove è partito, magari, come si faceva una volta, guardandogli le mani, per vedere se avevano i calli del duro lavoro e gli occhi per riscontrarne la passione, l’orgoglio, l’amor proprio per la propria idea e la propria azienda/creatura. Oggi in banca chiedono una sola cosa e cioè quanto fatturi, tutto il resto viene dopo.
Non solo, oggi se ti è capitato di essere moroso, ed essere morosi oggi con la crisi che imperversa crudele e beffarda da oltre cinque anni, per una famiglia e per un’impresa “saltare” qualche rata diremmo che sia quasi fisiologico. Soprattutto quando si è costretti a scegliere chi e cosa pagare, se prima le tasse e le rate alle banche o, come è giusto che sia, gli stipendi ai lavoratori con i quali gli stessi fanno vivere le proprie famiglie.
Del resto essere morosi non dovrebbe essere una colpa, essere morosi significa avere un debito e riconoscerlo per poi pagarlo appena possibile, non significa quindi evadere il debito sfuggendo a monte e/o a valle dello stesso. Non è quindi un problema di liquidità ma un problema di regole assurde che sono una vera e propria zavorra alla ripresa ed impedisce a tanti imprenditori onesti di continuare a dare lavoro e a creare sviluppo e ricchezza nei propri territori, con le conseguenze della moria delle imprese al ritmo di 33 al giorno.
Oliverio e Guccione, che ieri hanno presentato i nuovi strumenti per cercare di creare occupazione giovanile, devono dunque sapere che anche in questo ambito in Calabria servono misure straordinarie, in deroga a quelle assurde, austere e vincolanti oggi in vigore. La Calabria non è la Baviera, la Bassa Sassonia o la Renania-Vestfalia. La Calabria è una delle ultime regioni d’Europa e per questo, oltre a quelle di Draghi e della Bce, servono “operazioni non convenzionali” anche da parte del governo regionale, con una contemporanea operazione di meritocrazia sui veri progetti di sviluppo e di innovazione e sulle aziende/soggetti proponenti.
Diversamente non serviranno né jobs-act né altre misure ed i fondi europei continueranno o a non essere spesi o ad essere spesi male ingrossando prenditori e non imprenditori. O magari saranno tolti alla Calabria a vantaggio di altre regioni e territori.