di ALDO VARANO –
1. Partiamo dai fatti. I dati dei giorni scorsi diffusi dall’Istat su Mezzogiorno e Calabria sono agghiaccianti.
Ancor più agghiacciante, purtroppo, è il silenzio seguito.
A parte qualche timida e/o disperata considerazione (e/o ridicola strumentalizzazione politica), l’unico sforzo di politici, studiosi, intellettuali, opinionisti (con rare eccezioni) si è consumato nella rimozione di un racconto del Mezzogiorno sempre più distante dal resto dell’Italia e dell’Europa e di una Calabria che sprofonda nel buco nero dell’ignoto fino a legittimare come necessaria la fuga delle nuove generazioni da una terra che sembra negare non solo la speranza ma perfino il diritto ad averla.
Prima dell’Istat, nelle scorse settimane, la Svimez aveva calcolato in 25.457 euro il Pil medio pro-capite italiano; quello del Sud, 16.888. Siccome a Sud siamo 21 milioni, per avere la stessa vita degli altri italiani ci servirebbero, a fondo perduto, 179 mld e 949 mln di euro ogni anno. Per capire: le finanziarie che provocano sangue, sacrifici e proteste aumentando le tasse sono quasi sempre sotto 18 mld. A noi ne servirebbero ogni anno dieci (a fondo perduto). Anche in questo fantastico caso, però, resteremmo un bel po’ dietro le condizioni di vita del Centronord.
2. Il passaggio dal Sud alla Calabra è più tragico. Per vivere come nel Sud derelitto e misero ci servirebbero 1 mld e 800 mln ogni anno al netto di qualsiasi spesa per distribuirlo ai calabresi. Per vivere nella media italiana, 18 mld e 936 mln, quasi altri tre bilanci al netto di spese della Regione (6 mld e 964 mln). Per vivere come al Centronord, infine, quasi 28 mld l’anno. Ovviamente, i dati svelano non soltanto le nostre condizioni materiali, ma lo sviluppo spirituale e culturale di un popolo: le strade, le costruzioni, la spazzatura, la sicurezza antisismica di scuole e ospedali, la sanità, il territorio, l’insopportabile stridore tra antiche bellezze e miserie senza pudore. Perfino la nostra umanità ne risente.
3. E’ incomprensibile, rispetto a questo quadro, come sia stato possibile che soltanto 700mila persone abbiano abbandonato il Sud negli ultimi anni. Un quarto di loro, comunque, laureati (a spese del Sud). Quindi, le attuali classi dominanti oltre a mangiarsi quello che c’è si stanno mangiando anche la futura classe dirigente che, senza laureati, sarà formata da un personale sempre più mediocre e incapace di reagire al degrado.
Si aggiunga che dei nuovi disoccupati (persone che aveva il lavoro e l'ha perduto) degli ultimi anni (943mila) il 70% sono meridionali e che il tasso di occupazione femminile è al 33% (10 punti meno della Grecia). Sud e Calabria sono sempre più vecchi e infragiliti: non si fanno figli e non ci si sposa più come una volta: è la reazione automatica nella storia dei popoli quando la vita s’immiserisce.
Nelle belle case della borghesia calabrese c’è tristezza e malinconia. Le porte delle camere dei ragazzi sono chiuse. Arriva da lì un silenzio insopportabile e senza vita che, chi ha potuto, è andato a costruirsi da un’altra parte. Torneranno per vacanze sempre più brevi e si scopriranno sempre più estranei. E nelle altre case, dove i ragazzi sono rimasti, la disperazione è anche più densa.
4. C’è in Calabria un dibattito incentrato su questo e adeguato ai bisogni e alle speranze per non “costringere” alla fuga i giovani calabresi? Una discussione per frenare, intanto e almeno, la discesa verso quest’inferno che nessuna retorica sulle nostre bellezze mozzafiato e l’amore per la nostra terra è (purtroppo) in grado di alleviare? I partiti, le sezioni, i gruppi sociali, la Chiesa si consumano l’anima attorno a tutto questo? Ci pensano e ci riflettono, spingono a capire e ad agire, o ci si appassiona solo su chi conquisterà quale assessorato comunale e regionale e/o quale prebenda?
E’ una domanda scomoda. Nessuno sembra porsela. Vuoi per interesse, vuoi per disperazione. Ed invece è l’unica domanda sensata che la politica, la cultura, le università dovrebbero porsi ogni giorno che manda dio.
*chaim soutine, les maisons, 1921