L’INTERVENTO. La deputata calabrese Bindi e l’Antimafia

L’INTERVENTO. La deputata calabrese Bindi e l’Antimafia

bindi di ALDO VARANO –

UNO. Quindi, abbiamo il migliore ceto politico del mondo. E forse anche di più. Per l’esattezza, secondo l’antimafia della presidente Bindi, abbiamo lo 0,00425 per cento di impresentabili: 16 su 4000 candidati esaminati dal gruppo dell’antimafia. Una mia amica matematica mi ha spiegato che tecnicamente il fenomeno degli impresentabili, in termini matematici, verrebbe definito “trascurabile”, cioè irrilevante, come il rapporto tra il mondo e l’universo o tra me e lei e il mondo. Platone, se gli avessero detto che il tasso di opacità dei Filosofi-Garanti nella sua Repubblica era dello 0,00425 per cento, avrebbe scritto un altro dialogo per far dire a Socrate che la perfezione in questo mondo è possibile. Ovviamente, purtroppo, non è così.

DUE. Ma non è l’unico dato stupefacente tirato fuori dal vecchio cimitero degli elefanti che viene chiamato antimafia che s’è infilato in un pasticci carico di contraddizioni stridenti giudicando persone senza alcun diritto di difesa. Gli impresentabili nonostante siano fenomeno trascurabile (dal punto di vista matematico) sono curiosamente proporzionali agli schieramenti politici e ai partiti. Proporzione perfetta come se invece di sceglierli per le malefatte fossero frutto di una scientifica spartizione decisa con la solenne perfezione del manuale Cencelli, esponente dello stesso mondo da cui proviene la Bindi.

TRE. Se rispetto al dosaggio politico la Bindi è stata cencellianamente perfetta, nella spartizione geografica ha (apparentemente) sbandato (in realtà ha seguito l’andazzo ideologico che infuria nel paese). Gli impresentabili sono tutti meridionali. 16 su 16 nati e cresciuti nel Mezzogiorno, dove si viene al mondo sporchi brutti e cattivi e si peggiora man mano che si cresce in questo nostro paradiso abitato dai diavoli. Si vota oltre che in Campania (12 impresentabili) e in Puglia (4) anche in Veneto, in Liguria e in Toscana, ma lì la Bindi li ha certificati tutti perfettini e fighetti.

QUATTRO. Fin qui le anomalie e le curiosità della vicenda. Poi ci sono anche cose incomprensibili. Nessun giornale, per esempio, ha notato che il codice di autoregolamentazione non è stato attivato nel momento in cui vi sono state, solo pochi mesi fa, le elezioni regionali della Calabria né quelle comunali di Reggio.

Ma come? L’antimafia esordisce portando tutta la Commissione a Reggio e in Calabria e promette lotta dura e senza paura contro le cosche. Benissimo. Fa le audizioni nella città minor dello Stretto e minaccia di tornarci regolarmente per controllare quel che si fa. Benissimo. Poi arrivano le elezioni regionali calabresi, dopo che il Consiglio più inquisito d’Italia va a casa perché il suo presidente viene condannato e (malconsigliato) si dimette. E la Bindi e i commissari dell’Antimafia spariscono invece di venire a spulciare tra le liste per vedere in che misura la ‘ndrangheta le ha infiltrate magari infilandosi anche nel Consiglio? Un mese dopo questa latitanza, si vota nel Comune di Reggio, una grande metropoli mediterranea, l’unica ad aver subito l’onta di uno scioglimento per mafia, e la Bindi sparisce di nuovo autopromuovendosi recidiva. Troppo poco mettersi l'anima in pace con la battuta che anche in Calabria in questa tornata elettorale c'è del marcio. Facile prendersela con quelli che contano poco nel decidere le candidature dopo avere osservato il silenzio nel momento cruciale. Insomma, non una denuncia su quanto sta accadendo ma il tentativo di far dimenticare quel che non è stato fatto.

CINQUE. C’è qualcosa di oscuro e strumentale in questa vicenda. Non va la Bindi, come hanno sostenuto quasi tutti i giornali italiani, al di là degli orientamenti. Non vanno neanche molti di quelli che l’hanno attaccata sostenendo che l’Antimafia è stata trasformata in strumento di lotta politica. L’Antimafia non è stata trasformata in un bel niente. E’ sempre stata, fin dall’inizio, (quasi) soltanto uno strumento di lotta politica tra partiti avversari. Parte degli stessi che oggi attaccano la Bindi per aver usato l’Antimafia come strumento personale (e dicono la verità) hanno in passato fatto la stessa cosa. Servirebbe una botta di onestà intellettuale, intanto prendendo atto che una Commissione nata per fare proposte su come battere la mafia, che dura oltre mezzo secolo (53 anni) mentre il fenomeno magari s’ingrassa, è la dimostrazione monumentale della propria inutilità. Ha distribuito incarichi, macchine di rappresentanza, uffici, consulenze a presunti esperti, magistrati parlamentari trombati. Ha consentito faide e regolamenti di conti. Difficile sostenere che sia servita anche per combattere o far meglio conoscere il fenomeno mafioso, al di là di alcune delle persone di grandissimo spessore che ne hanno fatto parte e/o l’hanno diretta, alcune delle quali immolando nella lotta contro la mafia la propria vita.