di ALDO VARANO -
UNO. In Italia ci sono venti regioni. Sedici 16 di Csx (80%), tre di Cdx (15), una dell’Unione Valdotaine (5). Prima non era così. Quindi, in un tempo relativamente breve c’è stato uno spostamento massiccio verso il Csx a trazione Renzi. Come sempre sono possibili diverse letture politiche e molti progetti. Ma chi non parte da questo dato è privo di credibilità (e di futuro). Renzi è e resta il protagonista nella gara per un potere solido e duraturo. Non ha vinto, ma è molto in vantaggio sugli altri. Non piace a tutti, né a parte della sinistra e del Pd. Ma vede crescere il vantaggio. Le regionali non hanno modificato questa tendenza che s’è anzi irrobustita, nonostante una crisi, non solo economica, senza precedenti nella storia della Repubblica. Accade non tanto per un exploit di Renzi quanto per l’impasse del Cdx.
DUE. La Liguria dimostra che il Cdx unito (condizione 1) può vincere? Certo che sì. Ma solo se anche il Csx è diviso (2) e, soprattutto, solo se invece di Salvini guida Totti (3). Queste tre condizioni al momento non esistono. Il futuro di un Cdx che vince è ancora lontano e regala a Renzi i tempi, se ne sarà capace, per affrontare e risolvere le difficoltà che impediscono al Pd e al Csx di radicarsi come asse portante del sistema politico italiano (Brandt, Blair, Hollande, Mitterand). Il Csx non s’illuda. Il voto moderato continua ad essere presente e competitivo in Italia. Ma il dramma del Cdx è che la sua energia si concentra sempre più nella parte populista e radicale; quella che ne blocca la ricomposizione. Salvini continua ad essere un potente endorsement per Renzi. Ma senza Salvini, come un tempo senza B, il Cdx che vince, per ora, non c’è.
TRE. Il voto, al di là del risultato vincente, ha evidenziato i punti deboli del renzismo. Intanto, pesa una ripresa economica lenta e non omogenea. Anzi, che taglia fuori l’intero Mezzogiorno dove Renzi (come gli altri premier degli ultimi 15-20 anni) ha una quota fondamentale del consenso. Pesa inoltre la difficoltà a dar vita ad una sinistra moderna che sfonda al centro, condizione per il successo in un paese dove il moderatismo è ampio. Quanto questa difficoltà sia dovuta alla reciproca delegittimazione delle correnti Pd (lo ipotizza Ezio Mauro) che spaventano mederati, ceti medi e democratici-liberali, resta da chiarire. Ma il direttore di Repubblica ha ragione quando si scandalizza per la “scomunica, mai vista in Occidente, di un capolista da parte della Commissione antimafia a poche ore dal voto, con un’irritualità democratica che sa di guerriglia esportata dal partito alle istituzioni”.
QUATTRO. In Calabria Renzi e il Pd non sono andati bene. L’onorevole Magorno, sia pure attraverso contorsioni, lo riconosce e avverte (il Pd e/o Oliverio?) che “non possiamo sottrarci però, senza indulgenze, ad una riflessione seria sul dato dell'astensionismo e soprattutto su alcuni risultati negativi riscontrati in alcune importanti realtà”. Il Csx non sfonda nei punti cruciali della sfida. Perde a Vibo. Appare perdente a Lamezia e a Gioia Tauro. Certo stravince (fin troppo facile) a San Giovanni in Fiore e stravince (con un voto tanto anomalo da non far media) a Siderno (un plebiscitario riconoscimento a Fuda). Ma il punto politico è che il Pd perde lo slancio vitale che aveva portato Oliverio al successo.
E qui la valutazione si complica. Quando ha vinto Loiero ha alimentato speranze che hanno provocato un effetto trascinamento. Così Scopelliti. Perché ora non ha giocato l’effetto Oliverio? Il voto sembra pagare l’avvio complicato della legislatura. I sei mesi che abbiamo alle spalle non hanno entusiasmato il popolo calabrese e i suoi gruppi dirigenti, né le componenti interessate a un rapido processo di rinnovamento. Come se in molti fossero arrivati alla conclusione che non si capisce bene dove e verso che cosa si sta andando. Da qui l’irrobustirsi dello scetticismo dei calabresi sulla possibilità stessa del cambiamento e il ripiegare su quel che c’è.
Servirebbero un gesto o una svolta altamente drammatici per illuminare le difficoltà della Calabria e anche la voglia, se c’è, di giocare una partita alta. Per esempio, un punto e accapo con una giunta tutta nuova. Non concordata con renziani, cuperliani e il fantasioso elenco del potentati Pd, ma costruita – senza deroga alcuna - sulle necessità della Calabria. Uno shock doloroso ma carico d’amore per la nostra terra, che non significhi bocciatura di ciò che è stato ma un adeguamento al modificarsi profondo della fase politica. Il Governatore di una Regione può farlo; se lo sceglie.
CINQUE. Il voto regionale modifica le cose per la Calabria. In profondità. Per la prima volta nella storia italiana tutte le 8 Regioni del Sud sono a guida Csx. Si riapre il gioco grande. Il problema centrale della Calabria, paradossalmente, non è più la Calabria, ma il suo rapporto con la questione meridionale, la capacità di spingere verso una modificazione delle politiche nazionali e una nuova visione dell’opportunità mediterranea. De Luca e Emiliano lo hanno capito. Non stanno (per ora) avanzando richieste per le loro regioni ma chiedono di fatto la fine dei governi a trazione centronordista. Non a caso Il Mattino del 2 giugno ipotizza un asse Napoli-Bari per cambiare la storia del Sud. In questo quadro, la Calabria o si fa o si spacca. Il voto di oggi è più dirompente di quando ha vinto Oliverio perché apre possibilità che quel voto (isolato) non aveva. Il Sud è in caduta libera ma Renzi ne ha bisogno come il pane mentre la Lega spingerà il Cdx a convogliare nuove risorse sul centronord per dimostrare che il voto a Salvini paga.
E’ possibile rovesciare questo quadro? Senza il Sud Renzi cade. Le difficoltà del Csx hanno impedito a Oliverio di preparare e annunciare questa strategia nei sei mesi che abbiamo alle spalle. Abbiamo perduto (nell’inutile guerriglia sui commissariamenti, osannata da media e cerchi magici del potere calabrese) il vantaggio di questi sei mesi rispetto alla definizione di un possibile progetto strategico meridionale. E’ andata così. Campania e Puglia avranno molto ma molto peso. Ma è anche vero che nessuna regione meridionale, e neanche l’asse Na-Ba, potrà farcela da sola. Gli altri avranno bisogno della Calabria quanto la Calabria di loro. Ecco perché serve un colpo d’ala.