GIOIA TAURO. Caro Delrio non ci sciupi l’ultima occasione di sviluppo per la Calabria

GIOIA TAURO. Caro Delrio non ci sciupi l’ultima occasione di sviluppo per la Calabria

porto-gioia-tauro   di ALDO VARANO –

Forse oggi 4 giugno Bruxelles approverà il piano sulla portualità italiana. Il 5 il Consiglio dei ministri potrebbe vararlo. Sarebbe un successo. L’assenza del Piano ha bloccato finanziamenti ingenti dell’Europa (Pon e Por) e iniziative strategiche come le zes. E’ giusto tifare per la sua approvazione sperando che il Governo centri l’obbiettivo fin qui mancato.

Questo giornale ha già scritto, quando per primo ha rivelato i dettagli su Gioia e Messina, quel che pensa dell’accorpamento tra l’intera Calabria e Messina stracciata dalla Sicilia. Il ministro Delrio, parlando in Liguria, riferendosi al Piano, ha scandito: “Lo ripeto: il testo è ancora provvisorio. Ma non si pensi di difendere un'Autorità portuale perché c'è qualche politico da sistemare: questo non è consentito a nessuno”. Lapidario e ineccepibile. Qualcuno vuole utilizzare Gioia Tauro non come possibile volano per lo sviluppo ma per sistemare politici di seconda e/o terza fila? Speriamo di no. Se qualcuno ci dovesse provare i calabresi, con Mario Oliverio in testa, dovrebbero organizzare la rivolta. E’ troppo importante Gioia Tauro per schiacciarla nel sistema di potere, per prebende, consulenze e/o dislabbrate liti di potere sui treni, come quella di cui di cui ha dato conto (senza essere smentito) il Corriere della Calabria. Per Gioia Tauro serve il massimo di competenza, autorevolezza, trasparenza. E’ così che si affronta la partita della vita.

Ma è proprio per questo che il Piano del ministro Delrio su Gioia Tauro non convince. Anzi, ci pare esista una radicale contraddizione tra gli obiettivi che il Piano vuol perseguire sposando finalmente una corretta ottima mediterranea e non più localistica e/o nordista, e l’accorpamento di Gioia e Messina che spezzando l’unità calabrese (unica regione meridionale di tutto il Mezzogiorno e non avere organica compattezza) ne inficia le potenzialità.

D’accordo, Delrio dice che “il testo è ancora provvisorio”. Quindi, si può cambiare. Né l’approvazione di Bruxelles o del Governo blocca modifiche sulle autorità portuali. Il ministro sembra venire incontro alla Calabria e noi speriamo che la Calabria (Oliverio, i parlamentari, i sindaci) abbiano preso appunti. Delrio ha anche spiegato che è inaccettabile la concorrenza tra porti a venti chilometri di distanza. Se allude a Gioia e Messina assegnando ai due porti una stessa funzione, magari recuperando la vecchia retorica dell’Area dello Stretto, sarebbe un gravissimo errore, sia per Messina che per Gioia Tauro.

Gioia Tauro e Messina, emerge dai fatti, non sono in concorrenza. Messina ha un porto commerciale diventato punto di riferimento della crocieristica mediterranea e vanta un’antica tradizione d’industria nautica che ha fatto la storia e le classi dirigenti della città. Il porto è privo di spazi logistici ma ha il vantaggio di essere l’ingresso naturale della Sicilia Orientale e serve da accesso al lungo corridoi su cui insiste un’area urbana (Messina, Catania, Siracusa) che sfiora i 2 milioni di abitanti.

Ma dal punto di vista portuale, Delrio se ne faccia una ragione, non esiste alcuna Area dello Stretto. Anzi, i rapporti tra le maggiori aree urbane dello Stretto, negli ultimi decenni, si sono rarefatti: rispetto all’università, alla sanità, ai trasporti. La storia, come spesso accade, ha corretto la natura, smentendo nei fatti le ipotesi tracciate oltre mezzo secolo fa, sulla base di indizi pur significativi, di un’Area dello Stretto che sarebbe dovuta diventare, anche sul piano istituzionale la “Regione dello Stretto”.

Gioia Tauro, invece, è l’unico porto d’Italia che ha a disposizione un immenso e non ancora intasato territorio (è questo il suo vantaggio incolmabile) ed è un porto all'avanguardia, migliore degli altri perché nella sua (recente) costruzione si è tenuto conto delle esperienze degli altri. Non un porto commerciale d’aria ma una gigantesca struttura logistica per intercettare, manipolare  e smistare una parte grande delle merci che attraversano il Mediterraneo in direzione di tutto il mondo.

Del resto, l’attenta lettura degli obiettivi del Piano (licenziato grazie a Delrio) quando analizza i punti cruciali delle rotte più convenienti per lo spostamento delle merci (tenendo conto della geografia, delle megastrutture esistenti e anche delle tensioni geopolitiche) cita ripetutamente Gioia Tauro e decine di altre località, ma mai Messina, destinata ad altra funzione.

E’ l’impianto strategico del Piano a collocarsi in oggettivo contrasto con l’ipotesi di un’area portuale dello Stretto (necessariamente localistica) che rischia di diventare rinuncia all’espansione piena delle potenzialità di Gioia, al progetto e al sogno che i maggiori economisti meridionali e i più grandi esperti di logistica italiani inseguono guardando al Mezzogiorno italiano e al Mediterraneo. Controprova, il Piano non prova neanche a dar conto e giustificare, partendo dai contenuti e da un qualche disegno strategico, l’accorpamento tra Gioia Tauro e Messina e non lo fa, a leggerlo attentamente, perché non esiste giustificazione possibile.

Cui prodest? Ci si può rendere facilmente conto delle pressioni e degli interessi che guardano a Gioia Tauro. Ma val la pena spezzare e indebolire un progetto decisivo per il paese (si vedano su Gioia le dichiarazioni del presidente Svimez Giannola al Mattino di Napoli), per dare spazio a spinte e disegni, magari legittimi, ma estranei alle strategie che vanno dispiegate per avere successo in Europa e nel Mediterraneo?