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Siamo consapevoli che occorrerebbe ripensare il Mondo e le sue gerarchie, per rimettere al centro l’Essere Umano nella sua globalità

 

Nel libro XVIII dell’Iliade di Omero, per i più pignoli, ai versi 372-379, il poeta scrive: Teti trovò Efesto “che girava tra i mantici tutto sudato, / indaffarato: faceva ben venti tripodi, / che stessero in piedi lungo le mura del livellato salone, / e alla base di ognuno metteva rotelle d’oro, / perché da soli potessero andare al concilio divino / e poi fare ritorno nella sua casa, meraviglia a vedersi. / Fino a tanto erano pronti, ma non c’erano ancora / le anse ben lavorate: le stava attaccando, batteva i bulloni.” Si tratta della prima attestazione del sogno ellenico di liberare il mondo dalla fatica del lavoro mediante l’invenzione degli schiavi-robot, degli automi da poter sfruttare senza dover sentire quel rimorso di coscienza che prendeva gli antichi, quando dovevano ricorrere alla manovalanza servile. L’antichità greca (in misura minore quella romana, più di stampo occidentale e maggiormente legata al profitto) è stata molto umana nel rapporto con i propri schiavi, indispensabili in quel modello produttivo. A questo proposito, mi piace ricordare che la formula per dichiarare di essere un uomo di condizione libera, recitava “libero per sorte”, cioè libero solo per puro caso, perché nato da genitori liberi, e non fatto schiavo come prigioniero di guerra o per debiti non pagati.

Sono passati quasi ventinove secoli dai versi di Omero, e oggi saremmo veramente in grado di realizzare questo sogno, lasciando gli schiavi robot a lavorare al nostro posto: un mondo affrancato dall’abbrutimento del lavoro (travagghiu, “travaglio, sofferenza”, nel nostro dialetto; doulìa, “schiavitù”, nello splendido greco), un mondo di uomini padroni del proprio tempo, lasciati liberi di realizzare se stessi. Una meravigliosa utopia ellenica!

Ma, amici, non fatevi illusioni: questo sogno è stato definitivamente infranto. Il Capitalismo barbarico ha snaturato tutto. Il robot, l’automa, che rappresentava, nella mente dei poeti e dei sognatori ellenici, la liberazione dal lavoro e dalla fatica, per permettere all’Umanità di esprimere tutti i suoi doni intellettuali e spirituali, è diventato l’ennesimo strumento di oppressione, legato al guadagno di pochi, sempre più ricchi e sempre più avidi. Ricchi che non hanno alcuna remora (“I deserve it”, recitano a pappagallo i liberisti americani e quelli nostrani: “io me lo merito!”) a sfruttare chiunque, in nome della mercificazione della società. I robot e l’automazione sono il vero problema della società contemporanea: meno uomini da remunerare e sempre più automi che ne prendono il posto. Un problema che gli economisti non sanno come poter risolvere, e pretenderebbero che tutti noi, semplicemente, ce ne facessimo una ragione: è la vita, baby! Eh, no, amici liberisti, così non va: è Mammona! Non voglio proseguire oltre, ma tutti siamo consapevoli che occorrerebbe ripensare il Mondo e le sue gerarchie, per rimettere al centro l’Essere Umano nella sua globalità.

I tripodi con le ruote non sono gli unici robot del mondo antico. Efesto stesso, secondo i miti, avrebbe creato il primo soldato-robot, un Terminator chiamato Thalos, regalato da Zeus a Europa per difendere Creta dagli attacchi dei nemici. Un gigante capace di scagliare massi a grande distanza per fermare le navi ostili. Ovviamente, i barbari vichinghi che occupano l’intero pianeta Terra (oltre che la Luna e, prossimamente, anche Marte), in questo caso non hanno agito in modo difforme dalla fantasia poetica. Abbiamo già i droni che massacrano mezzo mondo, avendo i loro piloti a migliaia di chilometri da dove essi agiscono, ma si tratta pur sempre di uomini che si macchiano di sangue, sia pure senza nemmeno il fastidio di doversi spostare da casa, mediante un semplice joystick. Ma non abbiate paura: presto avremo i soldati-robot, che decideranno autonomamente chi uccidere, senza costringere i governi vichinghi a doversi confrontare con le loro opinioni pubbliche in caso di qualche perdita di giovani normanni locali mandati a fare “il lavoro sporco”, e senza dover pagare la carne umana dei contractors, che poi sono sempre e solo dei mercenari, chiamati con un nome anglosassone di nuovo conio per sembrare più accettabili (ricordate la Lex Castricia de inutilitate britannicae linguae?).

Ripensare il mondo contemporaneo, o accettarlo brutto per come lo hanno ridotto i barbari? Io sto dalla parte di Omero: e voi?