Edgar Degas (L’assenzio -l’absinnthe) del 1876 racconta una scena tipica dei caffè parigini.
L’Assenzio provoca una sbronza astratta. Uno stato di beatitudine stordita. La mente e i pensieri che
galleggiano in un brodo primordiale di concetti scomposti. La malinconia rarefatta, e l’allegria allontanata
per sempre. Il sarcasmo che affiora per istanti e poi svanisce. La cupa consapevolezza della caducità.
Il medico Pierre Ordinaire, primo a distillare questa bevanda, la indicava contro il male di vivere, quello che
spesso s’incontra. Nella Parigi di fine Ottocento cominciarono a chiamarlo “La Fata Verde” e divenne
simbolo di una generazione di artisti, come l’acido lisergico fu per San Francisco e la sua Flower generation.
Edgar Degas è stato uno dei più grandi pittori di quel periodo. Intendeva ritrarre e fissare per sempre i
momenti di autenticità di quella irripetibile epoca. In questo suo quadro (L’assenzio -l’absinnthe) del 1876
racconta una scena tipica dei caffè parigini. Si svolge nel Cafè de la Nouvelle-Athenes, uno dei bar preferiti
dagli artisti dell’epoca. I due avventori raffigurati hanno lo sguardo assente dei dipendenti cronici della
bevanda verde, perso nel vuoto drammatico dell’oblio.
I due sono Ellen Andree, attrice di successo dei teatri francesi, e Marcellin Desboutin, scultore.
Il quadro è uno dei più belli di Degas. La tragedia dell’avventura umana, il superamento dei limiti, l’artista
che diventa sciamano e supera i limiti, e così via. La Stagione all’Inferno di Rimbaud, i Fiori del male di
Baudelaire e l’intera mitologia del bohemien. Tutto condensato in un quadro di grande impatto emotivo.
Ma c’è un aspetto comico. Ellen Andree e Marcellin Desboutin erano quasi completamente astemi. Tra i
tanti alcolizzati e perduti di quell’ambiente, Degas scelse volutamente loro due. Solo nel bicchiere
dell’attrice c’era dell’assenzio, ma fortemente diluito. In quell’altro c’era menta.
“Ci è stato chiesto di stare fermi e fissare il vuoto come due scemi”, confessò anni dopo Ellen in una
intervista. In una frase va in frantumi tutto il mito della creatività associata allo stordimento. Anni di
indagine sociale e psicologica demoliti dalla verità sarcastica. “Questa non è una pipa” decreterà anni dopo
Magritte, marcando la faciloneria dello sguardo. “Questi non sono due bevitori d’assenzio”, avrebbe dovuto
titolare Degas. Che però era un genio, e non lo ha fatto.
L’arte è superiore alla verità, ci ha voluto dire. O, quanto meno, ne produce quanta ne vuole.