IL LIBRO. Giancarlo Siani e la sua riflessione tra la crisi industriale e l’affermarsi della camorra

IL LIBRO. Giancarlo Siani e la sua riflessione tra la crisi industriale e l’affermarsi della camorra

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Giancarlo Siani si trovò ad affrontare, nella sua attività di giovanissimo cronista de «Il Mattino» (e anche di redattore della rivista della Cisl «Il lavoro nel Sud» e di collaboratore dell’«Osservatorio sulla camorra» diretto da Amato Lamberti) due grandi questioni sociali che interessarono nella prima metà degli anni Ottanta del Novecento Napoli e la sua area metropolitana: la spietata crisi industriale, con la scomparsa quotidiana di interi comparti produttivi, e l’affermarsi dei clan di camorra come mai era avvenuto nel passato.

Giancarlo era alle prime armi e riservò alle due questioni un interesse professionale e umano davvero notevoli. Ma mentre i suoi articoli sulla camorra sono ampiamente conosciuti, lo sono molto meno quelli che aveva scritto sulle crisi industriali e sulle lotte sindacali per farvi fronte. Perciò è di grande interesse il libro Il lavoro. Cronache del Novecento industriale (1980-1985) edito da Iod, presentato a Roma presso la Camera dei deputati alla presenza del presidente Roberto Fico.

Il Novecento è stato il secolo dello sviluppo industriale di Napoli e al tempo stesso del suo tramonto. Cominciato con la legge speciale del 1904 e con l’entrata in funzione dell’Ilva nel 1911 sulla spiaggia di Bagnoli, e poi negli anni Trenta dell’Eternit e della Montecatini, tale strategia si basava sull’innesto della grande industria sul tessuto urbano ad est e a ovest della città. Già nell’Ottocento sulla costa a sud si era avuto una crescita industriale attorno alle commesse per l’esercito e all’industria della pasta a Torre Annunziata e alla cantieristica navale a Castellammare di Stabia, mentre nelle altre aree si erano sviluppate attività legate alla trasformazione di prodotti agricoli (tabacco, canapa, pomodoro ecc.). A tale apparato si aggiungerà poi nel secondo dopoguerra quello costruito con i consorzi di sviluppo industriale voluti dalla Cassa del Mezzogiorno tra Arzano e Casoria e la nascita dell’Alfa Sud e dell’Alenia.

Ma all’inizio degli anni Ottanta Napoli, da terza città industriale d’Italia, conoscerà una crisi produttiva che non ha confronti con altre realtà. Una vera e propria devastazione. Il terremoto del 1980 la coglierà nel pieno della crisi e la spingerà a trovare una risposta di nuovo nel ciclo edilizio. A determinare la crisi è principalmente il ritiro delle Partecipazioni Statali dall’economia. Napoli ne sarà travolta.

La perdita dell’identità industriale non avverrà senza sconvolgimenti sulla società. Sta di fatto che la stessa Bagnoli, il quartiere per antonomasia legato all’industria, mai interessata nel passato a fenomeni delinquenziali né tantomeno a presenze di clan camorristici, comincia a conoscere la presenza di malavita organizzata: nulla sarà come prima. Stessa sorte per S. Giovanni a Teduccio (anch’essa fortemente connotata dagli stabilimenti sorti con le agevolazioni della legge speciale del 1904), dove i clan camorristici cominceranno a dominare. Così a Torre Annunziata, a Castellammare di Stabia e a Pozzuoli.

È del tutto evidente come la perdita della vocazione industriale si accompagni immediatamente a un dominio delle attività illegali e poi camorristiche, che prima erano contenute dalla mentalità operaia dei diritti e dei doveri e dalla produzione e circolazione della ricchezza prodotta dal lavoro. Sta di fatto che la camorra moderna nasce nella metà degli anni Settanta del Novecento proprio a cavallo della crisi industriale di Napoli e della sua area metropolitana, preceduta dalla scomparsa della coltivazione dei mitili dopo il colera del 1973, che tanta influenza avrà in alcuni quartieri, soprattutto a Torre Annunziata, spingendo una parte della popolazione verso il contrabbando di sigarette. Anzi, si può dire che sono state le città medie le fabbriche della malavita organizzata, addirittura più di Napoli stessa, caratterizzate come sono da un’instabilità di ceti, di attività, da una società dove tutto si muove e niente si consolida. È come se la camorra avesse monopolizzato la violenza prodotta da questo stato di cose.

È in questo contesto che si inserisce l’omicidio di Giancarlo Siani, che provava nei suoi articoli a leggere, ricostruire e interpretare le trame criminali che si facevano strada sulle macerie dello sviluppo produttivo, a partire dalla storica città operaia che era stata Torre Annunziata. E ne è stato testimone e vittima. Ma con i suoi articoli ci ha lasciato un avvertimento che non possiamo più trascurare: il lavoro non serve solo a sostenere materialmente la vita delle singole persone e delle loro famiglie ma dà una certezza dei propri diritti e una predisposizione ai doveri civici fondamentali in zone dove sulla sopraffazione dei diritti e sull’annullamento dei doveri si basa quella che semplificando chiamiamo la cultura camorristica.

*già pubblicato su Repubblica